L’ADUNATA DEI RIFUGIATI

Tende troppo piccole, maglie tarocche del Fiorenzuola, la fede nel condottiero Che Guepalla: dopo l’accampamento sotto al Comune, l’Adunata dei rifugiati pare essere finita.

profughi ok

FOTO: ilPIACENZA.IT

C’era un profugo con la maglia tarocca del Fiorenzuola. Una cosa introvabile. Non esistono bancarelle che vendono simili rarità. Ci sono le maglie tarocche di Neymar, di Messi e di Iniesta, ma quella del Fiorenzuola è clamorosa. Beh, ieri pomeriggio questo ragazzo era uno dei più attenti. Era attorno a Che Guepalla e attendeva istruzioni insieme agli altri. Che Guepalla gesticolava col telefono in mano, parlava a voce alta e scandiva bene le parole. “Allora ragazzi, andiamo su e ci sistemiamo sulle panche del Consiglio Comunale, zitti e bravi. Poi vedremo che cosa dirà il sindaco”. I rifugiati – che poco prima erano stati sgomberati dal Ferrhotel – portavano calzoni corti e stringevano tra le mani una borsina di plastica in cui custodivano i loro averi: una maglia di ricambio, un paio di scarpe, un cappellino del Barcellona. Mentre erano sotto Palazzo Mercanti è arrivata anche la polizia Municipale con le motociclette e la sirena accesa (uno deve aver capito male e ha tirato dritto verso via Cavour, non sappiamo che fine abbia fatto). Al segnale di Che Guepalla i rifugiati si sono mossi. In fila, uno dopo l’altro, hanno salito le scale e si sono sistemati nella sala del Consiglio. I consiglieri entravano con l’iPad e il Sole 24 Ore sottobraccio, li vedevano, chiedevano che cosa stesse accadendo e si sistemavano al loro banco. Che Guepalla – che in Consiglio comunale è Carlo Pallavicini, esponente di Sinistra per Piacenza – ha preso la parola per primo e ha chiesto di trovare al più presto un tetto per i profughi. Loro stavano lì, ascoltavano e continuavano a stringere la borsina di plastica tra le mani.
Che Guepalla, con toni pacati ma fermi, ha esposto il problema. Il sindaco, Paolo Dosi, ha spiegato che “noi non possiamo rispondere a tutte le necessità, non ne abbiamo le forze e le risorse”. Accanto al boccione dell’acqua – il luogo preferito di chi frequenta il Consiglio, dicono che l’acqua frizzante sia portentosa – i giornalisti aggiornava i loro siti. Poi Che Guepalla ha dato un nuovo segnale e i profughi sono tornati sotto i portici. Qui, sempre in cerchio, hanno atteso. Nel frattempo Che Guepalla e un paio di altri compagni chiamavamo tutte le persone che conoscevano e facevano scorrere la rubrica dei loro telefoni coi tasti (particolare non da poco nell’era degli smartphone). I vecchi Nokia squillavano a vuoto ed è bastato poco per capire che sarebbe stato difficile trovare una sistemazione per la notte ai profughi. Così Che Guepalla ha preso nuovamente l’iniziativa: è andato da Decathlon a comprare qualche tenda e alla sera ha aiutato i rifugiati a montarle sotto ai portici del Comune, una scena già vista in un film di Don Camillo e Peppone. Le tende erano piccole e i piedi uscivano fuori, ma attorno alle 22,30 pare che il sindaco Dosi in persona abbiamo telefonato a Che Guepalla per suggerirgli di accompagnare i profughi nei locali della Circoscrizione 2, in via XXVI Maggio, dove poi hanno passato la notte. “Ma domani torneremo sotto al Comune” hanno promesso prima di spegnere la luce. E così oggi sono tornati: hanno piazzato nuovamente le tende sotto a Palazzo Mercanti e hanno esposto cartelli di protesta. Questa volta, però, ci ha pensato l’assessore provinciale alle Politiche Sociali, Pierpaolo Gallini, che, come scrive Libertà, “ha fatto sapere che i “veri” profughi sono soltanto una decina, gli altri si sarebbero “infiltrati”. Grazie all’impegno delle istituzioni cinque profughi saranno inseriti nel programma Sprar gli altri cinque troveranno ospitalità presso una struttura messa a disposizione dalla Caritas per conto della Curia vescovile”. E’ una soluzione temporanea, ma per il momento l’Adunata dei rifugiati è finita.

 filippo.merli@labatusa.it

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1 Comment on "L’ADUNATA DEI RIFUGIATI"

  1. Tommaso Cattivelli | Luglio 2, 2013 at 3:38 pm | Rispondi

    con tutto il rispetto, queste persone lavorano e pagano lo stato? a leggere l’articolo sembra che ci siano solo delle pretese e basta

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