TESTO: NICOLÒ PREMOLI; FOTOGRAFIE: IDEM

A venticinque anni di età, soltanto qualche domanda ha trovato risposta, parecchie altre invece restano ancora insolute. Una di queste domande concerne un dubbio che mi accompagna da anni: come si pronuncia Coin? Coin o Còin? La querelle trova due differenti schieramenti che al contempo affrontano un altro pesante dilemma: come si legge Auchan? A parte i dubbi legati alla pronuncia, il Coin è una delle poche certezze nel bailamme dei negozi del centro che, a velocità sempre crescente, chiudono i battenti per aprirli da un’altra parte o magari non riaprirli proprio più. Il Coin per lunghi anni è stato il mio punto di riferimento per gli incontri in centro: se ero alla ricerca di un luogo conosciuto ed immutabile per un appuntamento più o meno “galante” mi bastava dire “ci troviamo davanti al Coin” per fugare ogni incomprensione. Nessuno ancora l’ha spostato e nessuno lo sposterà. E’ uno dei dati immutabili di Piacenza, come il dolmen parcheggiato a poca distanza. Il Coin è meta agognata dalle giovani (e meno giovani) piacentine, soprattutto nel settore dedicato al make up: se siete uscite di casa senza trucco non vi resta che fiondarvi sui tester presenti a pochi metri dall’ingresso. C’è di tutto: dai rossetti agli ombretti, senza dimenticare i profumi. Pesa parecchio l’assenza di uno specchio nei paraggi per evitare risultati imbarazzanti: o vi portate dietro un’amica disponibile a fornirvi preziose indicazioni o siete Clio Make Up in persona e quindi sapreste truccarvi anche da sbronze. A essere sinceri era da un pezzo che non entravo al Coin e non sapevo cosa mi avrebbe riservato il piano interrato. I miei dubbi sono subito scomparsi alla vista di un letto decisamente invitante con albero di Natale al seguito: ecco dove finiscono i commessi della Coin appena il negozio si svuota.

Oltre che senza trucco siete uscite di casa senza caffè? Ecco a voi la macchinetta più esclusiva del mondo: quella Nespresso. Né George Clooney né l’attrice caffeinomane della pubblicità sono però compresi nel prezzo (e comunque il caffè della Mediaworld è più buono).

 Nel reparto uomo sono accolto da un articolo tipicamente natalizio: una batteria di pantofole di numeri compresi tra il 43 e il 45. Ne sono rimaste decisamente poche, il rischio di ritrovarvele sotto l’albero è quindi decisamente elevato: affrettatevi a comprare gli ultimi numeri se non temete il riciclo. “Era proprio quello che mi serviva, grazie” (cit. di ogni fottutissimo Natale) Se volete regalare “qualcosa di diverso” ci sono sempre delle calze in filo di scozia di ogni genere e tipo, sia chiaro. Passo al piano superiore dedicato all’universo femminile desideroso di valutare le giovani promesse in fatto di lingerie. Ad aprirmi la porta sono invece dei pigiami anti-sesso, di babydoll da tempesta ormonale se ne vedono giusto un paio, dietro a una banda di super push-up. In compenso di slip ce ne sono da buttare, di quelli rossi non parliamone nemmeno. Ma ancora va di moda mettere le mutande rosse a Capodanno? Pensavo fossero state abolite da qualche fashion blogger. All’uscita passo sulle grate che costeggiano tutta la vetrina e l’ingresso del Coin: anche loro sono una certezza, ma in senso opposto. Un giorno di chissà quanti anni fa la chiave del lucchetto della bici mi cadde di mano e dopo due rimbalzi beffardi finì nelle viscere del Corso senza più tornare indietro. Tornai a casa a piedi e ci volle una bella faccia tosta a tornare con un tronchese in mano per liberare la due ruote. Chissà quante chiavi custodisce ancora, chissà quanti tacchi si sono incastrati lì davanti. Ci penso e rifletto: Piacenza tra pigiami di pile, grate beffarde e sampietrini non è una città per tacchi a spillo, le ballerine hanno vinto la guerra. Mettiamoci l’anima in pace.