L’INDUSTRIALE SENZA FRENI

TESTO: FILIPPO MERLI

 

Luciano Arici ha fegato. Forse non ha avuto paura neppure l’altra notte, quando s’è trovato di fronte tre rapinatori con il volto coperto e la pistola in pugno che volevano svuotare la cassaforte dell’Lpr, sede centrale di Rottofreno. Arici ha reagito per metterli in fuga e si è arreso dopo un colpo in testa con il calcio di un’arma. Chi lo conosce dice che tornerà molto presto dietro la scrivania, perché l’Lpr è Luciano Arici e viceversa. Bresciano d’origine e piacentino d’adozione, tifoso sfegatato dell’Inter (la leggenda narra che anche le pareti del bagno di casa siano dipinte di nerazzurro), Arici ha imparato il mestiere dal padre Pietro, proprietario di una piccola officina meccanica. Ha cominciato da semplice operaio, con la tuta la lavoro e mani sporche di grasso, ed è passato presto negli abiti eleganti dell’imprenditore. Il suo impero è nato sul finire degli anni Settanta con un capannone a Rivasso, dalle parti di Agazzano, dove si producevano componenti per i freni. Nel 1994 il fiuto per gli affari lo ha portato a sponsorizzare la monoposto Benetton nel campionato di Formula Uno. Alla guida c’era un giovane pilota di nome Michael Schumacher, che proprio quell’anno ha vinto il primo mondiale della carriera. I nome dell’Lpr, insieme con quello di Arici, comincia a circolare anche al di fuori dei confini italiani.

TORINO, STORIA DI UN GUAIO GIUDIZIARIO

Ma questa stagione non porta soltanto soldi e pubblicità. Nel 1995, Arici è coinvolto in un’inchiesta della procura di Torino. “Le indagini della Guardia di Finanza – scriveva il Correre della Sera il 28 novembre 1995 – avrebbero permesso di accertare negli ultimi cinque anni un giro di fatture gonfiate per 26 miliardi di lire. Denaro finito in sponsorizzazioni per la Formula Uno”. Arici resta per qualche giorno nel carcere delle Vallette di Torino. Quando la vicenda si chiude, l’industriale sposta la sede dell’Lpr da Rivasso a Rottofreno. E investe ancora nello sport: prima sponsorizza il Piacenza Calcio nella stagione 2002-2003, l’ultima dei biancorossi in serie A, poi passa al ciclismo nel 2004 con l’Lpr Farnese. Il team manager Fabio Bordonali porta in squadra Danilo Di Luca, vincitore del Giro d’Italia del 2007, e Alessandro Petacchi. Ma l’avventura nel mondo delle due ruote s’interrompe nel 2009, con un controllo antidoping positivo al campione Di Luca. Ad Arici resta la passione per l’Inter. Nel 2009-2010, quando la squadra di José Mourinho conquista il Triplete, all’ingresso del quartier generale di Rottofreno sventola il vessillo nerazzurro, mentre il logo dell’Lpr compare sui banner a bordocampo nelle partite esterne dell’Inter. L’anno scorso Arici è stato l’unico imprenditore ad andare in soccorso al Piacenza Calcio – ormai sull’orlo del fallimento – con una nuova sponsorizzazione.

DALL’OFFICINA ALLA MOVIDA

I milioni si investono per fare altri milioni. La massima di ogni imprenditore, nel caso di Arici, si converte nei locali notturni. Se bevi un bicchiere in una discoteca piacentina è molto probabile che quel bicchiere sia di proprietà sua. Avila, Sonnambula, Dogana, Village sono legati alle società dell’industriale bresciano. Come il River Park, il parco acquatico di Rivergaro che sorge in via Pietro Arici. “La fortuna dell’Lpr è il suo proprietario – dice alla Batusa un ex dipendente dell’azienda di Rottofreno – E’ uno vecchio stampo, resta in ufficio fino a tarda sera e ogni giorno fa il giro degli stabilimenti per vedere che tutto sia in ordine. A volte è in giacca e cravatta che fruga fra i pezzi di scarto per vedere se si può salvare qualcosa”. Oggi l’Lpr conta più di 700 dipendenti. L’azienda ha uno stabilimento a Brescia e depositi a Francoforte, Skopje, Saragozza, Budapest e Saint Louis, negli Stati Uniti. La nuova frontiera è la Cina, dove l’Lpr vuole espandersi dopo aver avviato uno stabilimento di produzione a Zhuhai. I tre figli di Arici, Alberto, Stefano e Pietro Michele, sono pronti a seguire le orme paterne. Oggi come oggi, però, comanda ancora lui, Luciano Arici. L’uomo che non si ferma neppure davanti a una pistola.

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1 Comment on "L’INDUSTRIALE SENZA FRENI"

  1. FILIPPO sei un grande…

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