NEREO

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TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

Cari mangiatori della Batusa, mi siete mancati e chiedo perdono per questa breve lontananza, assolutamente non dovuta a lavande gastriche o disintossicazioni, come domandato a mia madre al supermercato perché sorpresa a comprare del bicarbonato per sbiancare i denti al cane. Così, mentre controllavo l’agenda, dove mi sono annotato i locali ancora da visitare, ho ritrovato un appunto fatto mesi prima, di cui non avevo più ricordo: “21 dicembre fine del mondo.” Immagino che la retorica e la martingala di boiate scritte al riguardo vi abbiano quasi stancato, ma in fondo in fondo, là nei nostri intestini allenati, abbiamo tutti quella domandina senza risposta: e se i Maya avessero ragione? Bene, ragioniamo quindi in quest’ottica: se i Maya avessero ragione, la sera del 20 dicembre sarebbe la nostra ultima cena, quella dei condannati a morte, quella dove “basta chiedere e ti sarà portato”; indi per cui, cosa vorremmo? Riconosco che questa previsione sia un tantino pessimistica, là dove il continuo spazio tempo viene a implodere su se stesso vedendo la fine dell’universo conosciuto, ma non mi sembra ragione sufficiente perché io come da abitudine alle 19 rinunci al mio aperitivo e alle 21 alla cena.

UN’OLIVA PRIMA PRIMA DELL’INIEZIONE LETALE

Qualche mese fa un fotografo americano, mister Hargreave, ebbe a mio giudizio un’idea geniale, ovvero ricostruire nel suo studio tutti gli “ultimi pasti” dei killer condannati a morte e fotografarli. Ronnie Lee Garden, bravo ragazzo di 49 anni, Utah, furto, rapimento e omicidio di due persone. Ucciso da un plotone di esecuzione il 18 giugno 2010. Il suo ultimo pasto è stato aragosta, bistecca, torta di mele e gelato alla vaniglia. Il tutto consumato davanti alla proiezione della trilogia del Signore degli anelli. Victor Feguer, 28 anni, Florida, accusato di rapimento e omicidio. Ucciso con un’iniezione letale il 15 marzo 1963. Come ultimo pasto ha chiesto una singola oliva con il nocciolo. Forse voleva strozzarsi da solo. Allen Lee ”tiny” Davis, 54 anni, Florida, accusato dell’omicidio di tre persone. Morto l’8 giugno 1999 sulla sedia elettrica. Come ultimo pasto ha chiesto code di aragosta, patate fritte, gamberi fritti, vongole fritte e pane all’aglio. Tutto fritto, come lui. E ancora: John Wayne Gacy, 52 anni, Illinois, accusato di violenza sessuale e omicidio di 33 persone. Ucciso con un’iniezione letale il 10 maggio 1994. Come ultimo pasto ha consumato pollo fritto, patatine fritte e fragole. Prima di essere accusato di omicidio Gacy aveva gestito tre ristoranti Kentucky Fried Chicken. Alla luce di questi esempi, io non voglio certo farmi trovare impreparato la sera del 20 dicembre, così macina che ti rimacina, ho pensato quale sarebbe il mio ultimo menu ideale prima di essere condannato a morte da quei menagrami di messicani.

FEGATO ESPLOSO, PEPE VERDE, GELATO

I miei due antipasti preferiti: fois gras avec morceaux (ovvero dove il fegato esploso poi viene sapientemente svenato per evitare che diventi amaro) e a seguire escargot bourguignon, dove l’aglio la fa da padrone, ma tanto il giorno dopo mica dovrei baciare nessuno. Un risottino al dente, quasi croccante mantecato con il castel magno, il mio formaggio preferito, e un filetto al pepe verde (il pepe verde lo eviterei solo in caso l’esecuzione venisse rimandata di 24 ore. Non vorrei passarle in piedi senza potermi sedere). Dolce: gelato. Chiaramente il tutto bagnato con pinot nero, tanto il giorno dopo non avrò il mal di testa.  Ah, non aspettatevi poi troppo dalla fine del mondo. Al prossimo boccone!

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