IL VOCABOLARIO DEL NERISTA

bisa

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: ARCHIVIO BISA

Uno non si fa sbirro perché ad un certo punto
ha bisogno di buscare qualcosa,
o perché legge un bando d’arruolamento:
si fa sbirro perché sbirro è nato.
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta).

Al nerista non devi mai fare domande. Devi solo salire in macchina con lui. Io l’ho fatto. Era una notte d’estate e trovarono un cadavere ai Sabbioni di Sarmato. “Andiamo”.  Il nerista mise i Pink Floyd a tutto volume, abbassò il finestrino, accese una sigaretta e mi guardò: “Questa sì che è adrenalina, cazzo!”. Lui, che era un nerista, si presentò in riva al Po con le scarpe alte e i jeans. Io, che ero uno sfigato, portavo i calzoni corti e le scarpe da ginnastica. Quando fummo costretti ad attraversare un immenso campo di ortiche capii che la cronaca nera non faceva per me. In effetti, nella mia brevissima carriera da nerista, vengo ricordato per una sola cosa: in un pezzo scarno, asciutto, da nerista, scrissi “graziella dei carabinieri”.
Il nerista è un tipo strano. Prima di tutto perché veste da nerista. Chi preferisce giubbotti con molte tasche per taccuini, penne e schedine della macchina fotografica, chi si veste completamente di nero per entrare meglio nella parte, chi porta occhiali da filosofo nerista, con la montatura sottile e le lenti rotonde, ma ogni nerista possiede un paio di anfibi per affrontare i terreni più impervi quando arriva la soffiata e bisogna andare. Il nerista non conosce il fuorigioco e pensa che il cross sia un fucile in dotazione all’esercito di Sua Maestà. Il nerista fuma. Ci prova a smettere, ma non ci riesce. Pare quasi che la Marlboro rossa faccia parte dell’etica del nerista. Il nerista mangia da nerista, in  particolare cibi precotti e surgelati, panini del Mc Donald’s, kebab e piadine con cipolle e peperoni dalla Lurida. Il nerista conosce le opere di Giorgio Scerbanenco e ha visto tutti i film polizieschi degli anni ’70, colleziona modellini delle vecchie auto della polizia e cimeli della Benemerita. Il nerista s’incazza come pochi altri quando prende un buco. Il nerista dorme da nerista, con un occhio chiuso e l’altro sul display del telefono. Il nerista non ha orari. Vive di notte e di notte esce a qualsiasi ora per andare su un mortale o su una spaccata e alla mattina arriva tardi alla riunione di redazione perché va a fare i giri in questura e in caserma. Il nerista fa all’amore da nerista. “Quando succede qualcosa devi staccarti subito da quello che stai facendo, anche se sei con una splendida donna” spiega alla Batusa l’ex nerista della Cronaca e attuale responsabile del Piacenza.it, Giampietro Bisaglia, quello che anni fa mi portò in mezzo alle ortiche ai Sabbioni di Sarmato dopo il ritrovamento di un cadavere.
Bisaglia è uno dei quei neristi piacentini che, leggendo il bando del Comune, andrebbe sensibilizzato perché usa espressioni un po’ troppo forti. Il punto è che il nerista, prima di tutto, scrive da nerista. Ha storicamente uno stile asciutto, essenziale, bada molto alla sostanza e poco alla forma, azzerando le invenzioni letterarie e i neologismi, chi-dove-come-quando-perché, le famose cinque domande che t’insegnano anche nella redazione di un giornalino scolastico. Io ti do la notizia, poi fai tu. Usa frasi fatte e stereotipi che stilisticamente possono piacere o meno, ma questo è il vocabolario del nerista. “Al corso dell’ordine dei giornalisti, quello che ti introduce all’esame da professionista, t’insegnano che la regola da seguire per una prima pagina ideale è quella delle tre “s”: soldi, sesso, sangue” dice Bisaglia. “Il lettore, a Piacenza come a New York, è attirato da un certo tipo di notizie. Premessa doverosa: quando sei alle prime armai t’insegnano che una brutta notizia fa più notizia di una bella notizia. Tutti noi vorremmo leggere solo belle notizie sui giornali, ma è un dato