INVERUNO E INVERCINQUE

VOLPEFrancesco Volpe in azione con l’Inveruno (foto Gatti).

Il quinto non l’abbiamo neanche visto. Stavamo scendendo verso la sala stampa quando siamo stati attirati dall’urlo di dolore di un tifoso (“Ma noooooooooo”). A quel punto ci siamo girati verso il campo e abbiamo visto i giocatori dell’Inveruno che s’abbracciavano accanto alla bandierina del calcio d’angolo. Fortunatamente al Garilli non c’è il tabellone elettronico, altrimenti ieri avrebbe segnato 5-2 per l’Inveruno. Al Garilli non si ricorda un risultato simile dal 6-3 col Parma ai tempi della serie A, quando Alberto Malesani, col suo fare moderato, dopo il sesto gol s’era messo a fare le capriole davanti alla panchina. Cinque pere sono tante. Troppe. E’ quasi inutile star qui a parlare di fase difensiva, palla inattiva, zona o marcatura a uomo. Basta fermarsi un attimo e contare: uno, due, tre quattro, cinque. Cinque gol, una squadra che vuole vincere il campionato, non li prende. Neppure se è in giornata no, neppure se va tutto storto e la sfiga s’abbatte sul campo. Però giornate così ci sono. Capitano. E’ il calcio, come dicono i giornalisti sportivi quando non sanno più come commentare una partita. Ed è in giornate come queste che si vede chi in una squadra può fare il leader e chi invece deve adeguarsi a una vita da mediano. Ieri Francesco Volpe ha giocato una delle migliori partite da quando è tornato a indossare la maglia del Piacenza. Non tanto per il gol dell’illusione segnato dopo soli cinque minuti, ma per l’atteggiamento. Ha corso e s’è sbattuto anche sul 4-2, è stato uno degli ultimi a mollare, anzi, non ha mollato mai. Lui e il giocatore più forte del mondo, bomber Marrazzo, a un certo punto giocavano da soli. Da giocatori d’esperienza quali sono, sia Volpe sia Marrazzo devono aver capito che non ci sarebbe stato nulla da fare, però hanno continuato a correre e a giocare fino al quinto gol dell’Inveruno (anche perché poi l’arbitro ha fischiato la fine). I tifosi queste cose le notano, sono le prime a cui tengono. Infatti, quando la squadra s’è confrontata con gli ultras della curva Nord a fine partita, Volpe ha ricevuto solo complimenti. “Tu non c’entri”, gli hanno detto. Poi gli hanno chiesto una cosa: “Prendi per mano la squadra”. Questo è il momento di Francesco Volpe detto Fox. Il Piace non è più invincibile come l’anno scorso e le altre squadre vanno forte. Il nuovo mister, Roberto Venturato, ha tutti gli alibi del mondo, dato che è arrivato da appena due settimane e ha bisogno di tempo per imprimere il suo gioco alla squadra. Ma la questione non è tattica, né tecnica. Non c’entrano i singoli (o almeno non è quella la causa principale del 5-2 con l’Inveruno, anche se da qualcuno, per esempio Claudio Pani, ci si aspetta molto ma molto ma molto di più). E’ una questione di atteggiamento, ed è la prima cosa che Venturato ha sottolineato in sala stampa. La serie D non è l’Eccellenza. Se cali di concentrazione e intensità sei fottuto. Trovi giocatori come Sarr che sono sconosciuti al grande calcio ma che sanno come bisogna comportarsi con un pallone tra i piedi. E se molli un attimo rischi di prenderne uno, poi due, poi tre, poi quattro, poi cinque. Lasciando perdere alcune decisioni più che dubbie dell’arbitro, che ormai sono una costante (di recente non ricordiamo una direzione di gara come si deve, del resto gli arbitri, come i giocatori, se sono in serie D e non in serie A c’è un motivo), il Piace deve capire che in serie D, se non vai a palla, è possibile rimediare brutte figure come quella di ieri. E quando rimedi brutte figure come quella di ieri ti devi appellare ai leader come Francesco Volpe. I tifosi hanno ragione: è lui che deve trascinare la squadra in questo momento, è Volpe che deve parlare faccia a faccia con chi secondo lui non sta dando tutto, come accade in qualsiasi spogliatoio di una squadra di calcio. Volpe deve fare come noi ai tempi degli Allievi. Quando le cose si mettevano male e la nostra squadra era sotto di 6 o 7 gol (ovviamente la colpa era dell’albitro, con la elle), il mister si girava verso di noi e ci faceva alzare perché sapeva che avremmo preso per mano i compagni. Noi appoggiavamo la lattina di birra, ci alzavamo e iniziavamo a fare riscaldamento mentre il pubblico invocava il nostro nome (“e questo chi mmminchia è?”), sistemavamo i parastinchi nei calzettoni, entravamo in campo e per i cinque minuti più recupero in cui eravamo stati impiegati davamo l’anima e correvamo a perdifiato, anche a costo di sbagliare qualche passaggio per mancanza di lucidità. Poi andavamo al bar e anche lì eravamo i più carismatici, veri leader, nessuno è mai riuscito a bere quanto noi a stomaco vuoto e per questo eravamo da stimolo ed esempio per i compagni. Questo fa un trascinatore e questo – bar a parte, li ci pensano i tifosi – deve fare Francesco Volpe. Entrare in campo, farsi dare il pallone, andare, tornare, spingere, rientrare. Quello che facevamo noi all’85’ di ogni partita, quando il mister ci buttava nella mischia per fare la differenza. E non importa se eravamo gli unici rimasti in panchina.

Share

1 Comment on "INVERUNO E INVERCINQUE"

  1. Non vedevo gente correr così forte da Italia Nigeria a Usa 94′

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi