LA TONACA DI NIETZSCHE

Don Luciano Ravetti citava lunghi passi di Kant e t’interrogava col libro aperto davanti. Il suo breviario era una piccola raccolta di testi di Nietzsche che teneva sempre sulla scrivania. Era prete, preside e prof: camminava avanti e indietro per il corridoio coi capelli spettinati e l’aria assorta.

confederex

FOTO: LIBERTA.IT

Il breviario di don Luciano era una piccola raccolta di testi di Nietzsche. Una brossura rilegata in pelle fitta di appunti che don Luciano leggeva nel suo studio quando non aveva niente da fare. Il suo studio era al secondo piano del liceo della Comunicazione San Benedetto, alla fine del Corso. C’era una scrivania, una sedia girevole e uno scaffale pieno di libri. Non aveva bisogno d’altro. Camminava per i corridoi della scuola con le braccia lungo i fianchi, leggermente curvo, coi capelli spettinati. Era alto quasi due metri e aveva mani grandi. Era il preside del San Benedetto, e quando gli studenti lo incrociavano sulle scale gli dicevano semplicemente “salve don”. Ma a don Luciano piaceva anche insegnare. Storia e soprattutto filosofia. Perché la storia la puoi solo raccontare, ma con la filosofia puoi metterci del tuo. I filosofi erano la sua passione. Citava a memoria lunghi passi di Kant, insegnava col libro aperto davanti, ma lo guardava raramente. Non gli serviva. La filosofia è la materia più pallosa che esista, ma don Luciano aveva la capacità di farti capire che i filosofi non sono segaioli frustrati che pensano e scrivono molto perché non hanno niente di meglio da fare nella vita. Il don era capace di attirare l’attenzione della classe grazie alla sua voce potente e ai suoi gesti imperiosi. Mica facile, considerando che aveva a che fare con ragazzi che pensavano che i lupini dei Malavoglia fossero affogati e che per tutta la durata della lezione avevano gli occhi inchiodati alla bionda accanto alla cattedra. Durante le interrogazioni provavi a fregarlo e a tenere il libro aperto sotto al banco. Lui faceva finta di niente, ma lo sapeva benissimo e a volte ti sgamava. “Fai pure, tieni pure il libro davanti. Non tenerlo sotto al banco, tiralo su. Tanto se non hai capito non ti servirà a nulla, caro”. Aveva detto “caro”. Eri fottuto. Il don aveva capito che non avevi aperto il libro. “Torna la prossima volta”. Ti dava sempre due possibilità (a volte anche tre) finché non capiva che il concetto ti era entrato in testa. Alcuni filosofi li saltava di peso, di altri ti faceva leggere solo il minimo indispensabile, su Kant, Nietzsche e Schopenhauer poteva starci mesi. Anche lui aveva i suoi filosofi e le sue scuole di pensiero preferite, così come gli studenti avevano un modello di calciatore a cui ispirarsi quando giocavano alla domenica. Era sempre pensoso, riflessivo, simpaticissimo e un po’ sbadato, come quando alla festa della polizia scambiò un prof del Respighi per uno sbirro: “Piacere, sono don Luciano Ravetti, sono stato cappellano militare…”. Poi, finita la lezione, si chiudeva nel suo studio col suo breviario. Don Luciano Ravetti è morto nella notte. Aveva 74 anni. I prof e gli studenti del San Benedetto ce l’hanno ben presente mentre cammina in corridoio, su e giù, avanti e indietro, coi capelli spettinati e l’aria assorta. Lui l’avrebbe chiamata peripatetica.

filippo.merli@labatusa.it

Share

3 Comments on "LA TONACA DI NIETZSCHE"

  1. Grazie Filippo! Mi hai fatto venire le lacrime agli occhi! Non poteva esserci descrizione migliore! Giorgia

  2. Descrizione perfetta………….del mio GRANDE cugino………che peccato che oggi nessuno era a fargli visita in camera ardente all’ospedale di Casalpusterlengo………ricordiamolo almeno venerdì alle 10 a San Pietro in Cerro PC ………………riposa in pace Lucio

  3. Deovo a Don Ravetti la migliore formazione liceale in filosofia della scienza che uno scienziato possa mai sognarsi di aver avuto. Anzi, credo che in parte la mia scelta di fare della ricerca scientifica sul cervello un impegno di vita sia dovuta all’interesse che Don Ravetti mi ha instillato nella filosofia della mente. Nel mio lavoro di ricercatrice non dimentichero’ mai il suo fondamentale insegnamento: approccia sempre un nuovo problema con la seguente attitudine: “Ma chi t’ha dit?”. Con questo semplicissimo concetto ci insegnava lo spirito critico, inquisitivo e razionale, che e’ la quintessenza del pensiero scientifico. Don Ravetti, ti ringrazio e ti sono riconoscente. Manuela Piazza (una vecchia allieva del Liceo Pedagogico)

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi