IL VECCHIO E IL TREBBIA

il vecchio e il mare

Ode alla Valtrebbia di un lettore, Corrado Mazzoni, che sta a metà tra un libro di Hemingway e un padre di famiglia che dimentica la moglie a casa e deve insegnare al figlio a pescare (senza aver mai toccato una canna da pesca in vita sua). 

Devo essere sincero: sono un italiano in stato confusionale. Ebbene, lo stato a cui sono soggetto ha fatto in modo che lo scorso fine settimana volessi andare in un camping ligure per passare un po’ di tempo in relax al mare. Caricata auto con tenda, frigo, tavolino, sedie, sacco a pelo, secchiello, paletta, braccioli, pinne e occhiali (il fucile non ce l’ho), io e la mia famiglia siamo partiti dalla Besurica con l’intenzione di arrivare in Liguria tramite la Val d’Aveto, lontani dal traffico, lontani dal caro pedaggi. Alla partenza, l’auto succhia-gasolio necessita sempre di rifornimento, ma mi sovviene che sarei passato di fronte ad almeno due stazioni di servizio, quindi, in pompa magna (e macchina a bignè) partiamo per il nostro fantastico fine settimana. Avvicinandomi alla prima stazione di servizio, leggo in chiari numeri fluorescenti DIESEL 1.649; una goccia di sudore solca il mio viso e decido di provare con la stazione successiva, la quale però riporta 1.659. Mi guardo intorno; il sole è alto, la macchina carica e la moglie… la moglie… dov’è mia moglie? Suona il cellulare: è lei! L’ho dimenticata di fronte al garage! Invento una scusa plausibile: “Cara, sto facendo gasolio. Tu hai finito di preparare tutto?”. Vado a recuperarla non prima però di 50 euro di rifornimento; cifra che mi basta per fare superare di un quasi nulla l’ultima tacca del serbatoio. Ripartiamo, sempre in pompa magna (e macchina a bignè); ripasso il primo distributore, poi il secondo, ma arrivato a Caratta una voce dai sedili posteriori afferma inesorabile: “Pipì! Pipì!”. Io cerco di contrastarla affermando: “No, io sono papà!”, ma la vocina di una bimba di 3 anni non da scampo: “Papà, pipì!”. Ci fermiamo per dare modo alla piccola di farla tutta. Ripartiamo. Arrivati a Rivergaro, guardo il Trebbia e come sempre dedico il mio pensiero a quel fiume tanto amato; un ragazzo nato e cresciuto in Valtrebbia ha nel cuore un solo luogo: la Valtrebbia.
Appena affrontiamo la salita della Bellaria mia moglie, a cui non sfugge nulla, viene assalita da un dubbio: “Ma non sei andato a fare benzina? Perché il serbatoio è così vuoto?”. Io rispondo: “Si, ho fatto 50 euro! Ma bastano solo per uscire temporaneamente da uno stato in cui permaniamo ormai da tempo!”. Lei capisce, mi ha sempre capito, almeno lei. La amo! Il mio stato confusionale, dopo aver visto il fiume della mia fanciullezza, inizia a creare dubbi e perplessità: “Amore, però la Liguria non è molto meglio di quello che abbiamo intorno a noi!”, lei mi guarda, io la guardo; lei mi capisce, mi ha sempre capito, e io la amo. Mio figlio interviene “Papà…”, ma io so già: “Ci dovevi pensare prima, quando anche a tua sorella scappava!”. Lui mi guarda, e dice con voce ferma: “Io veramente vorrei pescare! Mi insegni?”. Mi sento uno stupido: noi adulti pensiamo di saperla più lunga dei bimbi di 5 anni. In verità io sono la vergogna della Valtrebbia: non ho mai pescato. Ma alla richiesta di un figlio, un padre non si tira indietro, anzi: “Certo! Basta solo organizzarsi!”. Mia moglie coppia a ridere; io la guardo con sguardo severo. Lei smette immediatamente: ha capito, lei mi ha sempre capito. E io la amo.
