UN TRANQUILLO WEEK END DI PAURA

Colazione con caffè corretto e vino frizzate, aperitivo col Negroni, pranzo col rosso fermo, cena con la birra. Poi gli alpini possono iniziare a bere. Girano con le taniche a mo’ di zaino e hanno gli spillatori sui loro trabiccoli, si sbriciolano e dormono dove capita. Ecco una carrellata di alpini distrutti dopo un intero week end di sbronze colossali.

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TESTO: FILIPPO MERLI; FOTOGRAFIE: LA BATUSA

Prova a domandare a un alpino se vuole il caffè macchiato col latte. Lui sbarra gli occhi, non dice una parola, resta interdetto, scuote la bustina di zucchero in modo compulsivo e alla fine s’appoggia al bancone. “Ragazzo, senti qua. Mai chiedere a un alpino se vuole il latte nel caffè. Mai. Ragazzo, prendi la bottiglia di grappa e facciamo finta che non sia successo niente”. Un giovane e inesperto barista del centro ha imparato la lezione: in un minuto scarso ha capito qual è la differenza tra caffè macchiato e caffè corretto. Il caffè macchiato va bene per gli impiegati postali, quello corretto è il caffè degli alpini. Sapevamo che ci davano dentro, ma pensavamo che questi racconti di sbronze colossali fossero anche un po’ leggenda, un vecchio luogo comune per etichettare le penne nere. Invece questi si sbriciolano sul serio. Iniziano appena svegli, esattamente tre ore dopo l’ultima birra. Fanno colazione con salame e vino e rosso, poi entrano nel primo bar e ordinano caffè corretto grappa, quindi possono iniziare a bere. Intorno alle 11 fanno merenda con porchetta e Prosecco, per l’aperitivo i più giovani vanno di Spritz, mentre gli alpini navigati bevono Negroni. A pranzo stanno leggeri e scolano un paio di bottiglie di vino frizzante, poi attaccano con la birra. Alle 17 scatta la seconda merenda: salamella e altra birra. L’aperitivo della sera è uguale a quello del mattino, solo con dosi di Negroni più elevate. Poi cenano e bevono altro vino. Quindi, intorno alle 22, si distruggono. C’è chi gira con una tanica di rosso appesa al collo a mo’ di zaino e chi non si stacca mai dal bottiglione da 5 litri. I professionisti hanno trasformato l’Ape in un bar ambulante, con lo spillatore di birra e le panche nel cassone. La cirrosi epatica è roba per poppanti: gli alpini vanno avanti finché ce n’è. Barcollano ma non mollano, come la scritta che hanno sulla maglietta e sui cappelli. I piacentini che provano a stare dietro agli alpini cantano “bevo bevo bevo, mi ubriaco e son felice anche se poi vomito!”. E vomitano. Non c’è gara: questi sono fuoriclasse della sbronza. Dio ha inventato gli alpini, poi l’alcol. Il bicchiere della staffa ha una durata indefinita. Sabato mattina, intorno alle 6, un gruppo di alpini di Verona ci ha offerto una Heineken con la brioche alla marmellata. Loro erano al quinto gin tonic. Di solito, per quello che abbiamo potuto vedere, l’ultimo bicchiere se lo fanno attorno alle 8. Poi dormono dove capita: per strada, sulle panchine, appoggiati alle vetrine dei negozi, fuori dai bar. Se ti avvicini per fotografarli non si svegliano ma hanno un sussulto: stringono la bottiglia per paura che qualcuno possa portagliela via. Alle 10 si svegliano e hanno la gola secca. Si stiracchiano, fanno mente locale e ricominciano a bere. Dove passano gli alpini non cresce più la grappa.

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2 Comments on "UN TRANQUILLO WEEK END DI PAURA"

  1. Il fegato di bronzo conservato al Palazzo Farnese, erroneamente chiamato “etrusco”, apparteneva in realtà a un alpino.

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