BERE UN ROBO A BARCELLONA

barcellona

TESTO: VALERIA POGGI; FOTO: IDEM

Chiunque ama Barcelona. E nessuno sa trovare un serio perché. E aggiungo l’aggettivo serio perché dire che “Barcellona è bella perché c’ha il mare” è una colossale banalità oltre che una grandiosa idiozia. Andare in spiaggia alla Barceloneta è come andare a Riccione la prima domenica d’agosto e pretendere che nel passare la gente non sollevi la sabbia sul telo mare. Ma la capitale catalana incanta gli occhi d’ogni turista, oltre che il portafogli, ed è come se ti invitasse a viverla senza dover faticare troppo. Dopo aver vissuto tre mesi a Barcelona inizi a renderti davvero conto di quanto questa città faccia apparire ogni stranezza normalità, ogni pazzia normale amministrazione, ogni angolo zozzo un comodo letto su cui poter dormire, ogni locale una rarità. Ed improvvisamente anche se non avevi la minima voglia, almeno per quella sera, non puoi fare a meno di uscire a bere un robo.

EL MARIACHI

Dov’è finito Manu Chao? Sarà di certo occupato a decidere se è meglio il nome di una vecchia cantante lirica russa o di uno sconosciuto coro gospel per annunciare la sua prossima esibizione barcellonese e rendere il concerto ancora più di nicchia e improvvisato. In tre mesi a Barcellona non ce l’ho fatta a sentirlo dal vivo, ma posso almeno dire di averci provato. Sono diventata infatti assidua frequentatrice del locale di cui si narra essere il proprietario. Che sia vero o meno difficile saperlo, ma quel che è certo è che proprio in questo buco di locale buio e trasandato Manu Chao abbia spesso improvvisato jam session epiche, le cui foto, per i più scettici, sono immortalate sulle pareti rosso-messicane del Mariachi. C’è chi dice che il cantante francese sia amico del proprietario, chi solo un assiduo frequentatore ma sinceramente poco importa se nel cuore di Barcellona a due passi dalla Rambla si può sorseggiare un “mariachi”, ottimo vermouth a poco prezzo, seduti su ricercati tronchi di legno sgabelli colorati e pensare a tutti quei turisti che stanno passando lì di fianco ignari che proprio in quel losco e maleodorante vicoletto, dimora di clochard assonnati, al di là di quel portone rossastro, forse un Chao sbeffeggiante sta suonando la Rumba de Barcelona.

BARCELONA PIPA CLUB

Voglio iniziare a fumare la pipa . Mai nella vita avrei pensato di desiderarlo. Ma dopo che suoni il campanello di quell’ottocentesco portone in Plaça Real ed entrando hai quasi il sospetto di essere in casa di qualcuno che conosci e poi capisci che potrebbe essere proprio Sherlock Holmes , beh, fidatevi che è immediato chiedersi come avete fatto a vivere senza questo posto.  Così, dal 1980 il Barcelona Pipa Club dà dipendenza a chiunque vi entri ed è forse proprio per questo che quello della pipa è un club di soci anche non pipa-fumatori, anche per i per niente-fumatori. Rivestito di un’atmosfera britannica, quest’appartamento, perché di questo si tratta, ricorda in ogni minimo dettaglio il famoso detective londinese e per un piacentino doc è immediato lanciare un occhio fuori dalla finestra in cerca di un po’ di nebbia londinese che profuma anche di casa. Ma per fortuna sono lontane da Barcellona le deprimenti serate domenicali piacentine e chi ha avuto la fortuna di entrare al Pipa Club proprio alle 6 di domenica sera avrà potuto assaporare un concerto jazz dal retrogusto di scotch un po’ affumicato e incredibilmente gratuito.

EL BAR MARSELLA

Pensate a polvere, ragnatele, specchi arrugginiti, piastrelle rotte e odore di fogna a zaffate. Bene, ora pensate all’assenzio. La vostra espressione avrà cambiato due volte, o sbaglio? Probabilmente il Bar Marsella non viene pulito da quando un alticcio Hemingway attempato ha lanciato un cenno al barista per l’ultima volta ed ha lasciato Barcellona (per venire nella valle più bella del mondo senza dubbio) ma è forse questa la sua originalità. Insieme al fatto che ti servono assenzio puro come se fosse birra ovviamente e che se fai il bravo alla fine ti regalano pure un chupa chups alla fragola a forma di cuore. Perché te lo metta in bocca uscendo e non rompa le balle ai vicini. Insomma un locale che sulle pareti ha ancora vecchi cartelli sbiaditi che citano comandamenti da ubriaconi del tipo “VIETATO CANTARE E BALLARE” deve essere una tappa notturna obbligata e anche se ogni giorno arrivano voci che il locale ha chiuso per vari motivi non bisogna disperare, perché le luci del Marsella sono sempre accese. Vale la pena andarci anche per i piacentini astemi. Quando mai può ricapitarvi il brivido di sfidare le buie viuzze del Raval, quartiere gremito di insolenti prostitute, perché sono davvero insolenti oltre che rissose?

LA XAMPANYERIA

Un “lurido” paninaro piacentino che si rispetti potrebbe benissimo competere con la goduriosa Xampanyeria catalana alla Barceloneta, se solo non fosse per i fiumi di champagne a meno di un euro il calice. Eccetto la domenica, questo bottega al gusto di vino e di salamella regala tutti giorni un’emozione nuova. Sempre pieno di gente tanto che gli unici due tavolini sono di troppo perché ti puoi appoggiare comodamente al tuo vicino, la Xamp è un tipico barasso barcelonés con la fama di riempirti la pancia e farti ubriacare in meno di 10 minuti, tempo massimo di sopportazione per un essere umano medio in meno di mezzo metro cubo di spazio, e d’aria. Per le donzelle è consigliabile non andare a ballare dopo aver cenato lì poiché nessun indumento esce illibato da quel posto e chi si lamenta di aver ricevuto mezzo bicchiere di champagne addosso non avrà vita facile.  Ma ogni cosa che ordinerete non vi deluderà e di certo non avrete il tempo di lamentarvi dell’attesa, qui i calici di vino e i panini te li lanciano letteralmente addosso e lo fanno di gusto.

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