SACRI PALAZZI

Oggi alle 17.30 c’è il primo Consiglio comunale dopo la pausa estiva. Chissà se, fra i banchi di Palazzo Mercanti, qualcuno chiederà che cosa succede con Iren e con il progetto dell’inceneritore. 

La guerra sull’inceneritore di Parma, l’impianto da due milioni di euro che potrebbe essere fermato da procure e politici, rischia di avere conseguenze pesanti su numerose città del Nord, da Torino a Genova passando per Piacenza. A Parma il Movimento 5 Stelle ha intrapreso una battaglia furente contro l’inceneritore ancora prima che Federico Pizzarotti si trovasse a sedere sulla poltrona più scomoda della città, quella di sindaco. Il grillino sta continuando, in piena coerenza, la sua campagna contro l’opera, ma si accorge che le prospettive cambiano radicalmente da quando era in piazza o sul web a protestare.

COME TI BRUCIO UN’ALLEANZA 

Iren, la società formata dai Comuni di Parma, Genova, Torino, Reggio Emilia e Piacenza, ha l’appalto per costruire della struttura. Per portare a termine l’opera ha ottenuto dalle banche un sostanzioso prestito a fronte di alcune garanzie. Quali? Che l’inceneritore funzionasse per i prossimi vent’anni, un periodo sufficiente per fare profitti e restituire i soldi. E’ come quando una banca ti concede un mutuo per comprare la casa, ma ti chiede la garanzia del tuo stipendio. Ma la scorsa primavera qualcosa è andato storto. La Procura di Parma ha aperto un’indagine, la giunta della città Ducale è crollata, gli ambientalisti e i grillini hanno lanciato una campagna contro l’inceneritore. E il sottile equilibrio economico sul quale si reggeva il progetto ha cominciato a incrinarsi. Se la costruzione dell’inceneritore sarà bloccata, Iren non avrà più i soldi per ripagare le banche. Basta aggiungere che molti dei debitori di Iren sono i Comuni stessi, e il quadro diventa un po’ inquietante. Il Comune di Torino, per esempio, deve alla multiutility oltre 250 milioni di euro di bollette non pagate. Ma non si tratta di un caso isolato: Iren è in una situazione difficile e i mugugni tra i soci si fanno sempre più acuti. Ora in pericolo non c’è soltanto l’inceneritore di Parma, ma l’intera alleanza.

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