PICCOLA STORIA DI UNA PROMOZIONE

A fine partita i cessi dello stadio sono in condizioni pietose: è il segnale che poco prima è accaduto qualcosa di indimenticabile. Nel parcheggio c’è un’utilitaria con le bandiere biancorosse fuori dai finestrini e l’autoradio che pompa musica tamarra. Il conducente suona il clacson e chiama Fausto il custode per farsi aprire: è bomber Marrazzo.

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TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: IDEM

I cessi dello stadio sono in pessime condizioni. Buon segno. Nulla è più indicativo dei cessi dello stadio per capire come è andata a finire una partita di calcio. Se sono decenti vuol dire che qualcosa è andato storto. Se fanno schifo e c’è odore di piscio misto birra allora è filato tutto liscio. Il fatto che qualcuno abbia scritto “serie D” con un pennarello su un rotolo di carta igienica è il segnale definitivo: al Garilli è stata una giornata di festa. L’ultimo a lasciare lo stadio è Fausto. Lo storico custode, col mazzo di chiavi appeso alla cintura, fa il giro dei cancelli e dei box riservati alla stampa, quelli che i giornalisti chiamano gabbiotti. Porta la maglia con la scritta “siamo D passaggio” macchiata di birra e spumante sopra la camicia di jeans. A un certo punto qualcuno inizia a strombazzare e a urlare “Fausto, oh, apri!”. Il suono del clacson proviene dal parcheggio dei giocatori, dove un’utilitaria con le bandiere biancorosse esposte fuori dai finestrini aspetta davanti alla sbarra. L’autoradio pompa musica tamarra a palla. La voce che chiama Fausto è quella di bomber Marrazzo. Fausto aziona la sbarra e la macchina esce improvvisando un carosello. Ora lo stadio è vuoto. Nel settore della tribuna riservato agli ultras della Nord restano bicchieri di plastica rotti, confezioni di Caffè Borghetti e petardi bruciati. Sul campo ci sono un paio di lattine di Beck’s con cui i giocatori hanno tentato di sbronzarsi e una sciarpa dimenticata da un tifoso distratto. La porta della sala stampa è chiusa e le luci sono spente. Sulle scale si sente profumo di shampoo e bagnoschiuma proveniente dalla piccola finestra degli spogliatoi: il vapore delle docce non si è ancora dissolto e si mischia con l’aroma di pop corn che arriva dal bar. L’ultima macchina a lasciare lo stadio è la Fiat Punto di Fausto, che una volta terminato il giro di ricognizione mette in moto, costeggia le giostre del luna park e gira a sinistra.

BASETTE FOLTE E SBANDIERATORI UFFICIALI

Tre ore prima il piazzale era pieno e i tifosi iniziavano a prendere posto sugli spalti. Nel settore degli ultras i posti non sono numerati, ma i tifosi hanno comunque il loro posto. E’ una questione di gerarchia, di abitudine e forse anche di scaramanzia. In fondo non ha senso cambiare posto proprio nella partita più importante. Gli ultras più giovani portano uno scatolone contenente i gadget della Sparuta Presenza. Donne con le braccia tatuate e le spalle scoperte si mischiano agli uomini e intonano i cori a memoria. Il riscaldamento è una formalità, anche se serve per fare le prove generali. I tifosi iniziano a fare davvero sul serio quando le squadre entrano in campo. La Lupa in maglia biancorossa, il Colorno in divisa gialloverde, tipo la Spes d’una volta. Nel settore degli ultras si vedono cappellini alla pescatora e basette folte. Lo sbandieratore ufficiale regge un’asta di un paio di metri e mentre sventola gli si abbassano i pantaloni. Quindi ogni tanto deve appoggiare la bandiera e riallacciare la cintura. E’ un’operazione faticosa e complicata, soprattutto dopo un paio di litri di birra. Qualcuno porta gli occhiali scuri, altri preferiscono restare appoggiati alla ringhiera. Un tizio ci bolla da dietro: “Basta foto, che cazzo!”. Anche quello della Batusa è un mestiere difficile, per questo lo sbandieratore ha tutta la nostra comprensione. “Giornalaio! Togliti di mezzo che non vedo!” ci dice gentilmente un signore sulla sessantina. In realtà non c’è molto da vedere. La Lupa controlla la situazione e segna al 36′ con bomber Arena.

TIRIAMOCELA AL BAR VIP

Nell’intervallo ce la tiriamo e andiamo al bar Vip. E’ rimasta solo qualche fetta di salame, ottima da abbinare al caffè. Arriva anche la pizza, ma non ci ispira più di tanto perché la mozzarella è tagliata a strisce. Il caffè è buono, al bar Vip si sta bene e poi c’è una bionda dietro al bancone. Ci fermiamo per qualche altro minuto e ce ne fottiamo dell’inizio della ripresa (noi non siamo di SportPiacenza, non facciamo cronaca live o cose del genere e possiamo permettercelo). Ovviamente perdiamo il gol del pareggio del Colorno e veniamo a sapere che il punteggio è sull’1-1 venti minuti dopo. Poco male, perché in panca c’è bomber Marrazzo, che inizia il riscaldamento, entra in campo e cambia la partita. Prima prende il palo, poi contribuisce al secondo gol di Arena che fissa il risultato sul 2-1 al 35′. Parte il coro della liberazione, quello che i tifosi aspettavano da un intero campionato: “Ce ne andiamo in serie D!”. Mentre loro vanno in serie D, noi andiamo a fare una puntata nel gabbiotto, dove Andrea Volta è pronto a passare alla storia come il radiocronista che racconterà della rinascita biancorossa dopo il fallimento in tribunale e dove un tizio guarda Diretta Gol sull’iPad per vedere che cosa fa la Juve. I giornalisti sono tutti indaffarati e concentrati. Così non è divertente. Torniamo giù e aspettiamo che l’arbitro fischi. Nei minuti di recupero i panchinari iniziano a schizzarsi con l’acqua delle borracce. Poi, quando la partita finisce, parte l’abbraccio generale. Il magazziniere distribuisce le magliette celebrative e i cancelli vengono aperti per consentire ai tifosi di fare festa sul campo. Il presidente Marco Gatti esulta coi giocatori, bomber Marrazzo, in mutande, regala anche i calzettoni. Fausto il custode ride e stringe i pugni in segno di vittoria. Ma chi lo conosce sa che è incazzatissimo perché stanno calpestando il prato.

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