E’ il primo venerdì di primavera, l’aria è pulita, i piacentini escono a fare jogging e Nereo si barrica al ristorante a a mangiare spiedi di gamberi e salmone selvaggio. Poi rompe lo chef per farsi prestare il cappello.
TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI
Il ristorante che vi voglio proporre in questa puntata è una della firme culinarie più datate della nostra città: “Peppino.” Il Peppino originale non v’è più, è tornato tanto tempo fa dalle sue parti, ma a farne sapientemente le veci da tanti anni c’è il nipote/chef Giovanni, suo allievo da quando ha emesso il primo vagito culinario. In cucina con lui la dolcissima moglie Sebastiana, e in sala la figlia Giusy con il marito Luigi, gentili e discreti, come il mestiere impone. Avendo sempre avuto sin da ragazzino la passione per “mangiare fuori” (non lo si era capito), di questo ristorante ho un piacevolissimo ricordo sin dagli anni ’80, quando la sua sede era a circa metà di via Roma. Uno dei pochi ristoranti di pesce sempre fresco tra le mura della città (anche oggi se è per questo). Scappato da quella che oggi possiamo definire una zona difficile, ha trovato questa bellissima sede, in un palazzotto di via Scalabrini. Le sale sono davvero accoglienti, e la cura dei particolari lascia trapelare tutta la passione di famiglia, oggi, e soprattutto in momenti difficili, non così scontata. Adoro, e spesso chiedo espressamente la discreta saletta con un unico tavolo rotondo: suggestivo. Ma passiamo al “cibus”. Chiaramente non solo pesce, ma anche piatti tradizionali dai salumi ai tortelli e pisarei, se avete qualche ospite che viene da fuori porta. Manzo, agnello e capretto non mancano mai. Ma come anticipato, io qui, mi butto sempre sull’ittico.
Ieri sera sono stato viziato con i maltagliati fatti sul momento dalla signora Sebastiana, con calamari fresci, bottarga e zucchine. Pasta fresca appena gettata nell’acqua così mi resta bella stagnotta come piace a me. Ho continuato con filetto di orata al croccante di mandorla, su letto di purea frullata con olio al basilico e caponata di verdure bella tosta alla siciliana. Piacevole incontro di sapori. Concluso con coppa delizia con croccante di mandorla (qui si legge la loro terra), vaniglia e passato di lamponi. Quando la vedi pensi che una mano possa uscire da quella scodella per strangolarti, quando la finisci ne vuoi un’altra. Consiglio anche il taglio di salmone selvaggio, astice al vino bianco e i miei amati spiedini di gamberi e calamari. Cantina ben fornita su locali ed esteri, con i giusti ricarichi. (Io i prezzi li conosco e non me la si fa. Fino alla prima bottiglia…).
Insomma, basta dire che a Piacenza non si sa mai dove andare, solo perché il locale non è ubicato tra i cavalli con una scritta al neon. Combattete la pigrizia, fate quattro passi verso sud (in tutti i sensi) e provate questo locale che offre alternative per ogni palato. Ottime combinazioni a prezzi onestissimi per la vostra pausa pranzo. Al prossimo boccone!
P.S.: Se non mettevo il cappello da chef, non mi facevano scattare la foto.
P.S. del P.S.: Non è vero, ho fatto io i capricci per averlo…
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