LA TERRA DI MEZZO

Molti pensano che Piacenza sia più lombarda che emiliana. Ma sessant’anni fa dicevano che eravamo toscani (e si inventarono la Lunezia). Ecco la quarta puntata di “Quo vadis, Piacenza”, la nostra ricerca sul futuro della Provincia.

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Piacenza era in Lombardia anche per gli inviati di “90° Minuto”. Ai tempi della serie A accadeva spesso che i giornalisti della Rai in collegamento dallo stadio Garilli esordissero così: “Prendiamo la linea da Piacenza, dove la squadra lombarda ha battuto…”. Il lapsus era comprensibile: Piacenza è storicamente e culturalmente più vicina alla Lombardia di quanto lo sia all’Emilia Romagna. Ecco perché, nel rebus delle province, l’unione con Lodi pare la soluzione più logica. Il problema è che Piacenza non è neanche lombarda. E’ una terra di mezzo che qualcuno, sessant’anni fa, sosteneva fosse addirittura toscana. I promotori di tale tesi erano i fautori della Lunezia, una nuova regione che avrebbe dovuto comprendere le province di La Spezia, Massa Carrara, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Mantova (in origine sostituita da Modena) più una parte di Cremona e Lucca. Il termine fu coniato nel 1989 dal giudice Alberto Grassi in occasione della riunione del comitato promotore della nuova regione, ma la storia della Lunezia ha radici più lontane.

 DAL GIORNALE ALLA COSTITUENTE

Alla vigilia dell’Assemblea Costituente (l’organo preposto alla stesura della Costituzione italiana), le cui sedute si svolsero tra il 1946 e il 1948, il senatore Giuseppe Micheli lanciò sulle colonne del giornale La Giovane Montagna l’idea di una regione emiliano-lunense (la Lunezia) che unisse le province di La Spezia, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e il circondario di Pontremoli. Il progetto, durante la Costituente, fu appoggiato dal ministro degli Esteri Carlo Sforza, originario di Montignoso di Lunigiana – la regione storica suddivisa tra Liguria e Toscana – che più di tutti spingeva per la creazione della Lunezia. Sforza chiese che alla nuova regione venisse inclusa tutta la provincia di Massa Carrara fino a Montignoso, proposta sostenuta da altri nove deputati che, durante le sedute con i padri fondatori della Costituzione, tentarono di creare tre diverse regioni: l’Emilia, la Romagna e la Lunezia, di cui avrebbe dovuto far parte anche Piacenza.

LA LUNEZIA VIVE

Nel luglio del 1946 la commissione per la Costituzione propose l’istituzione delle regioni ad autonomia ordinaria: tra queste c’era anche l’Emilia Lunense, ovvero la Lunezia. La decisione definitiva venne affidata al plenum costituente. Il 18 dicembre 1946 la proposta fu approvata: tra le regioni italiane comparivano anche l’Emilia Appenninica e l’Emilia Romagna, ma un anno dopo, nel febbraio del ‘47, la questione venne riaperta dalla deputata Nilde Iotti. Che, riferendo il parere del segretario del Partito Comunista Italiano, o Pci, Palmiro Togliatti, durante la Costituente chiese la sospensione di ogni decisione in merito alla nuova regione. Alla fine il progetto della Lunezia venne accantonato e si decise di mantenere la vecchia Emilia Romagna. Ma la Lunezia vive ancora. Negli anni seguenti i sostenitori del progetto hanno riproposto l’opportunità di creare la Lunezia unendo le province di Parma, La Spezia, Piacenza, Mantova (al posto di Modena), Reggio Emilia e Massa Carrara, oltre alla Garfagnana – una regione della provincia di Lucca tra le Alpi Apuane e l’appenino Tosco-Emiliano – e una parte della provincia di Cremona. Oggi i sostenitori della Lunezia sono sparsi per la Toscana, in particolare a Massa Carrara, mentre a Piacenza è solo una vecchia storia che in pochi ricordano. Non siamo emiliani, ci sentiamo un po’ un lombardi, ma sessant’anni fa pensavano che fossimo toscani.

Qui la prima, la seconda e la terza puntata dell’inchiesta

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