VACCA AL TRENO

quadro treno

TESTO: MARCELLO ASTORRI; FOTO: INTERNET

Quella mattina eravamo soli sul treno. Ci eravamo presi il lusso di dormire un paio d’ore in più per evitare il casino apocalittico delle sette. Così avevamo preso il treno delle nove di mattina, tanto le prime due ore di lezione erano un pacco allucinante. I nostri soci, Mirko e il Moro, invece, erano già in trincea da veri stakanovisti, al nostro arrivo ci avrebbero sfottuti ma è lo stesso. L’intento era quello di ascoltare un po’ di musica con gli auricolari nelle orecchie durante il viaggio e, qualora al passaggio di qualche rompiscatole, chiudere gli occhi e far finta di dormire. E’ un trucchetto che, quando volete stare un po’ per conto vostro, funziona con tutti tranne che con il controllore. Evidentemente però mi sbagliavo. Cominciammo a vedere il soggetto di cui stiamo per raccontarvi dal finestrino della nostra carrozza. Correva come una disperata, attraversando i binari, tra gli insulti dei ferrovieri che le fischiavano con i loro odiosi fischietti. D’altronde attraversare i binari è vietatissimo, lo dice anche la fascinosa voce metallica che annuncia i treni: “E’ vietato attraversare i binari, allontanarsi dalla linea gialla”. Salì proprio sulla nostra carrozza, trafelata, e aveva tutta l’aria di quella che cercava qualcuno da importunare. Era una donna sulla quarantina, con il trucco sbavato e un tono di voce acutissimo. Chiedeva a tutti se avessero un biglietto in più da venderle, perché lei era senza e non avrebbe fatto in tempo ad andarlo ad acquistare. Noi eravamo lì fermi, immobili, sperando che funzionasse come con il T-Rex: se stai fermo non ti vede. Invece ci vide eccome. “Scusa tanto, non è che hai un biglietto in più? Non posso perdere il treno, devo portare delle medicine a una signora anziana che sta male!”. Probabilmente era una parente di cappuccetto rosso, pensammo. Noi in verità il biglietto in più lo avevamo, ma il nostro istinto ci  diceva che c’era qualcosa sotto. Tuttavia, dopo tutto, abbiamo il cuore tenero e le cedemmo il nostro biglietto. Purtroppo capimmo immediatamente che facevamo bene a dubitare: “Ehm… purtroppo non ho abbastanza soldi per pagartelo, però ho questo!”. Ci porse un biglietto per la tratta Milano-Lodi, peccato che noi avessimo bisogno della tratta Milano-Piacenza e che quel biglietto servisse giusto per fare i filtri delle sigarette. Decidemmo di essere ancora più santi e le regalammo il nostro biglietto. Non lo avessimo mai fatto. Si sedette di fronte a noi e iniziò a parlare indefessamente dal primo all’ultimo minuto. Per sdebitarsi ci regalò due conchiglie, uguali a quelle delle capesante gratinate che fa nostra madre alla vigilia di Natale. “Queste sono preziosissime – ci disse – vengono dalle Hawaii e portano una gran fortuna!”. Accettammo il dono fingendo un certo entusiasmo. La signora poi prese a parlarci del suo fidanzato, un macellaio di Modena: “E’ proprio un Leone (intendeva il segno zodiacale), non è mai affettuoso con me e mi fa sempre soffrire!”. Parlandoci di costui, prese la palla balzo per scroccarci una telefonata, doveva sentirlo urgentemente. Digitò il numero, aspettò un attimo e, dopo qualche secondo nei quali il telefono squillò a vuoto, ci restituì il telefono dicendo spazientita: “Questo brutto bastardo non mi risponde neanche! Quando torno a Modena lo mollo!”. Ripresi in mano il cellulare e vidi che non aveva chiuso la telefonata e il macellaio, che nel frattempo aveva risposto, sentì tutto. Le feci un gesto con lo sguardo ritornandole il telefono e lei sbiancò. La “conchigliara” qui ebbe un colpo di coda geniale: “Amore miooo! Ciao! Avevo tanta voglia di sentirti, ti ho chiamato perché volevo sapere se mi venivi a prendere in stazione stasera… vedrai dopo che sorpresa!”. Non so come, riuscì a rimediare alla micidiale gaffe. Mi piace pensare che sia stato quel “vedrai dopo che sorpresa!”.

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