IL TRIANGOLO DELLE BERMUDA

Il piacentino in bermuda è quell’essere che passa dai calzoni di velluto ai sundek con le palme in un pomeriggio. Trascorre l’inverno col Woolrich e i moon boot, poi appena spunta il sole e Studio Aperto annuncia che è in arrivo la prima ondata di caldo, il piacentino in bermuda va in via Venti col marsupio e le espadrillas.

bermuda

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

I pinocchietti sono passati di moda. Dev’essere per via del nome ridicolo, oppure per qualche svolta glamour che non conosciamo. Adesso vanno quelli stretti che mettono il pacco in evidenza e arrivano appena sopra al ginocchio. Sono inguardabili, un po’ da checca, ti fanno un busto enorme e le gambe piccolissime. Ma se vuoi stare al passo coi tempi devi fare qualche sacrificio. Magari non ti senti a tuo agio, forse preferiresti quelli più larghi coi tasconi, modello pensionato a Rimini nel 1992, ma ormai non si trovano più da nessuna parte. Allora entri in negozio, ti togli gli occhiali da sole e bolli la commessa: “Dolcezza, dammi i più stretti che hai”. Ragazzi, ci siamo. Fino a una settimana fa i piacentini andavano in giro col Woolrich e la cuffia di lana. Poi, un giorno come un altro, è uscito il sole. Le temperature si sono alzate, i volti lampadati hanno trovato la loro dimensione ideale, le vie del centro si sono animate. E in tutto questo, immancabilmente, inesorabilmente, è uscito allo scoperto quel soggetto che all’università di Harvard studierebbero con grande attenzione: il piacentino in bermuda.

PORTASCI E CATENE

Il piacentino in bermuda è quell’essere che passa dagli scarponcini Timberland alle espadrillas in un pomeriggio. Il sole è il suo segnale, il caldo è la sua resurrezione. Passa l’inverno con maglioni natalizi con le renne ricamate a mano e i giubbotti da sci termoregolabili, quando nevica gira sul Corso coi moon boot e gli stivali di gomma. Tiene costantemente d’occhio il meteo, è convito che il colonnello Giuliacci porti sfiga e si lamenta per il tempo con chiunque incontri sulla sua strada. E’ meteopatico, meteosensibile, meteoincazzato. Ha il portasci sul tetto della macchina anche se abita a San Giorgio, monta le catene per andare al Galassia e il suo mantra è “non ci sono più le mezze stagioni”. Mentre soffre, aspetta. Aspetta la svolta, il miracolo. Il sole. Così, quando le temperature si alzano di un paio di gradi e Studio Aperto annuncia che è arrivata la primavera con un servizio sui primi bagnanti di Ostia Lido, il nostro soggetto rinviene. Guarda fuori dalla finestra, vede il sole, sente il caldo sulla pelle. Allora va di là, apre la cabina armadio, tira fuori i bermuda dal cellophane e va in via Venti.

LOS ANGELES LAKERS

Quelli che non si fidano di Studio Aperto hanno il maglione di cotone e lo smanicato, cercano di andare per gradi. Lui passa da un estremo all’altro. Dai pantaloni di velluto ai sundek con le palme, dalle calze di flanella ai fantasmini, dal dolcevita alla canotta dei Los Angeles Lakers. E lo vedi così, davanti alle vetrine dei negozi, col marsupio a tracolla e gli occhiali con le lenti scure, si sfonda di ghiaccioli al limone e granite allo yogurt, perfettamente a suo agio nel clima torrido di metà aprile, anche se gli altri hanno ancora la sciarpa. E’ difficile sapere che cosa gli passi per la testa, è impossibile stabilire la sua filosofia peripatetica, vagare in Piazza Cavalli conciato come un turista tedesco a Cattolica il 15 di aprile, un paio di giorni dopo la fine dell’inverno più piovoso della storia recente della provincia di Piacenza. Lui se ne fotte. C’è il sole e quindi siamo in estate, e in estate si va in giro coi calzoni corti. Fine della discussione. Poi arriva giugno, la stagione dell’infradito, e via via i mesi estivi. Il 29 agosto, quando da 35 gradi si passa a 33, il piacentino in bermuda decreta la fine dell’estate. Inizia a tremare, batte i denti, ha la pelle d’oca. Allora prima di uscire si trascina dalla moglie avvolto nella coperta di lana: “Tesoro, hai visto il mio Woolrich?”.

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