BERE UN ROBO A SHANGHAI

TESTO: CESARE POMA; FOTOGRAFIE: IDEM

Ravioli

Avrei voluto iniziare questa simpatica rubrica come di consueto, raccontando di un bar da non perdere, di un cocktail favoloso o di una vista panoramica da un ristorante in cima ad un grattacielo, ma una notizia dell’ultima ora mi impone di attaccare questo pezzo con un’altra storia, veramente incredibile. E per questo motivo devo iniziare dalla fine, dal giorno della partenza dall’aeroporto di Pudong a Shanghai, con rotta verso casa dopo una settimana in Cina per impegni lavorativi. Proprio mentre sono in decollo le agenzie battono la news che dal cielo di Shanghai piovono… escrementi. Ebbene si. Pare impossibile ma è vero: alcuni abitanti della zona hanno chiamato le autorità per lamentarsi del fatto che i panni stesi al sole ad asciugare si erano lordati con feci cadute dal cielo. A comunicarmelo sono ovviamente – con grande premura – i miei amici.  La curiosità mi spinge ad andare a fondo… della notizia, visto che mi ha visto quasi coinvolto (una mia amica spagnola direbbe “noi siamo dove c’è la notizia…”), ma anche perché è veramente eccezionale. Dapprima il lancio dell’Ansa. E poi qualche altro articolo con maggiori dettagli. Le battute tra gli amici si sprecano, e le risparmio, ma il meglio arriva nell’articolo di  TGCom24, dove viene riportata una dichiarazione rilasciata al giornale cinese che tra i primi ha dato la notizia, che ha interpellato un esperto (che bel lavoro, ho pensato…): “Secondo un esperto citato dal giornale, negli aerei le feci sono generalmente conservate in contenitori disinfettanti. Ad alta quota la temperatura può arrivare anche a meno cinquanta gradi per cui, anche se ci fosse una perdita, le feci si fermerebbero sulla superficie dell’aereo. Tuttavia in fase di atterraggio, quando la temperatura sale, gli escrementi potrebbero staccarsi dal velivolo e precipitare al suolo”. Basterebbe solo questo per raccontare la mia trasferta nel Paese della Grande Muraglia, ma per far riempire l’angolo del “bere un robo a…”, devo continuare e fare un passo indietro, raccontando della mia esperienza alla Casa del Tè di Shanghai.

