LA PROVA DEL FUOCO

TESTO: ELISA ERIALTI

Durante questi giorni di reclusione le donne hanno cercato di investire il loro tempo in attività stimolanti per non sprofondare nella solita letargia tipica degli uomini. Alcune si sono date alla lettura, altre al fitness, altre allo studio di nuove lingue, altre ancora alla fotografia degli stormi di uccelli fuori dalla finestra. E mentre immaginavi che tua moglie si riscoprisse amante segreta del sadomaso estremo, ecco che lei approda in una scienza ignota e impervia: la cucina.

Se prima la ricetta più complessa che avesse mai provato era tagliare i würstel da buttare sulla pizza surgelata, eccola che rispolvera i consigli gastronomici lasciati in eredità dalla nonna, in quei libri che usava per non far traballare il tavolo del soggiorno. E così, da un giorno all’altro, la cucina diventa il bunker segreto di Pablo Escobar, con nubi di farina perenni, il bilancino sempre in funzione sotto il peso di panetti di burro di dubbia freschezza e carta forno che tappezza l’intera stanza. 

Sei se nei panni del marito, ogni due giorni, per adempiere ai tuoi doveri coniugali, hai l’obbligo di sederti al tavolo (traballante) ad assaggiare l’esperimento mal riuscito di un tiramisù acido o di una crostata cruda. E mentre lei scruta la tua reazione con i documenti del divorzio in mano, tu non hai altra alternativa che bofonchiare, con il pan di spagna incollato ai denti e alla trachea: «Wow amore, è buonissimo!».

Purtroppo la tortura non termina qui, perché sai già che dovrai sorbirti quell’abbozzo di cibo per una settimana, da solo e sempre con lo stesso entusiasmo, colazione-pranzo-cena, perché lei non lo può mangiare essendo a dieta e, vista la crisi economica odierna, «non ci possiamo permettere di buttare via niente».

Ma le ricette classiche si esauriscono nel giro di un paio di settimane e di conseguenza la massaia estrema deve ricorrere a nuove invenzioni nel campo culinario, affidandosi alla guida di chef chiaramente al suo livello, come Iginio Massari, Ernest Kramm, Gordon Ramsey, che hanno guadagnato stelle Michelin solo per aver sbattuto bene qualche tuorlo.

E immediatamente, come uomo di casa, ecco emergere un nuovo importante compito: andare alla ricerca degli ingredienti. La lista della spesa è semplice e dettagliata: una spatola incurvata verso sud-ovest, lievito madre solidificato 14 giorni sotto il sole delle Hawaii, tortiera a cerniera di argilla purissima e Cognac invecchiato 80 anni in barili di ebano per sfumare i savoiardi.

Girando per le corsie del supermercato ti accorgi che stranamente tutti i prodotti che ti servono sono gli unici a non essere stati saccheggiati (forse perché costano più della tua esistenza?) e ti senti molto soddisfatto per avere quasi portato a termine un compito così arduo come la spesa. Passeggiando tra i corridoi ti imbatti nella schiuma da barba e la osservi con aria triste. La vorresti comprare, ma in questo tua moglie è stata chiara: «Niente sprechi. Solo beni di prima necessità». E così, col tuo sedano rapa nel cestino, pensi che la crema per i piedi comprata nel 1998 alla sagra della porchetta rimane comunque un ottimo sostituto per radersi.

Ti avvii verso le casse passando tutte le tue cose di primaria importanza di fronte allo sguardo incredulo e schifato di una cassiera che sta rischiando la vita mentre tu ti appropinqui dall’altro lato della città solo per uno sbattitore con molle morbide e bacche di ribes dell’Himlaya Orientale. Dopo aver pagato la modica cifra di 78,50 euro hai finalmente un piccolo attimo di felicità: ti hanno regalato tre bollini. Chissà se riesci a collezionarne altri 297. Forse tua moglie ti lascerà prendere la tazza di Capitan America.

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