TORNARE A SCUOLA È UN PO’ COME MORIRE

scuola quadro

Ecco la prima puntata dell’Eterno Ritorno (filosoficamente parlando).

TESTO: FILIPPO MERLI

Tornare a scuola è un po’ come morire. No, è molto peggio. Almeno quando muori non corri il rischio di dover saldare debiti formativi e di trovarti di fronte una professoressa troppo grassa che non vede l’ora di vendicare su di te i tradimenti del marito. Ieri le testate piacentine hanno pubblicato le foto degli studenti che sorridevano mentre varcavano per la prima volta la soglia della scuola coi loro zaini Eastpak. Cazzate. A nessun essere umano piace tornare a scuola dopo le vacanze estive, neppure ai nerd, che almeno in estate possono leggere i Promessi Sposi in santa pace senza finire con la testa nel cesso per non aver suggerito. I nerd sono proprio quelli che più di tutti odiano il ritorno a scuola. A casa stanno bene, nessuno rinfaccia loro di avere 16 anni e di non aver mai dato un bacio a stampo, la mamma si prende cura del suo piccolo genietto comprandogli la Settimana Enigmistica come massima forma di svago e la nonna gli passa la paghetta per comprare l’ultimo numero di Focus. Man mano che s’avvicina il giorno della ripresa della scuola il nerd inizia ad avere gli incubi: sogna giubbotti con le borchie, motorini truccati e creste ingellate, soffre di claustrofobia e si sveglia sudato, convinto di essere chiuso nell’armadietto, si agita e urla nel sonno mentre sogna di finire con lo sterno sulla cavallina tra le risate del prof di ginnastica e dei compagni. Il nerd non ha una donna. Non la vuole. Tutto ciò di cui ha bisogno è una calcolatrice a raggi solari, ma sa benissimo che appena metterà piede in classe per l’anno nuovo arriverà il bullo che è fuori solo grazie all’indulto che lo sfotterà davanti a tutti. Nella cartella del nerd c’è tutto l’occorrente per affrontare il nuovo anno scolastico nel migliore dei modi: libri, quaderni a righe, quaderni e a quadretti, astuccio, diario, squadra, righello, compasso, goniometro, evidenziatori, biro, matite, gomme, scolorina, pastelli, pennarelli, acquerelli, tempere, temperino, album Fabriano A3, colla Pritt, cucitrice, graffette, puntine. Tornerà a casa con mezzo righello e il diario strappato. Il primo avvertimento del bullo.

GIOVENTÙ HITLERIANA

Gli studenti normali, quelli che durante l’estate hanno pensato solo a limonare, approfittano del primo giorno di scuola per fare i compiti delle vacanze. Seguono la formula collaudata tanto-il-primo-giorno-non-si-fa-un-cazzo e si mettono a scopiazzare i compiti delle vacanze dai nerd, che il 13 giugno avevano già finito anche quelli delle vacanze di Natale. Il primo giorno di scuola si ritrovano sul piazzale e iniziano a raccontare di orge con le amazzoni in spiaggia (bacio sulla guancia a un cesso recuperato ai bagni Nettuno di Riccione) e di figli illegittimi sparsi per la Sardegna (episodi di masturbazione violenta pensando alla tizia dell’ombrellone accanto). Sfornano la nuova pettina da gioventù hitleriana (capelli rasati ai lati e ciuffo sulla fronte) e danno i voti a quelle di prima. Le ragazze si comportano diversamente: parlano di amori finiti per colpa della distanza e di stronzi più grandi di loro di 34 anni che le hanno sedotte e abbandonate a MiMa. Non vedono l’ora che ricominci la scuola solo per vedere com’è cresciuto il pluririmandato che in seconda superiore ha già la patente da tre anni e che sulle studentesse esercita sempre un certo fascino. “Oddio mi ha guardato!”. “Oddio mi ha toccato”. “Oddio, svengo!”. Quindi iniziano a fare incetta di numeri di telefono per fare qualcosa durante l’ora di accoglienza, quando daranno il benvenuto ai nuovi studenti che non godranno mai delle loro attenzioni perché sono “piccoli”.

SUA SANTITÀ DIDATTICA

Gli unici che sono contenti di tornare a scuola sono i professori, che possono finalmente tornare a sfogare le loro frustrazioni sugli studenti inermi. Il primo giorno di scuola il prof fa una colazione abbondante, poi estrae il registro dalla faretra e si prepara al primo appello dell’anno, augurandosi in cuor suo che ci sia un fenomeno che ha fatto sega il primo giorno per poterlo mandare subito in presidenza per fare un po’ di riscaldamento. Il prof entra, saluta la classe e interroga subito il buffone di turno (tutte le classi ne hanno uno): “Allora, come sono andate le vacanze?”. “Bene profess…”. “Non perdiamo tempo, dimmi subito chi ha scritto i Malavoglia! [ahahahah, guarda come trema, come mi diverto…]”. Il buffone sa già come procedere e anticipa le mosse del prof: si alza, abbassa la testa e va dietro la lavagna. IN SILENZIO. Poi arriva la prof d’inglese, quella che dice di essere di madrelingua ed è nata a Pittolo. La prof d’inglese proviene da una vacanza originale a Londra ed esige che nelle sue ore si parli solo ed esclusivamente inglese. “Good morning guys, how are you?”. “Guy sarà lei!”. Risata generale. Poi il buffone si alza, abbassa la testa e torna dietro la lavagna con una nota sul registro. A questo punto l’altoparlante annuncia che il ritrovo è fissato per le 10 in aula magna. Tutti si siedono sulle classiche sedie dell’aula magna – quelle con le incisioni dei giostrai, le scritte t.v.u.m.d.b. e le Big Babol attaccate allo schienale – e ascoltano il discorso di inizio anno di Sua Magniloquenza, Sua Bontà Divina, Sua Santità Didattica (il preside). Il preside si presenta, prova una sensazione di potere estremo quando vede che tutti gli studenti si alzano in piedi al suo passaggio e pronuncia un discorso solenne, grave, storico, il cui significato è più o meno questo: “Signori e signore, studenti e studentesse, siete fottuti”. Non male come primo giorno.

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2 Comments on "TORNARE A SCUOLA È UN PO’ COME MORIRE"

  1. io sono una Prof!!!il primo giorno di scuola lo aspetto perché in realtà mi piace insgnare..ah non ditelo a nessuno ma i nerds non li reggo..

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