SIGNOR FANTASMA

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTOGRAFIE: IDEM

Una sagoma misteriosa si dirige verso il Barino. E’ notte e c’è la nebbia (non è vero, ma quando si va a caccia di fantasmi la nebbia non può mancare). Il sinistro figuro s’aggira per i portici di Palazzo Mercanti. Cammina con passo lento, porta uno strano copricapo e un mantello, o forse un tabarro, riusciamo solo a scorgere un filo di barba sulla guancia sinistra. Il resto del volto è coperto dal buio. Siamo soli. Quando ti servono, i metronotte sono da Bosoni. La sagoma – un uomo, non possiamo sbagliare – si ferma davanti al Barino. Siamo sotto le palle del cavallo, dove quindici anni fa ci davamo appuntamento con la tizia di turno prima di andare a limonare al Politeama.

cavalloLe palle del cavallo

L’individuo si ferma. Si volta. Ci vede. E’ Giorgio Lambri. Oppure è uno che gli somiglia molto, dalla nostra posizione non riusciamo a distinguere bene. Comunque non è quello che stavamo cercando. Non è il fantasma del Comune. Sono circa le 2,30 del mattino, come potete vedere dalla foto qui sotto, scattata appositamente per dimostrare che a caccia del fantasma ci siamo andati veramente.

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Lo ammettiamo: abbiamo paura. Ce la portiamo dietro dalla prima elementare, quando la maestra ci obbligò a leggere il Fantasma di Canterville di Oscar Wilde. Il fantasma del racconto di Wilde andava in giro di notte in un castello accompagnato da uno stridere di catene. Non molto originale, d’accordo, ma da quel momento, appena cade la catena di una bicicletta, restiamo paralizzati, immobili, terrorizzati. Come quando sentiamo un rumore metallico che proviene dalle scale del Gotico. Eccolo. E’ lui. Il fantasma. E’ un po’ diverso da come l’ha descritto Libertà. Questo ha una catena d’oro al collo e ascolta musica ecuadoregna in vivavoce col telefono. No, non è lui. E’ un ragazzino che cazzeggia in piazza con un amico. Per verificare che sia una persona reale, vera, materiale, andiamo a dare un’occhiata ai resti del bivacco, un paio di lattine di Coca e una bottiglia di latte.

lattineUna volta gli ecuadoregni si sfondavano di birra: i tempi sono proprio cambiati

Poi la notte viene scossa dal rumore di un motore. Arriva la cavalleria! Arriva il metronotte! Prosegue a passo d’uomo e si ferma davanti a Palazzo Mercanti. Poi punta i fari sulla porta d’ingresso del Comune.

metronotte

Anche lui è qui per il fantasma. Non ci sono dubbi. Devono averlo avvisato dalla centrale della storia raccontata da Libertà e probabilmente deve controllare che qualche simpaticone non abbia la brillante idea di mettersi un cilindro in testa per terrorizzare i netturbini. Lo controlliamo a vista. E’ chiaro che col metronotte di guardia il fantasma non si farà vedere. Aspettiamo. Passa qualche minuto e il metronotte fa retromarcia, gira la macchina e s’avvia lungo via Cavour. Lo fermiamo e gli spieghiamo chi siamo. Scusi agente, anche lei è qui per il fantasma? Lui ci guarda strano. “Quale fantasma? [ecco il solito pienaro del martedì che esagera con la birra della Coop e poi vede i fantasmi. Adesso chiamo Aquila Tonante roger roger e lo faccio portare via, questo rompicoglioni]“. Il metronotte dell’Ivri sembra all’oscuro di tutto. Gli raccontiamo brevemente la storia e gli mostriamo il pezzo di Libertà sul telefono. Legge con attenzione, poi riceve una comunicazione alla radio e se ne va, non prima di averci augurato buona fortuna per il fantasma (un mito assoluto). Siamo di nuovo soli. Ci facciamo coraggio e ci avviciniamo ai portici. Sembra tutto tranquillo, ma a un certo punto sentiamo un fruscio dietro di noi, verso Piazzetta Mercanti. Ci siamo. Non vogliamo girarci perché sappiamo benissimo di trovarci davanti lo spettro col cilindro. Tremiamo. Sudiamo. Ma alla fine ci voltiamo.

borsina

Uhm. E’ solo un sacchetto della Sma. Ci tranquillizziamo e sostiamo ancora un po’ davanti all’ingresso di Palazzo Mercanti, lì dove si decidono le sorti della città, lì dove è stato avvistato il fantasma. Poi veniamo attratti da un bagliore. Oh cazzo. Stavolta l’abbiamo visto bene, proveniva dai portici dell’Ina. Il fantasma ha cambiato portici, ma non può essere che lui. Facciamo silenzio, come se il fantasma non si fosse ancora accorto della nostra presenza. Ci nascondiamo dietro una colonna col cuore in gola, lì dove solitamente a quest’ora scorrono fiumi di gin tonic. Dobbiamo farlo. Per noi, per la comunità, per valorizzare il territorio, come direbbe Paolo Dosi. Saltiamo fuori e iniziamo a scattare foto all’impazzata, praticamente senza guardare. Poi torniamo dietro la colonna e guardiamo le fotografie.

vetrina

Libertà si sbagliava: il fantasma è una gnocca da urlo con la pelliccia e i tacchi alti. No. No. E’ il maxischermo di Max Mara. Beh, s’è fatta una certa ora e il fantasma non s’è visto. Ci siamo andati vicini un paio di volte, ma erano solo falsi allarme. Così torniamo in Piazza Cavalli per un ultimo sopralluogo e notiamo qualche gazebo e alcuni cartonati blu col disegno di una rondine. Per terra ci sono anche i coriandoli, come se a Piacenza, da un momento all’altro, stesse per ospitare un evento straordinario.

cor

Ma come abbiamo fatto a non pensarci prima? Il fantasma ha saputo che domani inizia il Festival del Diritto e s’è volatilizzato per non sorbirsi le solite menate di Gad Lerner e Zagrebelsky.

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3 Comments on "SIGNOR FANTASMA"

  1. Il fantasma tifa Udinese. Era in ferie perchè ciocco per la vittoria.

  2. Signora Batusa non e’ che mi diventate autoreferenziali, eh?
    ne abbiamo digià una…

  3. Certo era lì con noi a festeggiare…ha sparato qualche coriandolo e fatto volare una lanterna…
    Dimenticavo…ha discusso la tesi con noi!
    Ripigliati! Il cavaliere oscuro riapparirà!

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