Le giacche e le cravatte, la brillantina sui capelli, il bianco e nero, ma soprattutto il grigio Dc. È il momento del nostalgico democristiano. 

TESTO: GAETANO COSTA FOTO: INTERNET

Non ho mai vissuto la prima Repubblica. Ecco perché ho nostalgia della Dc. La mattina mi sveglio e mi chiedo: loro avevano Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Francesco Cossiga. Noi abbiamo Pippo Civati e Danilo Toninelli. E l’emblema dello scudo crociato, oggi, resta Pier Ferdinando Casini, democristiano solo quando si tratta di scegliere i partiti con cui farsi eleggere. Gli manca solo la Südtiroler volkspartei. 

Mi manca il bianco e nero. Ma soprattutto mi manca il grigio Dc. Mi mancano le giacche e le cravatte. Mi manca la brillantina sui capelli. Mi manca l’eleganza, lo stile, la sobrietà di chi al Papeete preferiva Montecitorio e di chi alle piattaforme online anteponeva il voto in aula. E non perché non esistessero le piattaforme online: Rousseau, per la Dc, era e sarebbe rimasto un filosofo. 

Ascolto Luigi Di Maio e mi assale la voglia di Tangentopoli. Guardo il Pd e ripenso ai tempi della P2. Le stanze segrete, i palazzi del potere, il fascino esoterico dello Stato. Vedo Giuseppe Conte. Lo vedo ovunque. Lo vedo troppo. Vedo Silvio Berlusconi. Ma non so se è lui. Vedo Beppe Grillo. Ma non pago il biglietto per vederlo. Vedo Vito Crimi. Lo vedo bene a Chi l’ha visto? Vedo Dario Franceschini. Non ne posso più di vederlo. Vedo Matteo Salvini. Ma ora si vede un po’ meno. 

Non c’entra la retorica del passato che è sempre meglio del presente. Semplicemente il passato è tutto. Non ci sono confronti, paragoni, similitudini. Ridatemi Andreotti, sempre che non si trovi su un’isola esotica con Elvis Presley e Marilyn Monroe. Fatemi morire democristiano e non grillopiddino.

Qui il nostalgico leghista, il nostalgico democratico, il nostalgico di An e la nostalgica radicale