NEREO

tortello

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

Ho sbagliato, non ho problemi ad ammetterlo, ho sbagliato. Io credevo davvero che per poter giocare “al piccolo critico gastronomico”, in ristoranti e osterie, bastassero tre cose: 1) pagare conti salati così, essendo fondamentalmente un cliente, i patron/padron non potevano schiaffeggiarmi; 2) essere stato una volta da Cracco e avergli detto che la sua insalata russa su stecco “non mi convince fino in fondo”; 3) riconoscere errori sui menu, come la sostanziale differenza tra Bracchetto e Brachetto (che poi è la stessa che passa tra Snoopy e un vinaccio; a voi capire qual è l’uno e qual è l’altro). Ma ieri, ieri dopo tanto buio si è accesa la luce e mi sono passate davanti agli occhi tutte le cazzate che ho fatto in un’intera vita culinaria. Questo è accaduto per pranzo alla trattoria Regina di Quarto a pochi passi dalla città. Appena arrivato mi si è presentata una scena anni ’80 che da tanto tempo non si vedeva più: il locale era pieno e se non avessi prenotato me ne sarei dovuto andare. Sì, sì, avete capito bene, così ho subito pensato: “Ma allora lo zio Silvio ha davvero sempre ragione”. Mentre mi accomodo nella seconda sala, vista water, perché per poter stare nella prima devi vantare amicizie ventennali e/o parentela bilaterale, osservo le fotografie di Tenori oggi dipartiti appese alle pareti, e tra di loro vedo un piccolo quadretto con al suo interno un oggetto curioso (quello nella foto). Appena capisco che non si tratta di uno “stronzetto fossilizzato”, ricordo di un quadrupede di famiglia prematuramente scomparso, ma bensì di un tortello in argento forgiato in onore dei tortelli della casa, vengo pervaso da un senso di pace e serenità: “Ma allora Fellini ha davvero sempre ragione…”. Parto con i salumi, buoni, giusti, onesti, soprattutto il salame che fa la goccia come piace a me, e pancetta. In accompagnamento una frittata tiepida, insalata russa (non in stecco) e la ciottola di “pisté cul grass”, ma per questo sono ancora troppo giovane. Opto poi per anolini con brodo spesso e di quarta, mentre amici mangiano chicche al gorgonzola e tortelli. In assaggio sono davvero ottimi, roba di casa nostra, onesti nel sapore e senza fraintendimenti per risparmiare su dosi e prodotti, tutti come devono essere: piccoli, chiusi sapientemente e con amore (meritano il tortello d’argento). Nei tavoli vicini vediamo passare tagli di carne interessanti e dai profumi invitanti. Concludiamo con una martingala di torte fresche della casa per finire la nostra bottiglia di Gutturnio fermo che non “gli puoi dire di no”. Ed eccoci al momento della luce, quella vera. Infatti al momento del conto chiedo conferma per essere certo di aver udito bene: 18 (diciotto) euro a testa. Mangiare bene, in posti a conduzione/passione/sacrificio famigliare, a un prezzo onestissimo è ancora possibile, e questo, come altri locali simili, andrebbero preservati perché oggi come oggi per noi e il nostro territorio, sono davvero una fortuna. Al prossimo boccone!

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