LETTERE ALLA BATUSA

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Cara Batusa,
mi chiamo Lorenzo, ho 15 anni e sono un giovane disperato (so benissimo che qualcuno penserà che i problemi della vita sono altri, ma me ne occuperò a tempo debito). I miei genitori non vogliono che vada al mare con i miei amici (e con le mie amiche, soprattutto le mie amiche, dato che nel gruppo c’è una ragazza che mi piace parecchio). Hanno paura che faccia qualche stupidata, ma sono un ragazzo responsabile e poi staremmo via solo due giorni. Ti prego, dimmi come fare per convincerli.

Caro Lorenzo, ricordiamo perfettamente la prima volta che andammo al mare coi nostri amici (e con le nostre amiche). I nostri genitori credevano che fossimo a Podenzano a dormire a casa di un amico che non vedevamo da anni e che non sapevamo se fosse ancora vivo, invece eravamo in spiaggia a Cesenatico (nota bene: con questo non vogliamo dirti di dire palle ai tuoi genitori, anzi, la verità paga sempre – tranne che con le donne). Partimmo in treno alla mattina e grazie a una strategia studiata nei due mesi precedenti riuscimmo a infilarci nel posto accanto a quello della ragazza che ci aveva rubato il cuore. Appena arrivati cercammo di ripetere il piano per stare in camera insieme a lei, ma alla fine ci distribuimmo secondo l’ordine logico delle cose: maschi da una parte e femmine dall’altra. Venne il momento di andare in spiaggia, tirammo fuori dalla valigia il sundek della festa e – mentre i nostri amici rinforzavano il pacco con mele di cera e fazzoletti di carta – controllammo i pettorali davanti allo specchio. Eravamo incantevoli. Quando andammo a fare il bagno volevamo dimostrare alla ragazza in questione di essere in forma smagliante e iniziammo a nuotare al largo senza una meta precisa. Il bagnino – che di casi disperati come il nostro ne aveva visti molti – ebbe la brillante idea di seguirci con lo sguardo e ci recuperò ore dopo, in piena crisi d’identità, in prossimità delle coste croate. Quanto la tizia dei nostri sogni iniziò a mangiare il calippo facemmo finta di niente e tornammo in acqua a fare un altro giretto per verificare come procedeva la ricostruzione dell’ex Jugoslavia. Quando tornammo – sempre col bagnino – era ora di cena e grazie a un paio di bicchieri di vino sferrammo l’attacco decisivo in ascensore. Purtroppo, al momento di schiacciare il bottone, arrivò una coppia di vecchi tedeschi in camicia hawaiana che ci chiese di poter salire e la cosa finì lì. Però fu quella che i saggi e gli anziani del villaggio definiscono “esperienza”. Perciò, cari genitori di Lorenzo, lasciatelo andare senza paura. Al massimo tornerà padre di due splendidi gemelli.

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