Antonio Di Pietro mette subito le cose in chiaro: “Non so parlare”. Poi dice che quella di Berlusconi è una politica “da paraculo” e che Monti “è un prete spretato”. Poi fa il gesto dell’ombrello per rafforzare i concetti.
TESTO: FILIPPO MERLI; FOTOGRAFIE: IDEM
Il ballo di Tonino comprende il gesto dell’ombrello. E’ un gesto infantile ma efficace: Antonio Di Pietro lo esibisce durante il suo discorso per rafforzare i concetti. Il presidente dell’Italia dei Valori, candidato di Rivoluzione Civile (il partito di Antonio Ingroia) ed ex pm di Mani Pulite porta un maglione blu di Ralph Lauren e la coppola messa un po’ sbilenca sulla testa. Non fa neanche in tempo a varcare la soglia di Sant’Ilario che un gruppetto di esodati – li riconosci perché hanno un cartello al collo con scritto “esodati”- lo blocca. Di Pietro ascolta la loro protesta accanto al gazebo in cui giovani volontari con la passione per la politica distribuiscono volantini e adesivi. Poi, inseguito dai giornalisti, sale sul palco. Qui si toglie la coppola e il cappotto, si mette a favore di camera e parla coi cronisti per una decina di minuti. Dice le stesse cose che dirà alla platea – meno popolata rispetto agli incontri con Giorgia Meloni e Nichi Vendola – dopo la presentazione dei candidati piacentini di Rivoluzione Civile, tra cui Carmine Rotatore, il ferroviere che è stato per più di 50 giorni sulla torre del binario 21 della stazione di Milano Centrale. Di Pietro mette subito le cose in chiaro: “Non so parlare”. Però sa molto bene quello che lui stesso definisce “dipietrese”, un idioma un po’ incasinato che comprende proverbi tipici del dialetto del Molise e una sola parolaccia – “eh che cazzo” – subito seguita dalle scuse.
L’idea di Tonino è chiara: attaccare più persone possibili nel minor tempo possibile. Di Pietro va di fretta perché il giorno dopo deve essere a Genova. Comincia da Berlusconi: “La sua è la politica del paraculo che si fa le leggi per non farsi processare”. Poi tocca a Monti: “E’ un buon prete spretato, ha pregato di giorno e ci ha fregati tutti di notte”. E non risparmia Bersani: “Non ce l’ho con lui, ma è segretario di due partiti, quello giusto dei cittadini delle primarie e però anche quello dei notabili che pensano solo alla poltrona”. Accanto a lui uno dei candidati smanetta sull’iPad per tutto il tempo, mentre in Sant’Ilario arriva l’ultimo ritardatario con una vecchia bici da corsa marca Raimondi. In platea c’è anche l’assessore regionale dell’Italia dei Valori, o Idv, Sabrina Freda, che annuisce in modo sistematico e compulsivo a ogni affermazione del suo leader. L’età media del pubblico è piuttosto avanzata, ci sono molti signori con gli occhiali e i capelli bianchi e pochissimi giovani. La gestualità di Tonino è diversa, per esempio, da quella di Vendola: è più esplosiva, molto meno contenuta, va di pari passo col tono urlato scandito a ritmo di valzer, un due tre un due tre, costante ma sempre alto. “Non siamo una forza politica contro il sistema, per quello basta e avanza Grillo. Noi vogliamo essere una forza politica progressista di sinistra che si oppone alle politiche delle destre”. La promessa elettorale di Berlusconi circa la restituzione dell’Imu è già diventata un tormentone: su Facebook ci sono vignette con Berlusconi che dice di restituire Mulder e Scully, di Veronica Lario che dice “io invece non ti restituirò proprio un cazzo” e di Cetto La Qualunque che dice “sapere cosa vi restituirà Berlusconi? Una beata minchia!” (condivisa anche dal vicesindaco Francesco Cacciatore). “Noi vogliamo restituire dignità agli italiani” dice Di Pietro. Il discorso dura una mezz’oretta, poi Tonino ringrazia, prende il cappotto e la coppola e si dirige verso lo scivolo del palco. Lo bloccano. “C’è qualche domanda?”. Di Pietro ha sempre il cappotto e la coppola in mano. Passano circa trenta secondi. Nessuna domanda. “Scappo” dice Tonino, che il giorno dopo parlare “dipietrese” ai genovesi.
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