DESTINAZIONE PIOVAROLO: LA VENDETTA

Il treno cancellato

Che questa sia la società della formazione e della comunicazione, forse alle Ferrovie è sfuggito. Sabato mattina l’altoparlante della stazione fa sapere alle 8.44 che il treno regionale per Milano G.P. non si sarebbe effettuato. Il treno sarebbe dovuto partire alle 8.09. Praticamente, una comunicazione just in time. Nessuno aveva informato Trenord dell’appuntamento a Expo, che non si poteva rimandare: riportare in Italia il record della pizza più lunga del mondo? Ma la chiarezza e la velocità di trasmissione dell’informazione si era conclamata, con momenti anche ironici, poco prima. Alle 8.21 viene annunciato che il treno è in partenza dal binario 6. Le porte sono chiuse. Alcuni cercano di scendere. A far salire il pathos è un uomo che dal marciapiede avverte la moglie di parenti già seduti: scendete che lu tren nun part… Tutti si precipitano alla porta che è stata sbarrata. Sembra la gag di un film Anni 60. “Schiaccia lu buttone rosso” urla il marito alla moglie. Ma la porta resta serrata. Gli altri viaggiatori si agitano e si interrogano. Si sta come i marinai di un sommergibile adagiato sul fondo del mare. È panico. Comincia a serpeggiare il terrore: l’ossigeno basterà per tutti?
Arriva un ferroviere. Apre la porta e se ne va. Informazioni zero. Rimane l’incertezza. Il treno parte o no? Intanto, i treni passavano avanti e il tempo scorreva.
Un giovane ferroviere, verso le 8.40, fa quello che si sarebbe dovuto fare mezz’ora prima: signori scendete, questo treno non parte. I metodi sono sbrigativi, ma la sostanza c’è. Purtroppo viene bersagliato dai viaggiatori: “Adesso ce lo dite, nessuna informazione, prima l’annuncio della partenza ora la soppressione” e via di questo passo. Banalizzando: la destra – la mano, non la parte politica – non sa cosa fa la sinistra. A Roma-mafia-capitale, invece, destra e sinistra sapevano benissimo cosa facevano perché lo facevano insieme.
Morale? La solita: i cittadini hanno pagato il biglietto per un contratto non rispettato, hanno perso un’ora e subito disagi. Le Ferrovie Trenord – ma lo stesso vale anche l’emilianissima Fer e per i magistrati – sbagliano, ma non pagano.

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