TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

In uno dei film più divertenti del secolo scorso (1955), “Quando la moglie è in vacanza…”, Richard Sherman, (Tom Ewell) dopo aver accompagnato moglie e figlio al treno destinazione fresco fuori città, vaga per la calda New York alla ricerca di un ristorante per mangiare un boccone, stringendo in mano la pagaia che il figlio si è scordato alla stazione. Senza pagaia, e senza New York, ero io ieri sera per le vie della nostra città… Avevo voglia di carne, patate e birra, così, dopo aver zigzagato con lo scooter per antiche vie medievali (e queste New York può invidiarcele davvero), mi è venuta in mente quell’insegna dalle parti del mio ufficio: Roadhouse. Così mi dico: “Massì, si vive una volta sola…” e ci vado.
Parcheggio pieno, cosa rara di questi tempi, e già dall’esterno vieni “americanamente” aggredito dai messaggi culinari posti sia su grandi cartelli, sia sui menu fissati alle vetrate. Mi sento subito furbo capendo di aver fatto la scelta giusta, quando uno di questi messaggi mi dice che al giovedì ci sono prezzi speciali; all’interno scoprirò che c’è una promozione per tutti, in base a età, giorno, sesso, meteo e molto altro… Una gentilissima persona mi accoglie e mi accompagna al tavolo mettendomi tra le mani un gigantesco menu fotografico e unto bigiunto. In certi album di nozze ho visto sorrisi più tirati… Adoro vedere le fotografie di quello che sto per mangiare e sceglierlo come su un catalogo postalmarket anni ’80 (quelli di quando un pacco che arriva è una festa). Leggo: Rubeye, che come sottotitolo ha: “Entrecotte di manzo succulenta.” Nel dubbio, e per scrupolo, estraggo dalla tasca il mio fidato iPhone, apro l’app Devoto-oli e leggo sotto “succulento”: ricco di succo, abbondante e sostanzioso. No, succo di manzo morto non fa per me. Poi abbiamo costata e tagliata, ma sono troppo banali, non mi farebbero sentire americano neppure per un momento. Manco farlo apposta c’è la New York Strip, controfiletto di manzo, ma la vedo passare al tavolo vicino e mi sembra troppo sana, poco stronzata estiva. Picanha, ma la mangio al messicano. Bistecca reale, troppo pomposa. Arrosticini di angnello, ma troppo abruzzesi. Poi la lista delle carni crude, ma mia mamma mi ha detto che con il caldo è meglio non rischiare. Tutta la serie burgher è bellissima, ma mi sentirei un traditore nei confronti di Mc… Hanno anche introdotto giganteschi spiedoni misiti che fanno molto estate, ma temo di non essere capace di tenerli in mano, portarli alla bocca e strapparne avidamente pezzi come vedo fare agli altri tavoli. Farei una pessima figura con coltello e forchetta e non sono mica venuto qui per essere oggetto di sfottò. Poi la vedo passare tra le braccia di una cameriera… Una delle mie amate e adorate pietanze: la pericolosissima e untissima gran cotoletta di maiale fritta in olio esausto da chef nervoso. Elegante, smagliate, un po’ snob e altezzosa in quel suo unico vestito dorato, che tutti gli altri tagli neri e bruciacchiati dalla griglia si posso solo sognare. La compro! Ma dato che certe cose se si fanno, si fanno bene, la accompagno con una serie di cipolle a rotella fritte e una salsa marroncina ai sentori della liquirizia. Concludo con un sorbetto ghiacciato e un po’ pannoso al caffè. Con birra, il tutto onestamente a 20 euro.
Tranquilli, tranquilli, sto bene, sto bene, mi sono divertito e di certo vi tornerò, ma questa sera mi sa che avrò voglia di sciacquarmi la bocca con di turtéi. Al prossimo boccone!