IL FESTIVAL DEL DIRITTO E’ UNA BOIATA PAZZESCA

TESTO: FILIPPO MERLI

Il Festival del Diritto è pallosissimo. E’ noioso il diritto in sé, se poi i temi dei vari incontri vengono affrontati con piglio da ottantenne, allora buonanotte (in tutti in sensi). Ieri, dopo l’inaugurazione della quinta edizione del Festival più pacco del mondo, è iniziato il giro di incontri tra la sala dei Teatini, l’auditorium di Sant’Ilario e Palazzo Gotico. Prima ha parlato Stefano Rodotà, giurista, costituzionalista e gran cerimoniere del Festival; poi è toccato a Gad Lerner, che si è espresso sulla convivenza interetnica con specifico riferimento al decalogo di Langer (non sapete di cosa stiamo parlando? Neanche noi); quindi gran chiusura a Palazzo Gotico con Moni Ovadia, che ormai ha la residenza a Piacenza (l’ultima volta è stato qui tre mesi fa). Le solite facce, le solite cose trattate a ritmo lento.

 MI STRUGGO AL FESTIVAL

Le testate piacentine sparano titoloni entusiastici. Uno legge e pensa “beh, che figata questo Festival del Diritto”. Poi guardi le foto e vedi che il più giovane del pubblico ha la dentiera. L’età media è quella di una bocciofila, c’è solo qualche piccolo pazzo che deve’essere stato mollato dalla morosa e vuole struggersi con una conferenza sugli effetti collaterali dell’antirealismo. Già i temi trattati sono per forza noiosi – stiamo parlando di diritto, non di valvole e pistoni – e non attirano i giovani, figuriamoci se poi non si fa qualcosa per rendere gli incontri minimanente interessanti. Pensate se a discorrere di conflitti internazionali ci fossero stati, per esempio, Sallusti e Travaglio, o se a parlare di conflitti e riforme degli anni Settanta fossero stati invitati Ferrara e Padellaro, o se il tema “immigrazioni e nuovi diritti” fosse stato affrontato da Feltri e Adriano Sofri. Forse la storia sarebbe un tantino cambiata.

 IL GRAN PIENONE LO FANNO GLI ALTRI

I giornalisti al seguito del Festiva girano con la loro borsina blu e rimbalzano da un incontro all’altro. Si annoiano a morte anche a loro e sognano di fare un titolo come quello della Batusa, ma non lo possono scrivere. Allora, come Libertà, scrivono che  “decolla la quinta edizione della kermesse, la più difficile per il venir meno delle risorse, la più coinvolgente per l’attuale momento storico. Subito gran pienone da Rodotà, Lerner e Ovadia”. Ma il gran pienone è un’altra cosa (e lo sanno benissimo anche loro). Il gran pienone – pienone non era sufficiente – è quello che ogni anno fa registrare il Festival della Letteratura di Mantova. Quest’anno c’erano 102mila persone (e 240 incontri erano pure a pagamento). C’erano il premio Nobel Toni Morrison ed Ermanno Olmi, però. Il gran pienone è quello del Festival della Filosofia che si è svolto tra Modena, Sassuolo e Carpi: quest’anno 184mila presenze, 150 testate accreditate, 60 interviste radiofoniche, servizi su tutti i tigì nazionali oltre a troupe di Ballarò e Rai Educational. E non veniteci a raccontare che la letteratura e la filosofia non sono materie pallose. Lo sono tanto quanto il diritto. Tutto sta nel trattarle in modo rock e non lento.

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  1. È ANDATA ANCHE QUEST’ANNO | LA BATUSA

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