LEONE DA TASTIERA

Quella volta in cui Ernesto Leone ci diede la conferma che aspettavamo: la casalinga di Voghera era morta. Così nasce un titolo come «Leone da tastiera». 

TESTO: REDAZIONE FOTO: INTERNET

C’è il leone da tastiera. Che inveisce e si nasconde dietro al pc. E poi c’è il Leone da tastiera. Che dietro al pc e alla macchina da scrivere ha trascorso una vita lunga 90 anni.

Ernesto Leone detto Ninino era il suo stile di scrittura: sobrio, elegante, garbato. Lo vedevi passeggiare per le vie di Piacenza leggermente curvo in avanti, con le braccia incrociate dietro la schiena e un sorriso sempre accennato. Quando ti incrociava ti metteva una mano sul braccio, ti stringeva leggermente il polso e con un filo di voce ti chiedeva come stavi. 

Anche in redazione Leone era Leone. Umile ma autorevole, educato ma forte dell’esperienza vissuta tra pezzi di giornale di Libertà e Cronaca. Poteva trascorrere una sera intera su una didascalia. In piedi o seduto accanto al redattore o al poligrafico di turno, che gettava un occhio sullo schermo e uno sull’orario, Leone cercava la perfezione e non se ne andava sino a quando non l’aveva trovata.

Alla sede di Cronaca, in via Chiapponi, arrivava sul tardi, col basco calato sulla fronte e un paio di fogli scritti a mano che spuntavano dalla tasca del gilet. Individuava il redattore che doveva impaginare il suo pezzo e non lo mollava sino alla chiusura della pagina. Poi si intratteneva con Vito Neri, che stava facendo la stessa cosa nella stanza accanto.

Già, Vito e Ninino. Spesso i giornalisti come loro venivano considerati come vecchi rompicoglioni. Loro lo sapevano e se ne fregavano. Se avevi la voglia e la pazienza di starli ad ascoltare avevi la possibilità di imparare qualcosa e capivi che avevi avuto un’opportunità speciale, una fortuna preziosa. Se la tua priorità era andare a casa il prima possibile restavi semplicemente un giornalista orfano di Vito e Ninino. Scelte.

Come una scelta è la titolazione. Noi abbiamo sempre prediletto uno stile originale e alternativo rispetto ai dogmi della tradizione. Alcuni colleghi ci criticavano. Dicevano che la casalinga di Voghera non avrebbe capito i nostri titoli. Premesso che per quanto ci riguardava la casalinga di Voghera poteva anche essere morta, andammo da Leone per conoscere il suo parere. Era la prova definitiva, perché Leone, nell’immaginario comune, era il giornalista fedele agli schemi della professione. Mai sopra le righe. Mai una parolaccia in un articolo. Un giornalista conservatore e custode del piombo e di quel giornalismo che secondo molti, tra retorica e nostalgia, non esiste più. 

Gli mostrammo un titolo dei nostri e gli spiegammo la situazione. All’epoca aveva già più di 80 anni. Leone si mise gli occhiali. Lesse. Poi si voltò verso di noi. «Andate avanti così».  L’abbiamo fatto. E pazienza se la casalinga di Voghera non capirà un titolo come Leone da tastiera.

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