CARRAMBA CHE SORPRESA!

Era bellissima e aveva tutte le cose al posto giusto. Carlo la incontra al bancone di un locale della città e le offre un drink, poi l’accompagna a casa. Sembra una storia molto banale, finché non finiscono a letto con la luce spenta. Solo in quel momento Carlo ha capito che quelle calze da uomo sul comodino non erano un particolare secondario. Ecco la terza puntata di “Belle al bar”.

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TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Quella tizia aveva tutte le cose al posto giusto. Gambe lunghe, ciglia graziose, tette rifatte e un culo da favola. “Avevamo appena finito di giocare a calcetto, una partita noiosa, 2-2, e decidemmo di andare a bere una birra in un locale della città”. La storia di Carlo (nome di fantasia, visto che in realtà si chiama Giovanni) comincia dove cominciano le storie migliori: davanti a un bicchiere. Il borsone con la maglia tarocca del Barcellona, i calzoncini originali della Lazio e l’accappatoio umido erano ancora nel baule della macchina. La bevuta del dopo partita è una piacevole tradizione, un “terzo tempo” molto personale che ti dà la possibilità di restare fuori di casa ancora un paio d’ore. “Niente. Andiamo in questo posto, ci sediamo e ordiniamo da bere” racconta Carlo alla Batusa. “Nessuno di noi aveva intenzione di rimorchiare, era soltanto una serata in compagnia. Iniziamo a parlare della partita, dei gol sbagliati e di chi, nonostante qualche chilo di troppo, faceva ancora la differenza sul sintetico. C’era solo un problema: mancavano le arachidi. Così mi sono alzato, sono andato al bancone e ho chiesto qualche nocciolina”. Al bancone c’è uno schianto con gli occhi grandi che beve gin lemon. E’ girata di schiena e Carlo non ci fa caso. “Mi sono appoggiato al banco in attesa delle mie noccioline quando quella ragazza si è girata di scatto. I nostri sguardi si sono incrociati, sono rimasto per un attimo infinito a guardarla…”. Che palle, vai avanti. Questa è la Batusa, non un romanzo di Alessandro Baricco. “Beh, era veramente una gran bella ragazza. Capelli lunghi, pelle leggermente scura, fisico longilineo. Era perfetta”.

FOTO RICORDO

Gli amici di Carlo aspettavano le arachidi. “Lei mi saluta, io la saluto e le chiedo che cosa sta bevendo”. Complimenti , un approccio originale. “Non ero preparato, non mi ero studiato niente. Comunque pare che funzioni, perché iniziamo a chiacchierare. Mi dice il suo nome e dice di essere originaria del Brasile, accavalla le gambe ogni venti parole, prima una e poi l’altra, e mi fissa coi suoi occhi grandi”. A questo punto le avrai offerto un drink. “Esatto”. Prevedibile. “Beh, arriva un mio amico, vede che sto parlando con lei e torna subito indietro per riferire la novità agli altri. Avrebbero avuto qualcosa di cui parlare per un’altra mezz’oretta”. Sapete come vanno queste cose: uno chiede le noccioline, incontra una tizia con ciglia graziose, s’innamora, si sposa, sogna di scappare con un’altra più giovane per il resto della vita, solo che non trova mai il coraggio di farlo e alla fine si compra un cane. Ovviamente lo stesso vale per le donne, postini a parte. “Pago i nostri giri e mi chiede di accompagnarla a casa. Passo davanti al tavolo, lei davanti e io dietro. Un mio amico mi tira per la manica e mi fa: “E’ fatta! E’ tua! Mandaci una foto quando si spoglia”. E lì, chissà perché, ricordo di avergli detto una cosa molto stupida: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Insomma, non sarebbe stata la prima volta che ero sicuro di scopare prima di ritrovarmi sul divano con lei che mi parlava dei suoi amori finiti e della redenzione”. Carlo l’accompagna a casa, e come nelle storie più banali lei lo invita a salire per il bicchiere della staffa.

UN CHIHUAHUA CHE DORMIVA

“Saliamo in casa, un appartamento al primo piano piccolo e disordinato. Capii all’istante che anche lei non era uscita con l’idea di rimorchiare, dato che la casa era un vero casino. C’era una pelliccia sul divano, una gonna arancione per terra e un chihuahua che dormiva in un angolo. Niente. Beviamo qualcosa, parliamo ancora un po’, poi mi mette la lingua in bocca, ma non ho fatto in tempo a fare la foto da inviare ai miei amici. Dico: stavolta ci siamo davvero. Lei va al cesso, penso che si stia pettinando davanti allo specchio mentre fischietta un vecchio pezzo dei Police, non so perché. Io aspetto e mi guardo in giro. Tira lo sciacquone, esce e mi conduce per mano in camera da letto, come nei film americani. Il letto è sfatto. La prima cosa che noto sono un paio di calze da uomo arrotolate sul comodino, ma non ci faccio caso. Spegne la luce, mi toglie la camicia, io le tolgo la maglietta, insomma, ci togliamo quasi tutto e…”. E? “Beh…”. Cosa? “Quando le ho tolto tutto, ecco…”. Ah! “Già”. Uhm. Com’era? “Per favore, è già difficile raccontarlo…”. Scusa, scusa. E allora che cos’hai fatto? “Mi sono infilato i pantaloni e la camicia con una scusa, poi sono andato in bagno e sono scappato dalla finestra”. See. “Proprio così. Sono scappato. Solo che una volta arrivato alla macchina mi sono reso conto che chiavi, portafogli e telefono erano ancora sul comodino, accanto alle calze da uomo che adesso erano un particolare non indifferente. Niente. Citofono. Non ho bisogno di dire nulla: lei, cioè lui, beh insomma, scende in vestaglia e mi ridà la mia roba dicendo di aver preso 50 euro, la tariffa per un paio d’ore passate con lei, o con lui, beh insomma, prendo tutto e me ne vado”. Ma non ti eri accorto di nulla? Possibile? “Secondo te sarei scappato dalla finestra del cesso così, per divertimento? Certo che non mi ero accorto di nulla! Giuro. Sembrava una donna in tutto e per tutto. Una donna bellissima”. Sono passati più o meno cinque anni e Carlo ci scherza ancora su, anche se per farci raccontare questa storia abbiamo dovuto insistere due giorni e promettergli il totale anonimato (ovviamente anche Giovanni è un nome di fantasia). E ai tuoi amici l’hai raccontato? “Sì, certo, era troppo esilarante per tenerlo solo per me”. E loro che cosa ti hanno detto? “Una cosa molto stupida: non dire gatto se alla fine ha il pacco”.

Ecco la prima e la seconda puntata di “Belle al bar”

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