IO GAY

Se bevi caffè macchiato non significa che sei gay. Però Valeriano Scassa è presidente dell’Arcigay di Piacenza e dice che gli omosessuali sono ovunque, anche nello sport e nel mondo politico piacentino. Spesso le loro storie sono tragiche, come il sessantenne che aspetta la morte dei genitori per dichiararsi e il ragazzo che aveva una relazione clandestina e non è stato informato della morte del compagno. Ecco la prima puntata di “Belle al Bar”.

VALERIANO OK

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTO: INTERNET

Se ordini caffè macchiato non significa che sei gay. Però Valeriano è gay. E’ il presidente del comitato Arcigay di Piacenza e provincia, l’Atomo. Ci troviamo in un bar del centro perché vogliamo sapere tutto sugli omosessuali piacentini. Quanti sono, dove sono, se sono in Consiglio comunale o nelle squadre sportive della città. Valeriano ha un giubbotto di jeans e il cappellino. Mette una bustina di zucchero nel caffè, gira il cucchiaino e comincia a parlare. Noi beviamo birra, ma non è una questione di eterosessualità. E’ che ci piace la birra. “Pur non avendo una sede fissa – dice Valeriano Scassa – organizziamo incontri appoggiandoci allo Spazio 4. Noi dell’associazione abbiamo un sito internet (piacenzagay.blogspot.it) e ci troviamo un paio di volte al mese. Ogni volta affrontiamo temi e dibattiti diversi, non necessariamente legati all’omosessualità”. A Piacenza gli iscritti all’Arcigay sono 880, di cui 158 donne, ma solo una cinquantina di loro partecipa alle riunioni del comitato. “Quest’ultimo dato – prosegue Valeriano – è indicativo: significa che molti omosessuali piacentini non vogliono esporsi e proferiscono andare a divertirsi fuori città piuttosto che partecipare ai nostri incontri”. Valeriano beve il caffé macchiato e dice che il rapporto tra i gay piacentini e le istituzioni cittadine è contraddittorio. “Ci sono assessori e consiglieri comunali che in passato si sono interessati alle nostre questioni, ma quando è il momento di fare i fatti la cosa diventa un po’ più problematica. Nel maggio 2011, per esempio, in Consiglio comunale era passata una mozione contro l’omofobia, che impegnava il Comune a organizzare un tavolo di discussione su questo argomento, ma è passato più di un anno e non si è concretizzato nulla. Non sembra, ma il problema dell’omofobia a Piacenza c’è eccome, solo che non emerge perché le persone se lo tengono dentro. Abbiamo avuto casi di discriminazione in famiglia e sul lavoro, ma le vittime preferiscono tenersi tutto per sé. La vivono privatamente e pensano di non poter avere un supporto”.

LA RIVOLUZIONE DEL WEB

La birra è ottima. Valeriano continua a parlare. Gioca con la tazzina e spiega che alle riunioni dell’Arcigay partecipano anche parecchi eterosessuali. “Molti s’informano perché vogliono difendere i nostri diritti, e poi magari hanno parenti gay… Scusa, ma sta registrando bene questo coso?”. Il registratore è vecchio, ma funziona. Tranqui. “Una volta essere gay era più complicato. Prima di internet e degli smartphone, se volevi conoscere gente dovevi mettere annunci sui giornali o dovevi trovarti in luoghi d’incontro in cui solo Dio poteva sapere chi incontravi. Io, essendo una persona tranquilla e timida, non mi scalavo ad andare in certi posti”. Il nostro bicchiere è quasi a metà. “Una volta, siccome le occasioni di incontrare persone erano rare, era sottinteso che quando t’incontravi dovevi andare al dunque, per dirla in maniera politicamente corretta. Mi raccontavano che in questo modo si creavano situazioni imbarazzanti in cui, pur magari senza essere convinto, alla fine cedevi. E stavi male, perché non era quello che volevi”. La birra va giù che è un piacere. Dalle parole di Valeriano s’intuisce che internet ha rivoluzionato la vita degli omosessuali. “Prima usare le chat poteva essere pericoloso, mente adesso ci sono vari modi di verificare chi è veramente l’altra persona. Puoi sempre incontrare degli squilibrati, ma è molto più difficile. E poi oggi, a differenza di una decina di anni fa, ti puoi incontrare senza problemi in un luogo pubblico, quindi è raro che accada qualcosa di pericoloso”. Accendiamo una sigaretta. Valeriano non fuma. “Quelli che continuano  a preferire incontri segreti – racconta Valeriano – sono i gay extracomunitari, perché vengono da culture in cui la repressione è ancora forte, simile a quella che c’era in Italia una trentina d’anni fa”.

