PROCESSO BREVE

Il tintinnio delle manette, le chiavi appese alla cintura dei secondini, la sbobba in sala mensa. Il caso Sallusti è lo spunto per affrontare il tema della settimana: la galera. A cominciare dai giornalisti piacentini che se la sono vista brutta per una querela. 

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Alessandro Sallusti fuma una sigaretta e parla in video ai lettori del Giornale. “Avete il diritto di leggere un giornale diretto da una persona libera, sia fisicamente sia intellettualmente, e non sotto scopa di magistrati che da un momento all’altro potrebbero sbatterlo in galera”. Ha il volto scavato e le occhiaie rimarcate più del solito. Il soldato Sallusti – come lo chiamano i colleghi che hanno lavorato con lui – si dimette dalla direzione del Giornale. E’  stato condannato a quattordici mesi di carcere (senza condizionale) per la diffamazione di un giudice in un articolo sull’aborto di una minorenne – articolo scritto e firmato da Dreyfus, alias Renato Farina, deputato del Popolo della Libertà, o Pdl, reo confesso quando ormai era troppo tardi – pubblicato su Libero quando Sallusti ne era direttore responsabile. Giornalisti in manette. Direttori al gabbio. Tutti, o quasi, si sono schierati dalla sua parte, cronisti piacentini compresi. Tutti i giornali hanno raccontato la storia del soldato Sallusti nei dettagli – Marianna Rizzini ha iniziato il suo ritratto sul Foglio con la citazione “Quel ramo del lago di Como” per il “molto comasco” Sallusti, l’uomo che in riunione di redazione esordisce con “il mio macellaio dice…” e che alla sera si rilassa con un bicchiere di whisky. Sallusti non chiede la grazia. Non vuole essere rieducato dai servizi sociali e vuole andare fino in fondo. Anche dietro le sbarre.

 AH SI? E IO TI QUERELO!

Le querele. A molti giornalisti di vecchia data è capitato di ricevere la lettera dell’avvocato. Qualcuno se ne sbatte e la appunta al petto come una medaglia, altri crollano sulla sedia. Anche i cronisti piacentini con qualche anno di esperienza alle spalle sono finiti alla sbarra per dimostrare che ciò che avevano scritto era la semplice verità. Giorgio Lambri, capocronista di Libertà, ricorda cinque o sei querele (tutte archiviate), tra cui una per rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio. “Secondo il magistrato – racconta alla Batusa – non avrei dovuto scrivere che la polizia aveva arrestato due persone in possesso di dinamite. L’arresto era avvenuto in via Colombo, davanti a tutti. Il gip mi diede ragione e la cosa finì lì. Un’altra volta riportai sul giornale una frase detta da un consigliere comunale a una terza persona, e venni querelato insieme all’autore della frase”. Giorgio e Sallusti: “Premetto che non ho una grande stima professionale nei suoi confronti, ma quello che gli stanno facendo è una cosa indegna”. Anche Andrea Pasquali (Piacenza24 e Radio Sound) dopo una querela ha passato qualche guaio. “Uno spacciatore di droga – ricorda – inscenò il rapimento di un suo complice che in realtà era morto a casa sua. Io raccontai la storia del rapimento e delle ricerche in base a ciò che sapevo, non avevo la minima idea che la persona scomparsa in realtà fosse deceduta. Quando è stato ritrovato il cadavere, il mio lavoro di cronista è stato messo in relazione con la tragica fine dell’uomo. Ho passato dei brutti momenti, ma alla fine  si è risolto tutto”. Andrea e Sallusti: “Sono spaventato all’idea di fare questo mestiere in uno Stato in cui un giornalista che esprime il proprio diritto di critica rischia di finire in cella”.

 SOLIDARIETA’ AL SOLDATO SALLUSTI

Marcello Pollastri (Piacenza24 e Radio Sound) se l’è vista brutta per un rinvio a giudizio dopo la storia di uno spaccio in provincia. “Sono stato querelato due o tre volte per diffamazione – dice – ma in quel caso la storia è andata avanti per anni prima di essere archiviata”. Marcello e Sallusti: “Sono solidale con lui, andare in galera per un articolo scritto da un altro è assurdo, anche se oggi – parlo in generale e non nel caso specifico – l’etica e il rispetto delle regole, nel campo del giornalismo, vengono spesso violate”. Giampietro Bisaglia (ilPiacenza) ci è andato molto vicino. “Ho ricevuto parecchie lettere di avvocati – spiega – ma sono sempre riuscito a evitare querele, anche se la cronaca nera, di cui mi occupo, è facile che sia soggetta a provvedimenti simili”. Giampietro e Sallusti: “I giudici non hanno altro fatto altro che applicare la legge, una legge che va senza dubbio rivista. Detto questo, è giusto che Sallusti, in qualità di direttore responsabile, risponda del fatto che quell’articolo era diffamatorio, così com’è giusto che i giornalisti rispondano delle loro azioni in caso di errore. Ma non certo con la galera”. Paola Pinotti (PiacenzaSera) è un’altra giornalista che sa come funzionano le cose all’interno di una redazione. Paola e Sallusti: “Un conto è la libertà di stampa, un conto è la diffamazione. I giornalisti che sbagliano devnoo pagare. Magari con una bella multa, certamente non con quattordici mesi di carcere. Finire in galera per diffamazione è assurdo”. La pena di Sallusti è stata temporaneamente sospesa. Trenta giorni e poi si vedrà. Il Giornale ha lanciato la campagna “Siamo tutti Sallusti” e pubblica quotidianamente in prima pagina il conto alla rovescia dei giorni che separano il soldato dalla galera. Ne mancano ventisei.

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2 Comments on "PROCESSO BREVE"

  1. Ma che lui, la vittima Sallusti, non ci stia marciando sopra neanche un pochino con questa storia, ne siamo così sicuri?
    La pena della legge è sbagliata, chiaro.
    Ma è chiaro pure che essere vittima del sistema giudiziario, agli occhi del suo capo (S.B., 76 anni, brianzolo) lo fa passare al grado di Maggiore, e quasi quasi è più simpatico a tutti dopo questa vera persecuzione.
    Il sospetto mi è venuto sentendolo in questi giorni, in versione Sallusti-vittima. E devo capire bene come mai abbia deciso di non pagare i 20 o 30mila euro di condanna civile per la diffamazione: non se li poteva permettere?
    Comunque no al carcere, anche se secondo me lui punta a farne, poco, ma a farne un po’. Da quel momento in poi sarà il MARTIRE dell’informazione. Pensare che poteva, invece, finire esodato dalla galassia di harcore

    • L’idea che un libero cittadino possa pagare una somma di denaro per evitare le patrie galere eccita l’ala libertariana della Batusa. Evviva Mattia Motta! Evviva gli Stati Uniti d’America!

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