incontestabile sull’appeal verso il lettore”. Mi metto nei panni di un rappresentate del Comune che ha approvato il bando, che so, il sindaco. Ti potrei chiedere: non è che per attirare il lettore usi apposta titoli forzati ed espressioni crude? Rispondi in maniera esaustiva, altrimenti ti tolgo la delega alla cronaca nera e la do a Giorgio Cisini. “Un fatto di cronaca nera – prosegue Bisaglia – che sia una rapina, un furto, un omicidio o uno stupro, in un giornale avrà una visibilità maggiore rispetto alle altre notizie, proprio perché attira di più il lettore. Così, se parliamo di un giornale cartaceo, la notizia di nera viene “spinta” sulla prima pagina o sulla locandina, oppure nelle prime posizioni della homepage su un quotidiano online. Per quanto riguarda la titolazione, sempre seguendo le regole giornalistiche, dev’essere immediata, senza giri di parole. Questo è un altro insegnamento che mi hanno dato: in un titolo meno parole ci sono e meglio è. Il titolo dev’essere diretto, forte, d’impatto, per colpire il lettore che dovrà poi comprare il giornale o cliccare sulla notizia. Poi è chiaro che ci sono dei limiti dettati dalla continenza che deve avere il linguaggio. Il titolo spinto all’eccesso non è mai una buona cosa, mentre sulle espressioni e sulle frasi fatte che fanno parte del vocabolario del nerista potremmo dibattere all’infinito. Termini come sventrato, spappolato, trucidato, per citarne alcuni propri del nostro linguaggio, vanno contestualizzati alla notizia. Esempio: un paio d’anni fa una ragazza venne uccisa a Ferriere con più di 120 coltellate.  E’ chiaro che il titolo di una notizia simile non può che essere forte, per descrivere meglio e con immediatezza – ma senza crudeltà – il fatto. Infierire con più di 120 coltellate sul corpo di una ragazza significa trucidarla. Al contrario, se una persona prende tre coltellate nella schiena e si parla di trucidare, siamo completamente fuori dal contesto, anche se nessuno potrà redarguire né sanzionare il giornalista per aver usato quel verbo. Però è chiaro che il lettore, che non è stupido, s’accorge quando un titolo viene portato all’eccesso rispetto alla notizia che contiene”. Bisaglia sa molte cose. Fa questo lavoro da anni e si vede. Se fossi in lui, manderei il curriculum al Comune.
A proposito, come hai preso la storia del bando comunale? Sai che ti vogliono sensibilizzare? “Mi riservo di leggere bene tutte le carte. Parlo in generale. Prima di tutto – dice ancora Bisaglia, che ha da poco venduto la sua Smart con gli adesivi per passare a una Mini Cooper S, più veloce e scattante per stare dietro alle ambulanze e alle autopompe – penso che se qualcuno volesse veramente dare delle direttive sull’uso della lingua italiana, e in particolare sul linguaggio della cronaca nera, dovrebbe essere una persona che conosce bene questo mestiere e che l’ha fatto, come minimo. Se la critica può venire da chiunque, da mia madre come dall’ufficio stampa del Comune, deontologicamente non è accettabile che vengano dettati consigli di comportamento. La cronaca nera, rispetto a tutti gli altri settori del giornalismo, è la più peculiare e la più difficile da fare e da interpretare. E’ un genere di giornalismo così particolare che solo chi c’è dentro può capirne le dinamiche ed eventualmente dare consigli”. Bisaglia fa la tipica vita da nerista, quella con gli anfibi, i kebab e i laghi di sangue. “Quando un nerista si trova a fare altro si sente svilito perché gli manca il Viagra, gli manca qualcosa, anche se sta seguendo l’evento politico, economico o sportivo più importante del mondo. E’ un modus vivendi, uno stile di vita che t’appartiene, lo senti tuo e non puoi farne a meno, e chi ti sta vicino, chi ti vuole bene, deve adattarsi alla vita da nerista. Non sarai tu a cambiare per gli altri e…”. Stai diventando troppo romantico. Ciao Giampietro, grazie mille.

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