E’ lo spettacolo. Come quando gli anziani del Ragazzo di campagna guardavano passare il treno. Gli anziani piacentini, invece, sono in estasi per la ruspa che, ogni mattina, demolisce una piccola parte del palazzo che ospitava gli uffici comunali sul Facsal. La platea di osservatori è ampia, attenta, critica. Gli anziani individuano quella che, secondo loro, è la migliore prospettiva: c’è chi si mette sul prato per avere un quadro completo della situazione, chi sceglie la panchina di fronte per guardare lo spettacolo dal basso verso l’alto, chi si mette in perfetta simmetria con la pala della ruspa per godere del suono di ogni mattone che si frantuma. Il confronto, spesso, è animato.

«Così non ce la fa, sono muri vecchi, resistenti».
«Ma chi è il pilota? Iannone?».
«Va’ che roba, non si può scavare così, lo sanno tutti».
«Con quella ruspa non viene giù neanche il mio pollaio».
«Nel 1920 era diverso».
«Si stava meglio quando si demoliva peggio».

A volte, anche i giovani di passaggio si fermano a dare un’occhiata. Ma rispettano i saggi del cantiere e stanno in disparte. Sanno che devono fare esperienza e che, per il momento, devono limitarsi ad ascoltare. Tra qualche decina d’anni, saranno loro che si godranno la pensione in voucher guardando abbattimenti e demolizioni. Per ora, la scena è tutta per i peripatetici dei cantieri. Che camminano, pensano, riflettono.

«Un blocco di massa m = 4,8 kg posto su un piano inclinato di un angolo α = 39° rispetto all’orizzontale è spinto da una forza orizzontale di modulo F = 46 N. Se consideriamo che il coefficiente di attrito dinamico tra blocco e piano è µ = 0,33, tra un paio di settimane dovrebbero aver finito».

Gli anziani del Facsal, però, vorrebbero che lo spettacolo durasse per sempre. E che quel vecchio palazzo, colpo dopo colpo, mazzata dopo mazzata, restasse in piedi. In fondo, è la metafora della loro vita al tempo di Matteo Renzi.