TESTO: EMANUELA GATTI; FOTO: IDEM
Essere in grado di portare un intimo contenitivo per più di cinque ore mi dimostra di essere decisamente forte, ma la capacità di gioire sinceramente e spudoratamente per la felicità altrui mi fa capire che forse sono ancora una persona decente. E poi ho imparato anche che l’open bar è una delle più grandi invenzioni della storia recente. Per farla breve: ieri sono stata a un matrimonio. Quest’anno più di altri anni pare che ci sia la corsa all’abito bianco, al catering più figo e alla scelta del giorno più caldo dell’anno per convolare a nozze, ma quando ti arriva l’invito non pensi più a nulla a parte “devo prendere il vestito”. Per arrivare al giorno fatidico perfette, o quasi, c’è almeno un mese di preparazione. Così si inizia a cercare un abito che sia elegante ma anche comodo e la scusa più usata dalle commesse è la seguente: “Beh, vedi, questo vestito con una ciabattina bassa lo sfrutti tantissimo e lo metti ancora”. Servono lescarpecoltaccoalto (metà delle donne compresa me s’illude che un tacco spesso sia comunque molto più comodo di uno a spillo. Palle. O sei abituata a portare le scarpe alte o altrimenti sembri un t-rex su una distesa di uova). E poi serve una pochette, una pettinatura figa graziosa e una stola perché senza stola non si può stare in chiesa. Mai dimenticare un paio di ballerine per quando non ti sentirai più la pianta dei piedi. Ma non basta ancora. Occorre prenotare anche un restauro estetico importante e cercare di prendere un po’ di colore almeno in viso. A mio malgrado, anche se palesemente non ne ho bisogno, mi sono dotata di mutanda contenitiva che, mi ha detto la commessa con quel suo sguardo gentile, “è comodissima, non ti segna. Vedrai che non la sentirai nemmeno”. Come no, adesso so come si sentiva la principessa Sissi quando la strizzavano nei corpetti per avere un vitino di vespa. Bene, lei da vespa, io da motozappa. Ma è bello sognare.
I BAMBINI STRISCIANO E CHIEDONO ACQUA
Arriva il giorno. Nonostante tu ti sia preparata le cose sul letto come la sera prima del primo giorno di scuola, sei in ritardo. E nonostante la prova vestito dei giorni precedenti c’è sempre qualcosa che non torna. Amen. Piazzale della chiesa. Sole accecante, non un filo d’aria, l’ombra non esiste, umidità del 98 per cento, vecchi che muoiono, bambini che strisciano e chiedono acqua, visioni mistiche, allucinazioni. Gli uomini si toccano il nodo della cravatta, le donne si guardano il viso per vedere se il trucco regge. Cominci a sudare, gli occhiali da sole scendono sul naso e la mutanda stringe tantissimo. Ok, è finita. Escono gli sposi: applausi, riso, foto, riso, applausi, foto, goliardia, “bacio, bacio, bacio”, “limone, limone, limone”, “e per gli sposi hip hip urrà!, i cellulari scattano foto a raffica. Parte la corsa per andare a congratularsi con la coppia. Corteo, clacson, barattoli attaccati al paraurti che quando la macchina prende una curva falciano pedoni e ciclisti. Ricevimento. E’ giunta l’ora di cambiare scarpe. Si ritorna a una altezza normale. Essendo notevolmente più vicina al suolo, adesso, sento più caldo di chi è alto. E’ la fisica, bellezza.