IL PONTE GOBBO SUL FIUME HUNGPU

Secondo le guide, un vero must, non puoi andare a Shanghai se non passi in questo locale che si trova sotto i grattacieli, vicino al fiume Hungpu, nella città vecchia, al centro di un piccolissimo lago, dove sorge la più antica casa da tè della città, la Huxingting Chashi. Si tratta di uno dei punti d’incontro preferiti da giovani e anziani e per arrivarci devi percorrere a zig zag un ponte di legno (il ponte Gobbo di Bobbio in versione cinese), pare per impedire alle anime maligne di inseguirti. Dopo questo slalom e qualche foto di rito di fronte all’edificio da esporre nella bacheca di Facebook, arrivo finalmente alla Casa del tè. Ad accogliermi c’è una signora cinese che nella sua lingua ci invita (insieme ai miei colleghi) a salire le scale di legno per accomodarmi nella sala al piano superiore dove ad attendermi c’è il padrone del locale. Ci sediamo e ammiriamo la bellissima vista sul minuscolo laghetto e sulle case del quartiere con il tipico tetto cinese. Da lì anche la vista dei grattacieli che sorgono dall’altra sponda del fiume. Prendiamo il menù, con tutte le indicazioni ovviamente in cinese e giusto qualche portata in inglese. Scegliamo il te verde, solo perché ha un nome che possiamo intuire. Poco dopo arriva la cameriera che imbandisce la nostra tavola con delle preziose porcellane con all’interno acqua calda e numerosissime foglie di un erba strana, ovviamente verde. Ad accompagnare la bevanda una quantità notevole di dolcini (misteriosi), delle foglie che avvolgono chissà cosa e delle strane uova (forse di quaglia). Ci guardiamo stupidi e non sappiamo da dove incominciare. Parto io e inizio a bere il fatidico té e tutta l’erba mi finisce in bocca insieme alla bevanda incredibilmente amara. Subito interviene il proprietario che ci mostra a gesti come si deve bere il te cinese (“Turisti”, avrà pensato tra sé il signore): non avevamo inteso di utilizzare anche il cappuccio della tazza. Praticamente con un abile gioco di mani occorre lasciare una piccola fessura per far passare il te e trattenere le erbette. Ovviamente noi non l’avevamo fatto. Riprovo a bere con la tecnica tradizionale. Il tè sorprendentemente è meno amaro. Continuiamo a sorseggiare la bevanda calda ed iniziamo a rilassarci. Sembra tutto più armonioso e leggero. Che forse il tè abbia qualche proprietà misteriosa? Noi ce ne autoconvinciamo e il pomeriggio scorre più piacevole. Passiamo quindi a provare il cibo. Iniziamo dai dolcini che vengono immediatamente sputati e riavvolti nella carta. Resta uno strano impasto (forse tofu) che aggrada il palato di qualcuno (ma non il mio). Piano piano proviamo e scartiamo le pietanze esposte sul tavolo fino ad arrivare alle uova. Ci guardiamo in faccia: chi ha il coraggio? Nessuno. Non ce la facciamo. Siamo prevenuti: abbiamo in mente i prodotti esposti al mercato che abbiamo attraversato per arrivare fino alla Casa del tè dalle figure inequivocabili: animaletti impanati facili da riconoscere (dalle rane agli uccelli per arrivare ad un oggetto misterioso che ricordava tantissimo un pipistrello…). Insomma nessuno ha il coraggio. Nel frattempo arriva il conto (un bel salasso): tantissimi Yuan (pronunciato Giuan) che equivalgono a 50 euro. Mi sento sempre di più un turista se penso che la sera prima al McDonald’s ho speso circa 12 euro per sfamare le nostre cinque bocche. Forse il proprietario si è incazzato perché non abbiamo apprezzato il suo tè… Ce ne andiamo – più rilassati per l’effetto del tè e un po’ mogi per la spesa – ma non è ancora ora di rientrare in albergo. Altro passaggio obbligato: il raviolo al vapore.

TSINGTAO GELATA E RUTTO LIBERO

Viene sfornato nel ristorante proprio di fronte. Deve essere proprio buono vista la coda di persone che aspettano. Non possiamo tirarci indietro. Si può scegliere: o al tavolo oppure in modalità take away, dove prendi una bella dose di ravioli e te li mangi in strada con le tipiche bacchette cinesi. Optiamo per le bacchette, anche perché dalla vetrata possiamo vedere i cuochi mentre li preparano a ritmo continuo. Abbiamo l’acquolina in bocca. Ci mettiamo in fila buoni-buoni e finalmente li assaggiamo: una vera delizia. Ma ora abbiamo sete. Basta tè. Rimettiamo nuovamente i panni del tipico turista che non riesce a calarsi nella cultura del Paese (in Cina faccio veramente fatica) e andiamo alla ricerca di una bevanda occidentale. Non facciamo fatica: in un bar chiediamo Coca Cola, Sprite e Red Bull. Troviamo tutto, ovviamente con le scritte in cinese. Adesso è ora di tornare verso l’albergo, ma non prima di esserci scolati anche la tipica birra cinese, la Tsingtao. Mangiato abbiamo mangiato, bevuto abbiamo bevuto, ma per il rutto ci pensa un simpatico commerciante che ci accoglie nel suo negozio con una roboante fuga di gas dalla bocca. Un simpatico gesto che ci fa scappare nella metro, dove ci attende un lungo viaggio. Dobbiamo attraversare mezza città e il nostro capolinea si trova a circa un’ora e 20 minuti di distanza. Interminabili, ma almeno siamo più sereni: l’effetto del tè verde non è ancora svanito…

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