IL GUFO PIACENTINO

TESTO: NEREO TRABACCHI

Il gufo piacentino non conosce la crisi e non patisce mai la fame, perché il gufo piacentino si nutre di sfighe altrui. Molti credevano che questa razza, già conosciuta in città nel medioevo come pennatus adversa menagramorum, fosse in via di estinzione grazie a una profonda modernizzazione e globalizzazione, ma non è così. Non è così soprattutto al tempo del coronavirus, in cui il gufo piacentino, notoriamente in età avanzata, tutto l’anno piumato con il loden color cammello, sempre a spasso con le mani incrociate dietro la schiena, si aggira per la città soffermandosi davanti alle serrande chiuse e rivolgendo loro un gesto inclinato con il mento, decide se l’esercizio riaprirà o meno: «Ah, questo non ce la fa…».

Nello stesso momento, il titolare dell’attività che è occupato nel suo riposino, inconsciamente, nel sonno, porta una mano agli attributi, contrariamente a quando è davanti al frigorifero, là dove se la porta a grattare il didietro per concertarsi meglio.

La specie degli alatus calamitas malum piacentinum è ancora più feroce, porta la manina/aluccia alla fronte, si avvicina alla vetrina per controllare come l’esercente ha lasciato l’arredo prima della fuga, e da quanto evince non solo non riaprirà, ma la sua dipartita sarà prossima.

Poi c’è la specie dei Rapax Amor Miseratio, ovvero quelli che: “Quella coppia? Scoppia. Non si vedono da due mesi, lei di certo manda le foto delle tette via WhatsApp a un altro, e lui chatta con la collega di lavoro la quale si lamenta per la mancata ceretta inguinale mensile a 25 euro spesi bene, chiedendogli se poi le piacerà lo stesso. Ma a lui la donna baffuta è sempre piaciuta».

Ma chi la fa da padrone è lui, il Bubo cinerascens supermercatorum: lui non è color cammello, ma grigio, si evince dal suo nome prediliga come terreno di caccia tutti i tipi di supermercati, dall’Esselunga, dove gli prendono la temperatura, ai discount dove puoi entrare in costume e infradito. Svolazza tra gli scaffali trascinando un cestino rosso nella zampa con dentro solo 3 uova (già sode), uno yogurt e una copia di Libertà del giorno prima, attendendo di poter infierire sul suo cibo preferito: coloro che in coda alla cassa non tengono la distanza, quelli che con i guanti ci mettono un’ora a tirare fuori la tessera, i bollinari che non rinunciano ai punti per vincere una tovaglia orribile neppure in tempi di guerra, e i padri che con la faccia truccata dalle figlie femmine per far passare il tempo, la tirano lunga per non avere in serata anche le unghie dei piedi smaltati. Il gufo li osserva e decide la data esatta in cui perderanno la testa.

Chiudiamo con uno dei più teneri, l’Ulula Sportivorum gridatis, che guardava le partite del Piacenza calcio, nella speranza di una sconfitta, per poi poter avere motivo di sciagurate e sinistre conversazioni di critica al bar, dimostrandosi saccenti conoscitori del gioco ma subdolamente anche dispiaciuti e affranti tifosi quando dentro i loro gelidi cuori, godevano come un Gufus Trombazio (il Gufo Trombazio è molto paziente; attende sorvolando la fine di una relazione amorosa per piantare gli artigli sulla femmina del rivale). Per l’Ulula Sportivorum gridatis, nessuno sport mai riprenderà, per lui è giusto così, perché guadagnavano troppo e la natura ha fatto il suo corso.  

Teniamoci su, perché dopo una malattia la cosa più contagiosa è la tristezza…

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