RICORDATELI COSÌ

Ricordateli così. Mentre bevono un doppio Gatorade con ghiaccio. Ricordateli così. Col sorriso sulle labbra e il pallone tra i piedi. Un defibrillato, due dispersi, tre persone al pronto soccorso, due ustionati per il caldo: è questo il triste bilancio della partecipazione della Nazionale dei giornalisti piacentini al torneo di calcetto organizzato dai giovani industriali, dal Cai e dal Piacenza Calcio. Una squadra di uomini veri che noi della Batusa abbiamo avuto l’onore di condurre a conquistare un punto in tre partite, al netto di 4 gol fatti, 13 subiti, 2 traverse, un palo e la decapitazione di un cavallo del Mochi,
A nostra parziale discolpa dobbiamo precisare che le altre squadre avevano, tra gli altri, giocatori semiprofessionisti. Noi abbiamo trovato il portiere solo per l’ultima partita, che non contava niente perché ormai eravamo già stati eliminati. Non sappiamo neanche come si chiama, il nostro portiere. Sappiamo solo che gioca nel Pittolo. Se lo conoscete, ditegli che c’è posta per lui e che vorremmo rivederlo per ringraziarlo.
Il torneo in Piazza Cavalli è stato fichissimo. Ci hanno dato anche un sacco di pane gratis. A parte questo, la prestazione della squadra dei giornalisti è stata di buon livello. Abbiamo giocato coi rappresentanti di tre importanti aziende piacentine come la Formec Biffi, la Jobs e la Saib. La Formec Biffi (per cui, abbiamo scoperto, lavorano Higuain e Dybala), è arrivata seconda. La Jobs, quarta. La Saib l’abbiamo pagata coi pugliesi che avevamo avanzato per pareggiare.
Alla fine ci hanno anche dato una targa. Alla memoria. Per questo, vogliamo ricordarli così, uno per uno. Ecco gli eroi che questa mattina sono finiti su Libertà (e non nelle ultime pagine) e che ieri hanno permesso alla squadra dei giornalisti di uscire dal campo a testa alta perché erano tutti bloccati con la schiena.

Alessandro Battini: comincia in porta, poi fa il difensore, poi l’ala, poi il centrocampista centrale. Finisce come parcheggiatore abusivo in piazza Cittadella. In campo è il solito lottatore, anche se mentre corre perde i biglietti del parcometro che aveva racimolato qualche minuto prima.
Andrea Crosali: anche lui portiere, prende gol da 35 metri. Il campo è lungo 25. Si rifà sfiorando la marcatura personale con un’azione incontenibile sulla fascia. Nel riscaldamento si esibisce in 4-5 palleggi di testa e guadagna 20 centesimi senza neanche il cartello con scritto “ho fame”.
Matteo Marchetti: durante il riscaldamento un giocatore avversario scaglia una fucilata che abbatte due piccioni e lo colpisce in pieno volto. Il bello è che era sotto i portici del Gotico. Il brutto è che quello è stato l’unico pallone che ha toccato. Indossa la fascia di capitano e segna un gol d’opportunismo davanti alle figlie. Prima della partita aveva confessato di voler fare come Totti e ci riesce, nel senso che vuole fare la formazione al posto del mister.
Paolo Menzani: si sacrifica tra i pali e finisce al pronto soccorso per una brutta contusione al polso che per un po’ non gli permetterà di scrivere. Non potevamo pensarci prima?
Carlo Gobbi (Boero): uomo di grande esperienza, quando è in campo dispensa saggezza e quando è fuori sparisce. Tra una partita e l’altra non si sa dove va. Poi, quando l’abbiamo visto sotto i portici impegnato in un’esibizione di hip hop con due ecuadoregni, abbiamo capito.
Marcello Tassi: non lo conosceva nessuno e, quando finisce il torneo, non lo conosce ancora nessuno. Alle 15,45 Marchetti esclama: «Ma perché quel Tassi non è venuto?». In campo, però, si vede eccome. Grinta al servizio della squadra e un interrogativo che, come Stefano Fassina, si porterà dietro per tutta la vita: «Tassi chi?».
Marcello Astorri: per una volta non c’è Giacomo Spotti di SportPiacenza che gli rompe i coglioni e lui può sfogare tutta la repressione accumulata in un anno di campionato passato a intervistare il centravanti del Mapello Bonate, professione meccanico. Si piazza al centro del campo e non risparmia qualche entrata decisa al grido «toh, Spotti maledetto!».
Marco Civardi: si nasconde fino all’ultimo, «non so se gioco», «magari vengo a vedere», «se proprio avete bisogno…». Poi arriva in calzoncini, scarpe da calcetto e il pallone sottobraccio: «Il pallone è mio e le squadre le faccio io». Tu dagli della focaccia gratis e lui ti ripagherà con una prestazione ordinata e volenterosa.
Mattia Motta: prende il palo, rimbalza sul portiere ed entra. Il culo del sindacalista. Poi ci riprova e riprende il palo, ma stavolta la palla esce. La sfiga del giornalista. Pressa a tutto campo e cerca di convincere gli operai delle varie aziende a farsi fare un Co.co.co. e a denunciare la loro condizione di sfruttati. Gli operati gli dicono che sono tutti molto contenti della loro condizione lavorativa e allora inizia a battibeccare con quelli della Jobs perché, dice, si chiamano come il provvedimento del governo Renzi che ha abolito l’articolo 18.
Pierfrancesco Malchiodi (Pier): raccomandatissimo da noi della Batusa, non delude le attese. Segna il primo gol con un diagonale preciso che l’arbitro assegna ad Astorri. Passa i successivi cinque minuti a cercare di convincere l’arbitro che il gol l’ha fatto lui. I veri bomber, a certe cose, ci tengono. Prende una traversa su punizione nella seconda partita, segna anche nella terza, quando fa sedere il portiere e appoggia a porta vuota. Poi vede sua moglie tra il pubblico, s’intristisce e sbaglia un tiro libero che non avrebbe mai sbagliato. Quando vede che tra il pubblico c’è anche sua madre, scaglia il pallone all’Upim e decide che il 2-2 può andare bene.
Portiere del Pittolo: arriva lui e i compagni di squadra si commuovono. Lo toccano, infilano le dita tra le piaghe della sue pelle come gli apostoli col Cristo risorto. «Allora sei davvero un portiere!». Arriva dalla Besurica in bici, gioca 20 minuti, fa un paio d’interventi decisivi e torna alla Besurica in bici mentre tutti gli urlano «ma vai a Pittolo!».
Allenatore, la Batusa: purtroppo non abbiamo i soldi per comprare le partite e la Formec Biffi si assicura i favori dell’arbitro con una tessera del Pizzaio e una chiave del 12. Lo spogliatoio è unito e avrà pane per i prossimi 15 anni, anche se un punto in tre partite non ci risparmiano dalle critiche. Giornalisti infami.
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