BACIAMI PISCINA

TESTO: NICOLÒ PREMOLI; FOTO: INTERNET

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Piacenza sarà anche la città di chiese e caserme, ma di certo non è quella delle piscine. Ricordo ancora come fosse ieri il vademecum elettorale di Roberto Reggi per la tornata elettorale del 2007 dove comparivano parecchi progetti piuttosto ambiziosi, per non dire fantascientifici: si prospettava una candidatura di Piacenza come sede olimpica per un’eventuale olimpiade italiana nel 2018. Progetti che nemmeno un ottimista conclamato avrebbe sbandierato in pubblico: una nuova piscina olimpionica da 50 metri nel contesto di un più ampio impegno italiano sul fronte olimpico. Di anni ne sono passati parecchi, le giunte cambiano e i progetti più ambiziosi finiscono inesorabilmente nei cassetti dei sogni impossibili: la candidatura italiana per le olimpiadi era tanto balzana quanto improbabile,  una nuova piscina a Piacenza è ancora tanto necessaria quanto realizzabile.

CEMENTO ARMATO

Questo almeno fino a circa una settimana fa, quando su Libertà campeggiava una notizia che non fa certo star allegri i maniaci della tavoletta e chi in acqua va per allenarsi sul serio: il sindaco, Paolo Dosi, e il vicesindaco e l’assessore allo Sport, Francesco Cacciatore, hanno presentato in una riunione di giunta la proposta di non onorare il contratto stipulato con le ditte che hanno vinto l’ appalto per la costruzione della nuova piscina coperta olimpionica di Piacenza. Si prospetta quindi la ristrutturazione del vecchio impianto della Raffalda che era destinato a chiudere i battenti dopo un’onorata carriera. Chi, come me, ha frequentato le piscine piacentine, sa bene quanto la Raffalda sia messa male; volendo utilizzare un paragone di stampo calcistico, la Raffalda è nelle stesse condizioni dello stadio Penzo di Venezia, vittima di anni di manutenzione approssimativa e soprattutto degli anni. Quando il degrado incontra il cemento armato, il cemento armato non se la passa affatto bene.

MAMMA HO PERSO LA CUFFIA

Fino a qualche anno fa ho nuotato alla Raffalda nell’orario peggiore possibile: le 21. Prima di me e della mia squadra passavano tutti i clienti possibili e  immaginabili: nuotatori per modo di dire, corsi di nuoto per tutte le età,  pallanuotisti e pallanuotiste. La Raffalda mi ha visto levare i braccioli, mi ha visto crescere; io ho visto crescere il suo stato di incuria e abbandono. Arrivare alle 20,45 alla Raffalda equivaleva ad una sfida persa in partenza con verruche (mia mamma li chiamava funghi, non so perché) e pavimenti: trovavo dinanzi a me delle distese di acqua alta dove galleggiavano capelli e cuffie abbandonate. Di molti armadietti non restava che l’ombra. Non parliamo delle docce e dei bagni: c’erano una volta dei separè, c’era una volta una parvenza di igiene. Cloro e candeggina non possono certo fare miracoli. Rimettere a nuovo la Raffalda significherebbe chiudere l’impianto per almeno un anno (a essere ottimisti) sbarrando le porte agli utenti e congestionando ancor più gli altri impianti che già non se la passano bene: in alcuni orari le corsie sono peggio dell’A14 durante l’esodo estivo. Tra manate, palettate (chi è del ramo sa di cosa parlo) e sorpassi temerari pare proprio di essere in coda in autostrada in una calda giornata d’agosto. Se poi si alza il Po in Nino Bixio sono dolori.

CHI È SENZA PECCATO POSI LA PRIMA PIETRA

50 o 33 metri? Questo è stato e continua ad essere un ulteriore motivo d’attrito tra Comune e nuotatori. I 33 metri sono una misura retrograda, poco funzionale per chi si allena sulla distanza e soprattutto buona solo per le partite di pallanuoto. Una vasca da 33 metri magari accontenta il portafoglio della giunta ma scontenta tutti gli altri. Ah, è un bel problema. Quello che dà più fastidio, a parte le manate sul naso, è il passo indietro dopo lunghi anni d’attese e grandi promesse sbandierate a destra e a manca per ottenere consensi dal movimento natatorio piacentino che da troppo tempo piange miseria. Piacenza fa a storia a sé, ma in senso negativo: altre amministrazioni hanno scommesso e investito garantendo alla cittadinanza impianti moderni e funzionali (così, su due bracciate, cito la piscina di Riccione). La cerimonia di posa della prima pietra è stata fatta, le altre pietre, però, tardano ad arrivare. Non ci sono solo le vasche in centro il sabato pomeriggio e le alternative scarseggiano: o ci convertiamo tutti al jogging sul Facsal (per favore, no) o ci tuffiamo in Po come qualcuno ha coraggiosamente fatto. A me il pattinaggio su ghiaccio proprio non piace.

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