A MALI ASTEMI, ASTEMI RIMEDI
Dopo ore di arsura, hai un solo pensiero: bere. Qualsiasi cosa, va bene anche la cera sciolta delle candele alla citronella. Attenzione: chi ha un vestito lungo può facilmente prendere fuoco. Detto fatto. Finché si è sobri guardare sempre dove si mettono i piedi. Se riesci a dissetarti sei un mito perché i camerieri sembra che facciano apposta a riempirti il bicchiere a metà. Una sorta di sadismo: “Io ti dovrò dare da bere per tutta sera e vederti ubriaca e molesta, perciò decido io come e quando darti da bere”. Io mi piazzo lì davanti, gli svuoto il bicchiere in faccia al colpo e poi me lo faccio riempire tre volte di fila. A mali astemi, astemi rimedi. Tutti sono felici e tutti bevono. Sono felici perché bevono. Da donna ti premuri di fare un sopralluogo all’interno della villa per cercare un bagno, che gli uomini chiamano più romanticamente cesso. E poi di soppiatto, mentre tutti fanno l’ape, cerchi di capire in che tavolo ti hanno messo. E’ come la roulette russa. O la va o ti ammazzi. Di noia. Ci penserà l’alcol. E poi insomma chissenefrega: non sai nemmeno se riuscirai a ingurgitare un grissino vista la mutanda che non ti da pace. Nella pausa tra il primo e il secondo però decidi che può bastare. Meglio mangiare che non respirare. Vai nel parcheggio al buio, apri le portiere della macchina e ti togli quell’aggeggio di tortura medievale. La commessa non lo saprà mai. Adesso sto meglio. Non sono più cianotica e respiro. Ragazzi, avevo portato una mutanda di scorta, non sono tipa da Basic Instict, tranquilli. Fine della cena a mezzanotte. Taglio della cravatta di lui, giarrettiera di lei messa all’asta. Torta. Sogni quella panna da diverse ore, ma il cameriere ti rifila la torta di scorta. Ovviamente senza panna. Che tu possa inciampare nella candela di citronella. Discorso, fuochi d’artificio. Coppie appartate, baci al chiarore di luna accoccolati sui divanetti nel prato. Ci manca solo Baglioni e poi siamo a posto. Allora, mentre stai bevendo un bicchiere di spumante, li vai a molestare. Se lo meritano, quegli asociali.
CHI HA SMESSO, RICOMINCIA A FUMARE
Hai fatto troppe foto col cellulare e tra Instagram, Facebook, Twitter, l’iPhone ha il 17 per cento di batteria. Ossia sta tirando le cuoia e non potrai più mettere la foto di te con in mano un cocktail. Non sia mai. Trovi una spina, che dopo una toilette è la cosa più importante per chi è donna e ha uno smartphone. Ripensando ai tre matrimoni della scorsa estate, mi sono premunita di numero due pacchetti di sigarette. Non si sa il perché, ma ai matrimoni la gente comincia a fumare anche se ha 68 anni e chi ha smesso ricomincia e tutti scroccano. E’ l’una. L’ora della discoteca, dei drink, delle cravatte messe intorno alla testa, delle camicie con macchie di vino rosso. Ragazze scalze, linguaggio sboccato, pettinature che cadono e trucco sbavato. Insomma, le cose che avvengono ogni sabato d’inverno al Boeri. Open bar e dj. Chi non beve mai stasera beve e domani starà malissimo (dilettanti), chi beve di solito ci dà dentro, ma le luci sono troppo alte e non si può fare nulla di più che ballare Ai se te pego in cerchio come alla festa del tortello di Vigolzone. Ragazzi più giovani di te che tu hai visto crescere ti guardano mentre cerchi di muoverti con grazia sulle note del Ballo di Simone e in quel momento capisci che non stanno vedendo te, una 28enne, ma la loro zia, la loro madre o la loro nonna sulla balera della festa di Cantone. Il tempo passa per tutti, lo sai, nessuno indietro lo riporterà, neppure noi. E’ ora di andare, ed ecco che tutti, da veri 30enni, compresa me, dicono: eh, domani è lunedì, si ricomincia, mi alzo presto e cose così. Prendi la bomboniera e sei palesemente brilla. Mangi due confetti al cioccolato per asciugare. Pessima idea. Saluti e ti metti in macchina, a guardare le stelle, a pensare che bella giornata hai passato, a come sarà il tuo matrimonio e cazzate simili. Non è vero: devi farti passare la sbornia. Coi piedi fuori dal finestrino e una caraffa d’acqua rubata al cameriere sadico dell’aperitivo vedi che l’iPhone ha il 20 per cento di batteria. Il tuo prossimo status di Facebook è salvo.
Ottimo… bella scrittura…