Parte la ricerca di un negozio specializzato, ne trovo uno e compro la mia prima canna da pesca. Scopro che ci vuole anche un galleggiante, il piombo, l’amo, il filo trasparente, una forbice con milletrecentocinquantadue funzioni e un’astina chiamata slamatore. Mi rifilano anche una cassetta di plastica per metterci dentro tutto (made in Italy, forse l’ultima del suo genere, o forse un reperto anni ‘80); ultimo e non meno importante, una scatoletta bianca che mi dicono di non aprire in presenza femminile. Poi, mi dicono che ci vuole anche una licenza, e che devo pagare un bollettino: esco di corsa dal negozio, con mia moglie che mi guarda dubbiosa; lei mi urla “quindi?”, ma io corro come il vento per superare la signora anziana dai capelli riflesso viola che sta lentamente salendo le scale delle Poste; inciampo, come se qualcosa avesse colpito il mio piede. La gentile signora che stavo superando, mi offre il suo bastone per rialzarmi e mi dice dolcemente: “Calma ragazzo, calma”. Aspetto diligentemente in fila, poi riempio un bollettino postale scrivendo tutto a penna; mi fa male la mano, non sono più abituato a scrivere tutte quelle lettere. Pago 23 euro per la licenza, torno verso il negozio, questa volta camminando: adesso sono un pescatore! Senza stivale di gomma fino al bacino, senza cappellino con tutte le esche attaccate, ma sono un pescatore e mio figlio mi adora.
Ci rimettiamo in macchina; le tacche del gasolio sono sempre poche. Io guardo mia moglie, lei guarda me, e ha capito, mi ha sempre capito. Al diavolo la Liguria, al diavolo le trofie con il pesto, i motorini, le palme alte 20 metri e la focaccia; al diavolo le curve che ti fanno vomitare e i 30 euro per l’ombrellone. W Barberino! W la Valtrebbia!
Tra sabato e domenica ho imparato a pescare; ho toccato e tolto l’amo ad un pesce, prima di ridarlo al fiume. Mio figlio mi guardava come se io fossi Sampei (anche se lui in verità non sa chi sia, poco importa, importa a me), ed io ero in pace con me stesso e il caro benzina. Mio figlio era più interessato a prendere in mano lo strisciante contenuto della scatolina bianca per fare rabbrividire la mamma, mentre mia figlia si guardava intorno estasiata dall’acqua dell’affascinante fiume.
In tenda, la sera, eravamo la famiglia più bella del campeggio, insieme ad almeno altre 40 famiglie più belle del campeggio. Ma la sorpresa è stata domenica mattina, quando mentre scendevamo al fiume per passare la nostra domenica insieme, senza ansie e senza stress, mia moglie mi guarda mentre saluto tutte le persone che incontro: “Ma sono tutti tuoi amici?”. Poeticamente avrei voluto rispondere che “In Valtrebbia siamo tutti una grande famiglia!”, ma la verità è che la sera prima, mentre mia moglie si  chiedeva perché ci mettessi un’ora per cuocere 4 spiedini, avevo intrattenuto conversazione con altre persone che, come me, avevano solo voglia di rimpossessarsi di un po’ di vita propria; e così, di fronte ad un bicchiere di rosso ed il profumo della carne abbrustolita, avevo conosciuto almeno metà del camping (l’altra metà si intratteneva di fronte all’altro barbecue). Ma mia moglie mi capisce, mi ha sempre capito ed io la amo.

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7 Comments on "IL VECCHIO E IL TREBBIA"

  1. Complimenti! Veramente un bel post.

  2. Complimenti Corrado, concordo con Luca, proprio un gran bel post!!!

  3. Bello! Letto con tanta empatia!
    P.s.: inter nos, in che campeggio ti sei fermato….?

  4. Hai ragione, se sei nato e cresciuto in Val Trebbia, hai solo la Val Trebbia nel cuore. Il Trebbia ce l’ho qui, un chilometro dietro casa. Il nostro Fiume, che come un’arteria pompa sangue nel nostro cuore.

  5. Grazie a tutti! Che bello leggermi sulla Batusa… e chi l’avrebbe mai detto!

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