ALBORETO IS NOTHING

Piccolo manuale di sopravvivenza per difendersi dai milanesi in gita in Valtidone: occhio ai suv a nove posti col cumenda in versione yacht club e massima attenzione per le signore con l’accento odioso che leggono Vogue e che vogliono visitare la chiesa in cui è stato battezzato Giorgio Armani.

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TESTO:
CATERINA MASCARETTI

Eravamo ancora a letto quando il pavimento ha iniziato a tremare. Ci siamo collegati subito sul sito di Libertà per vedere se c’era già il pezzo sul terremoto. Niente. Allora ci siamo alzati in piedi di scatto, ci siamo infilati le ciabatte a forma di panda e siamo corsi in strada, come insegnano i telegiornali. E invece, una volta giù, allibiti, sbigottiti, terrorizzati, li abbiamo visti: i milanesi! Quella che pensavamo fosse una scossa sismica era il tremito terrestre provocato dalle gigantesche ruote dei giganteschi suv targati MI. Inspiegabilmente, pur vivendo in una città nella quale parcheggiare e muoversi nel traffico è semplicemente impossibile, il vero cumenda in gita in Valtidone è sempre alla guida di un suv grande come un pullman a tre assi che pilota malissimo e col quale si trova in assoluta difficoltà sulle stradine di campagna. Narrano gli storici locali (in pratica lo dicono al bar) che una volta un milanese con un suv grande come un transatlantico, col classico fare spavaldo e il capello imbrillantinato, nella discesa dalla stradina inghiaiata della Madonna del Monte, sopra Pianello, sia finito dritto in un canale per scansare una bicicletta e che per soccorrerlo sia stato necessario l’intervento di due grossi trattori a ruote.

DUELLO AL BAR

Se già siete attoniti alla visione di tali mezzi forgiati dalle fiamme dell’inferno e dai nomi improponibili, vi trasformerete in vere e proprie statue di sale nel momento stesso in cui vedrete i personaggi che si caleranno dai suddetti mezzi. Di solito si tratta di una coppia sulla cinquantina, in attesa di altre coppiette, anch’esse su altrettanti mezzi da sbarco simili (nonostante i 12 posti a sedere del suv, mai si muoverebbero in più di due sulla medesima portaerei). Lui indossa costantemente una polo bianca, candida, immacolata e decisamente più adatta per una partita di tennis a Wimbledon che per una domenica in campagna. A questa accompagna perennemente un paio di bermuda Blue Navy e un bel paio di mocassini nautici che fanno molto yacht club. Per rendere il tutto più sobrio, alcuni esemplari decidono di corredare il tutto con un panama, anch’esso chiaramente bianco. Quindi, se l’abbigliamento maschile a un primo sguardo risulta un po’ eccentrico (vale anche per il secondo, per il terzo e per il quarto sguardo), è solo perché non avete ancora ammirato il look della consorte. La signora legge Vogue e si vede benissimo. Dovendo recarsi in campagna ha copiato alla perfezione il servizio di giugno dal titolo “Wild country” e adesso sembra la signora del West. Fra gonne a balze, top a fiori e cappellini di paglia ti ritrovi a vagare stranito, guardandoti attorno anche un po’ preoccupato in attesa che qualcuno esca da un saloon (sempre il bar) e ingaggi un duello sotto il sole di mezzogiorno. Poi arriviamo alla nota tragica: il rincaro del salame. Tutti in Valtidone ce l’hanno coi milanesi che comprano solo salame e fanno lievitare i prezzi. Dovete infatti sapere che i milanesi hanno una vera e propria venerazione per il prezioso salume e sanno che non ne troveranno mai uno di simile qualità nella loro triste e grigia città. Così arrivano, fanno scorta per un anno e il prezzo sale, scatenando l’odio e l’ira della popolazione locale.

