W LA PASSERINI

biblio ok

La biblioteca, luogo di culto per studenti in crisi di produttività tra le mura domestiche o vittime di genitori pensionati/casalinghi, dovrebbe essere un luogo caratterizzato dal silenzio più assoluto. Dovrebbe, per l’appunto: il condizionale è d’obbligo. Inutile dire che, per volontà degli studenti o altrui così non è e non sarà mai. Può capitare di ritrovarsi nei corridoi della Passerini dove nonostante i richiami di bibliotecarie carismatiche come Topo Gigio serpeggiano discorsi degni del peggior bar di provincia riguardo ad università più facili (poveri studenti della Bocconi, quanti titoli poco ortodossi che ricevete) che pare promettano appelli anche nei giorni di Natale, Pasqua e magari Capodanno (l’importante è crederci; ma poi ve lo immaginate stappare una bottiglia di spumante dell’Esselunga davanti a un professore appena finito l’esame?) o al sorriso (sì dice così, vero?) della ragazza infighettata – stile sabato sera al Boeri – seduta di fronte al povero malcapitato vittima di tempeste ormonali, nemmeno fosse un adolescente davanti al primo porno della sua vita. No, non è quella con cui ha limonato la sera prima al Bellavita, quella è decisamente più racchia. Può anche capitare di ritrovarsi nell’ambiente più spartano della biblioteca Dante dove gli spazi angusti, i muri sottili come fogli di carta dalla solidità stile casa di paglia dei Tre Porcellini amplificano brutalmente ogni piccolo suono. Un sussurro diventa una tromba bitonale stile tir americano, una sedia spostata l’esplosione di una mina. Se a ciò aggiungiamo la tendenza di alcuni utenti, inconsapevoli della pochissima resistenza offerta dal vetro alla propagazione di onde sonore, a parlare a piena voce appena sotto la finestra otteniamo che in alcuni casi pare di essere al mercato di Carpaneto o allo stadio più che in un luogo destinato allo studio. Ma questo è niente, il peggior nemico è dentro di noi; trattasi di una bestia mitica e quasi invincibile scampata agli esorcismi più pesanti (leggi colazione stile British) perpetrati da ogni studente: la fame. Non ci si può fare niente, è più inevitabile del mal di testa della morosa presa male, del canone Rai e delle frasi struggenti sotto foto scattate con Instagram: alle 11,30, minuto più minuto meno, gli stomachi degli studenti iniziano un concerto di borbottii e convulsioni che fa pensare all’incombere di un temporale o magari di un piccolo terremoto. Dopo lo stupore generalizzato balza all’occhio l’alone di imbarazzo che si dipinge sugli sguardi degli affamati e che rende la fantomatica “Verde” teatro di una caccia all’inconsapevole rumorista: gli sguardi di fuoco ricevuti spingono anche il più refrattario ad alzarsi per mangiare 3 euro di focaccia alla cipolla e di conseguenza a far battere in ritirata possibili conquiste amorose. Con buona pace della moretta che tanto ci piace ma che studia alla Bocconi: una battaglia persa in partenza. Ma si sa, talvolta gli stereotipi fanno più male di una zaffata di cipolla.

***

Da qualche tempo pare sia sbarcata in Italia una nuova moda, un nuovo modo per perdere tempo su Facebook: lo spotted. Fino a ieri sera non avevamo la benché minima idea di cosa fosse: visto il nome pensavamo a qualche trovata da nerd o a un nuovo programmino stile Instagram per coprire  imperfezione con l’effetto seppia, ma ci sbagliavamo. Si sa, gli americani quando non costruiscono bombe atomiche pensano sempre in grande: auto che paiono transatlantici, panini con lo stesso carico calorico di tre pranzi di Natale e ricerche sulla vita sessuale degli scorpioni. “Ma che è sto spotted?”, direte voi. Proverò a dirlo nel modo più semplice possibile: potremmo definirlo come una forma legalizzata di stalking. Un modo per fare apprezzamenti romantici o meno su questa o su quella persona che per un motivo o per l’altro ci ha colpito nel corridoio della facoltà di Lettere antiche o nell’ingresso della Cattolica. Il tutto restando nel più becero anonimato. Stavamo pensando a che cosa accadrebbe se una simile iniziativa fosse adottata anche per le biblioteche piacentine: scoppierebbe l’ennesima bomba anti-studio dopo Facebook sul telefono, Angry Birds e Ruzzle. Già immaginiamo messaggi del tipo “ragazza bionda seduta in aula Verde che studi diritto privato sei veramente una gnocca, non sai cosa ti farei” (ah, noi maschi) oppure “fattone che fai finta di studiare nel corridoio mi attizzi un sacco, spero tu non sia fidanzato” (le ragazze conservano un minimo di ritegno). Questo scatenerebbe un’ondata di gossip da corridoio (con domande del tipo: “Ma secondo te chi me l’ha scritto?”, “ma sarà figo o il solito cesso?”, “ma studierà a Milano o a Pavia?”) che travolgerebbe le residue speranze di concludere degnamente la sessione invernale, darebbe la spallata decisiva alla già traballante voglia di studiare e creerebbe concentrazioni di persone alle macchinette degne di una banda di teenager ad un concerto di Justin Bieber. Una sorta di “Indovina chi” con persone reali al posto delle caselle di plastica. Il colmo sarebbe se il tutto si svolgesse in un ambiente ristretto come quello della Dante dove i posti sono una ventina e su una media di quindici persone presenti, quattordici si conoscono. Scoprire l’ultima casella del nostro “Indovina chi” sarebbe fin troppo facile e di certo non sarebbe attuabile senza scatenare una mezza rissa tra fidanzati gelosi e papabili amanti. Come dicono i più giovani: antisgamo. Inutile, pare che il sano e vecchio stalking perpetrato dai più (alzi la mano chi non ha mai fatto apprezzamenti al vicino di banco) sia ancora decisamente migliore e competitivo e di certo non sarà quest’ennesima trovata di Oltreoceano a spezzare i sacri rituali della biblio: gli apprezzamenti sulla mora o sulla bionda si faranno comunque, sottovoce al vicino di banco, con la speranza che nel frattempo non si sia fidanzato con la donzella in questione…

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