SEMPRE PRESENTI PER LA MAGLIA

TESTO: CATERINA MASCARETTI; FOTO: INTERNET

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Essere donne è di per sé stressante. Fare l’università è altrettanto stressante. Essere donne e fare l’università è doppiamente stressante. Allora, per poter superare questo accumulo di tensione, ho scelto di chiedere parere al più saggio, onnisciente e potente dispensatore di soluzioni: il Dalai Lama Internet! Dunque ho aperto Safari, sono andata su Google e ho digitato: “Cose da fare per rilassarsi”. Di qui mi son uscite un’infinità di possibilità fra le quali scegliere, ma quasi tutte alquanto ridicole e dozzinali. Poi, però, scorrendo la pagina verso il basso la mia attenzione è stata colpita da un articolo del Sole 24 Ore dal titolo “Ferri, relax e memoria:
e anche il Gladiatore 
lavora a maglia”. Rapita da una simile affermazione mi sono inoltrata nella lettura e ho scoperto che lavorare a maglia allontana il pericolo di demenza e aiuta a combattere lo stress.  Addirittura si dice che sferruzzare abbia gli stessi effetti della meditazione.  E a sostenere questo hobby “da nonna” si porta anche l’esempio, con tanto di fotografia, del virile Russel Crowe, che fra una scena sanguinaria e l’altra si dà all’uncinetto e al punto croce. Esaltata da questa lettura, e convinta che non possa essere poi così complicato imparare a usare i ferri da maglia, non essendo io provvista dei medesimi, mi dirigo prontamente nel negozio che, dalla sua apertura, ha salvato più di ogni altro i piacentini in molteplici occasioni. Questo negozio risponde al nome di Tiger, e sfido chiunque a dire di non esserci mai entrato. Magari non lo vorremmo confessare neppure a noi stessi, ma tutti abbiamo varcato quella soglia e ne siamo usciti sicuramente con qualcosa fatto a forma di baffoni e qualcos’altro per cui eravam entrati. Io mi son diretta lì intenzionata a comprare la lana e i ferri necessari per lavorarla. Trovato tutto il necessario, con un certo orgoglio e vedendomi già inaugurare con amiche e amici il mio personalissimo knitting club, ho pagato e sono tornata speranzosa a casa pregustando già il mio lavoro. Ovviamente, nonostante l’apparente semplicità dell’attività, non si può certo imparare a lavorar a maglia da autodidatti, così sono tornata su internet e ho chiesto a Google di indirizzarmi a un qualche tutorial. Fra i tanti ho scelto quello che mi sembrava esser il più semplice, quello di una sciarpa, e mi son messa al lavoro. Già il solo fatto di iniziare a mettere il filo sopra al ferro, per un soggetto con una scarsissima manualità come la sottoscritta, è una vera e propria impresa. Quando poi devi iniziare a far passare un filo dentro l’altro con un ferro che sembra essere più scivoloso dell’olio cominci a sentire uno strano prurito alle mani e una voce nella tua testa che ti dice “Molla questo armamentario demoniaco e vai a fare shopping!”. Ma no, tu prosegui indomita. Hai la determinazione del sergente maggiore Hartman in “Full metal jacket”. Se ce la fa Russel Crowe non puoi esser da meno!

CEROTTI THERMA CARE E UNA TAZZA DI THE

Ma ora, vi prego, immaginate la scena: io, la stagista, davanti allo schermo del Mac, con due ferri in mano e un gomitolo di lana. Se già la scena può essere raccapricciante si aggiungano: un paio di occhiali (mica puoi fare la maglia con indosso le lenti a contatto, che miope come sono come minimo rischierei o di non imbroccare nemmeno un punto o di cavarmi entrambi gli occhi con gli aghi), una coperta sulle gambe (sì, dai… non fate così! Lo sappiamo tutti che a star fermi vien freddo), un cerotto Therma care sul collo (quello che si scalda e fa sciogliere le contratture muscolari… Ricordo che son arrivata al fare la maglia per svagarmi dalle ore e ore di studio sui libri, che hanno condotto all’insorgenza di prematuri dolori muscolari e articolari) e una tazza di the di fianco al computer. Tutta intenta a capire come sia possibile che quella cosa mitragliata e sgangherata possa, nel giro di poche ore, trasformarsi nel modello di sciarpa descritta nel tutorial. Anche perché, sin dalle prime battute (si dice anche per il lavoro a maglia?), è facile comprendere che quella cosa che sembra un reperto in lana della guerra in Vietnam che penzola dai miei ferri è ben lontano dal principio di sciarpa fotografato dall’esperta magliaia che cura il sito che mi trovo davanti agli occhi. Sempre più disperata e scoraggiata proseguo nel mio lavoro. E già penso a quel che dirò a chi mi chiederà “Ma cos’è quella cosa che porti al collo?”. Risponderò con un “Sai, è un concetto di sciarpa che ho elaborato in risposta alla globalizzazione. Serve a far riflettere sulla tragedia e la bruttura della guerra, è un mio progetto nato dalla visione di un reportage sula prima guerra del Golfo: l’ho chiamata “Kuwait 1991”. Sì, mi sembra convincente come risposta. Potrebbe salvarmi dagli sfottò certi di amici e conoscenti. Ma proprio mentre sono intenta in queste mie riflessioni, sollevo la testa dal mio lavoro a maglia e vedo mia mamma che mi fissa. Crollo in un evidente imbarazzo. Lei mi guarda, e poi ride: “Sembri Nonna Papera… e poi cos’è quella roba lì?”. Vorrei dirle che si tratta di “Kwait 1991”, ma lo sgomento mi assale. Mi alzo di scatto, abbandono tutto. Basta ferri, basta gomitoli, basta sferruzzare. Che vada avanti Russel Crowe a fare i maglioncini con le renne. Punta nell’orgoglio, getto via tutto e vado a fare shopping. Se voglio una sciarpa, la compro.

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1 Comment on "SEMPRE PRESENTI PER LA MAGLIA"

  1. Come è vero!! Anche x me tutte quelle attività che dovrebbero rilassare in realtà mi fanno inc…ma di brutto anche ..al primo posto i cruciverba ..tempo 5min e lancio “la settimana enigmistica..e mi leggo un bel giallo !!

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