GRAPPA, MARLBORO, DARIONE

TESTO: MARCELLO ASTORRI; FOTO: INTERNET

hubner statua

Ed ecco che si rivede il vecchio Darione. Il patron del Royale Fiore, Totò Rizzo, gli ha affidato la panca della sua squadra. Quale miglior scelta se non lui, il bomber senza macchia (e senza tempo, soprattutto) con tanto di grappino e paglia in bocca, che ha rappresentato il calciatore antidivo per eccellenza, con quell’andatura ciondolante (che gli valse il soprannome di dromedario) e il suo fare da orso burbero. Quando giocava in serie A, non era di certo l’idolo delle teenager, né dei calciatori in erba che preferivano senza dubbio le superstar lampadate, ma sicuramente era una specie di dio pagano dei nerd che vivono di pane e Fantacalcio.

SOPRANNOMI BESTIALI

Dario Hubner, del resto, segnava di gran lunga di più di molti altri bomber più “estetici” e chissà quanti Fantacalcio ha fatto vincere ai ragazzini brufolosi. Mentre le grandi squadre si svenavano per calciatori cool che talvolta non segnavano neanche a porta vuota, Hubner la metteva 16 volte nella sua stagione d’esordio in A con la maglia del Brescia. Nessuno lo notò, nonostante segnasse gol a palate da secoli (aveva già 30 anni…), e gli toccò scendere in serie B dove, tanto per cambiare, segnò come non ci fosse un domani (42 reti in due anni). Ritornò nuovamente in serie A nel Brescia di Baggio e Mazzone, quest’ultimo talvolta gli preferiva il platinato Ighli Tare. Lui con poche parole e tanti fatti ne piazzò 17 anche quella stagione. Nessuno se lo filò neppure quell’anno e così arrivò alla corte di Walter Alfredo Novellino con la maglia del Piacenza. Quell’anno il Bisonte (questo è un altro delle sue decine di soprannomi bestiali) divenne capocannoniere a pari merito con un mostro sacro del gol come David Trezeguet.

LACRIME DI HUBNER

Nato a Muggia, in provincia di Trieste, e dal cognome da nomenclatura dell’Impero Austro-Ungarico, dopo una carriera costellata di prodezze che nessuno gli ha mai riconosciuto fino in fondo, ha comprato casa e messo radici a Crema, il posto da dove è partita la sua pittoresca carriera nei professionisti. Il Bisonte del gol è uno che, con la sua incredibile reticenza a invecchiare, ha messo in discussione tutto quello che normalmente si pensa sugli atleti durevoli. Fumatore accanito fin dai tempi della serie A e amante della buona birra, sembra essere l’antitesi dello sportivo modello che mangia solo bresaola e beve acqua naturale a temperatura ambiente (che palle). Forse nella soffitta della sua casa di Crema ha un ritratto che si sciupa ed invecchia al posto suo, come il celebre Dorian Gray, sta di fatto che Hubner ha continuato a giocare (e segnare) fino alla veneranda età di 44 anni. Probabilmente ha smesso unicamente per non destare sospetti nei confronti degli altri suoi colleghi che, a differenza sua, non hanno la fortuna di giovarsi di qualche strano incantesimo. E chissà quanto dev’essergli costato dire basta più che con il calcio, con i gol. Per questo di tanto in tanto lo si vede calcare i campi dei tornei più sperduti, e tutti si meravigliano di come, alle soglie dei 50 anni, riesca ancora a fare certe cose. Ora intraprenderà la carriera da mister, ma ci scende già una lacrima al pensiero di quando giocava ancora. E ci ha fatto vincere il nostro primo Fantacalcio.

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