IL MERCATO NEREO

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TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

Qui ebbe tutto inizio. Sul mercato europeo di Piacenza, esattamente un anno fa, nacquero le mie recensioni culinarie sulla Batusa, e quel che più sorprende, è che io sia ancora in vita. Ma tralasciamo le quisquillie e tuffiamoci nei ricordi. Ricordi che in alcuni casi sono davvero concreti, dato che alcune porchette e salamelle, essendo le stesse di dodici mesi fa, mi hanno salutato commosse nel rivedermi. “Hey, anche tu qui?”. Io su questo mercato mi diverto moltissimo, non come sulla fiera di Sant’Antonino San Trottola, dove tutto vale, dalla calza di lino alla cavia peruviana. Qui si fa sul serio, e gli assaggi sono da professionisti. Piccoli particolari stridono, come la non sempre coincidente nazionalità tra il banchetto di appartenenza e il responsabile di tenda, là dove in terra austriaca si parlava rumeno, in terra di Francia tra ostriche e Champagne, un perfetto italiano, e nella confetteria napoletana si esprimevano con strettissimo accento bergamasco. Ma sappiamo bene come “le cose” all’italiana siano sempre il nostro piatto preferito. Mi fermo così, come da tradizione, dagli austriaci e mi compro una salamella piccante e una birra leggerina leggerina. Quando arrivo all’ultimo morso, cado in preda della voglia spesso associata a queste pietanze; quella che amo definire “la madre delle fesserie”: ordinarne un altro. E per un’arcana combinazione quantistica, l’esatto istante in cui lo chef te lo pone fra le mani, coincide con l’inizio della nausea causata dal precedente. Ma come tutti sanno bene, l’etimo di fesseria è nel latino “fìssu(m)”, fenditura, e ancora prima da “fesse”, natica, e di conseguenza “fessura fra le natiche”, quindi mangio anche il secondo. Girovago poi così, senza meta precisa, guardando stinchi tedeschi che ruotano, paelle spagnole che sobbolliscono e olive ascolane talmente stanche che ti fissano pregandoti di ucciderle. Riesco a farmi attirare dalla bella musica suonata da un peruviano con il flauto di Pan, comprarne il cd, e anche qui come da tradizione, fatto suonare a casa è tutta un’altra musica, e non trovi mai il pezzetto allegro-andante che ti ha incantato all’acquisto. Quest’anno una piacevole sorpresa: tra tanta internazionalità, in un bel banchetto con tanto di dj, trovo Leo, il gestore di Via Veneto 82, che con una camicia ciulata a Magnum PI, che non lo sbatte per niente, propone i suoi famosi Tiki Cocktail. E la sua presenza mi ha fatto pensare: perché non una versione di questo mercato tutta nostrana con soli ristoratori, barman e locandieri piacentini? Sarebbe bello, ma come sempre restiamo con i piedi per terra… Al prossimo boccone.

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