STORIE

Il barista, un ragazzo elegante col grembiule legato in vita, chiede a Valeriano se desidera qualcos’altro, Valeriano è a posto così. “All’inizio ero sconvolto ad ascoltare le storie di chi frequenta il nostro circolo. Si va dal sessantenne che non ha il coraggio di dichiararsi prima che i genitori siano morti alla persona che ha avuto una relazione clandestina per trent’anni e quando il compagno si è ammalato di tumore non gli è stato detto niente. Insomma, si è ritrovato “vedovo” senza neppure saperlo. Abbiamo avuto il caso di una ragazza che è andata a vivere con la sua compagna, i genitori lo sono venuti a sapere, hanno buttato giù la porta e hanno picchiato la compagna. L’ultima, in ordine di tempo, è la storia di un ragazzo che è stato scoperto dai genitori e che è stato obbligato a “dimenticarsi” di essere omosessuale per continuare a vivere con loro, altrimenti lo avrebbero buttato fuori di casa con la minaccia di non pagargli più gli studi e tutto il resto. Sono storie tragiche e ce ne sono tante, anche più pesanti di quelle che ti ho raccontato”. La birra è quasi finita. “Per quanto riguarda la mia storia, è stata una cosa molto spontanea. Fin da piccolo mi piaceva disegnare, e mi rendevo conto che disegnando certe cose provavo sensazioni particolari. Avevo dieci anni. All’epoca pensavo di essere un caso anomalo, poi mi sono accorto di non essere solo. Non ho mai avuto problemi neppure con i miei genitori, che hanno accolto il mio essere omosessuale con un silenzio assenso. Certo, hanno una mentalità un po’ retrò, e non fanno i salti di gioia sapendo che il figlio è presidente dell’Arcigay, ma non mi hanno mai ostacolato in niente”.

RESTA LA SCHIUMA

Senti Valeriano, facciamo una cosa alla Cecchi Paone. Ci sono gay nel mondo dello sport piacentino? “Oh! Hai voglia! Solo che lo tengono nascosto. Parlo anche di sportivi che hanno fatto carriera a livello nazionale. Però, per esempio, se uno fa il calciatore e confessa di essere gay, una volta che ha finito di giocare e si mette a fare l’allenatore di squadre giovanili, chi vuoi che porti un bambino da una persona dichiaratamente omosessuale?”. E nel mondo politico piacentino ci sono i gay? “Tra Piacenza e provincia, sì. Ci sono anche molti politici che hanno parenti omosessuali, ma anche in questo caso sono molto riservati”. La birra è finita. Resta la schiuma. Valeriano, hai un compagno? “No”. Adotteresti un figlio? “Da solo no. Personalmente conosco gay a cui non affiderei nemmeno un pesce rosso, figuriamoci un figlio, ma la stessa cosa vale per tanti eterosessuali. Non bisogna generalizzare né per un verso né per l’altro. E poi attenzione: non è che se una coppia omosessuale prende in affido un bambino quel bambino diventerà automaticamente gay. I miei genitori erano etero, eppure…”. Valeriano fa l’illustratore e il giornalista freelance. Cura una rubrica di sesso su un sito internet dedicato al mondo gay. “Una cosa che mi ha sempre lasciato perplesso è che in questa città ci sono proprietari di locali che ci chiamano per organizzare serate gay, ma per loro non significa altro che a quella serata possono partecipare gli omosessuali, un po’ come l’entrata libera ai cani. Il concetto è: potete venire anche voi. Vabbè, per ora è così”. Già. Beviamoci su.

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