ELVIS È VIVO E LOTTA IN VALTIDONE

Ciò che non passa inosservata, o meglio inascoltata, è la parlata. Il milanese parla sempre a voce alta, con il classico, odioso accento di chi con la “bela Madunina” ci ha fatto le elementari e con quell’atteggiamento fra lo spavaldo e lo strafottente che tanto lo rende ben accolto ovunque. Gli uomini sembrano sempre capitani d’industria disposti a spendere per qualsiasi cosa e in qualunque modo: dalla colazione del mattino al bar del paese alla spesa al mercato domenicale fino al pranzo nell’agriturismo (il milanese che arriva in Valtidone non è mai di ceto medio basso, è sempre ricco). Per le signore, invece, gli abitanti del posto sono tutti “villici”, sia che ci si trovi in centro a Piacenza, a Borgonovo, a Sarturano o in un campo con una mietitrebbiatrice; qualsiasi attività commerciale, dalla botteguccia di paese all’Esselunga, è “così pittoresca”, e qualunque cosa è “rozza e grossolana, ma tanto tipica”. Interagiscono quasi esclusivamente fra di loro e nessuno ha un nome vagamente normale: è tutto un fiorire di Cicci, Nana, Cocca, Giamp, Pier e Gian. Ai locali si rivolgono esclusivamente per chiedere le più assurde delle informazioni: loro, pur avendo sempre vissuto all’ombra del Duomo, sono inspiegabilmente a conoscenza di luoghi, edifici e monumenti di cui anche chi vive in Valtidone ignora l’esistenza. Così resti a guardare come se fosse un fantasma la signora tutta ingioiellata e dallo spiccato accento meneghino che ti ha appena chiesto dove si trova la ex casa chiusa nella quale, secondo le indicazioni di una sua amica (la Nanni, quella che insegna Lettere alla Statale), James Joyce avrebbe avuto un’avventura di una notte. Al che lei, ritenendo di non esser stata compresa, scandendo le parole come se stesse parlando con un marziano e facendo ampi gesti per farsi capire meglio, ti ripeterà “signor villico, dove possiamo trovare l’ex casa chiusa dove James Joyce ha passato una notte con una prostituta?” (la mimica la lasciamo alla vostra immaginazione). E questo è solo un esempio iperbolico, ma in realtà vi chiederanno di tutto: dal mulino che si ritiene essere stato d’ispirazione per il Mulino Bianco al castello nel quale dicono sia nascosto il Santo Graal, dalla chiesetta in cui è stato battezzato Giorgio Armani alla casa nel bosco che si ritiene essere il nascondiglio segreto di Elvis (non è morto, non è sulla luna: per i milanesi è in Valtidone).

FIASCHI IN BORSA

A mezzogiorno, poi, è un vero e proprio delirio: non sperate di trovare un posto in un qualsiasi ristorante o agriturismo: i milanesi hanno occupato tutto. Mangiano come insaziabili cavallette e bevono più di un reggimento di alpini (signore ingioiellate comprese). I ristoratori in un primo momento si fregano le mani pensando al lauto guadagno, ma alla ventesima portata di salumi, quando la cantina comincia a mandare un’eco sinistro, iniziano a disperarsi e a rimpiangere il momento esatto in cui hanno deciso di aprire i battenti quella domenica. I milanesi escono dai ristoranti che sono ormai le 16, accaldati, sudati, boccheggianti e stracolmi di cibo e vino (qualcuno ha giurato di aver visto più di una signora con fette di coppa fuoriuscire dalle tasche e fiasche di Gutturnio nascoste nelle borsette). Un’altra domenica è passata: stanchi, si abbarbicano sui loro suv e rombando ripartono per Milano. Si riportano a casa il loro smog e il loro accento odioso, e la Valtidone e i suoi abitanti riprendono a vivere.

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4 Comments on "ALBORETO IS NOTHING"

  1. Ciao Batusa! Articolo molto divertente e ben scritto. Mi permetto solo di segnalare che lo stereotipo di Dogui sta sulle molto sulle balle anche al milanese medio, dotato di accento odioso, ma rigorosamente sprovvisto di SUV.
    Saluti meneghini!

  2. Non Milano, ma | Luglio 8, 2013 at 1:44 pm | Rispondi

    Ciao, mi associo a Michele trovando l’articolo tutto sommato divertente, ma credo che sia un’accozzaglia – ben congegnata – di stereotipi un po’ datati ed immancabilmente visti dalla solita prospettiva dei paesani “veri, puri, candidi” contro il “ricco cittadino cialtrone” avido di vita agricola.

    La cosa buffa è che funzionano sempre cose come “i negri puzzano”, “le donne sono stupide”, “i campagnoli sono ignoranti”, “i milanesi sono arroganti e cialtroni”. La cosa meno buffa è il non riuscire ad associare tutti gli stereotipi con la stessa logica di pensiero: giustificandone alcuni e condannandone altri ci si assolve da una forma di ignoranza che francamente abbassa un po’ il tono di tutto.

    Vivo a cavallo tra le due realtà, cittadina e campagnola, e incontro molto più spesso pescegatti da “Baci & Abbracci” nei luoghi disseminati in collina, piuttosto che in città. O meglio, in città c’è anche qualcosa d’altro: basta togliersi le famose (e apprezzate) fette di salame dagli occhi e magari per una volta provare a considerare il fatto che essere mediocri nel pensiero non ha regione, né religione, né CAP.

    Spero sia una critica costruttiva!

    Ciao 🙂

  3. anche in Val Luretta ci sono e tanti !!! io la Domenica sto a casa sono troppooooo x me Bellissimo articolo!!

  4. Siete veramente i migliori! 🙂
    Uno dei vostri articoli più belli a mio parere.

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