IL RACKET DEL LIEVITO MADRE

TESTO: CATERINA MASCARETTI

«Oggi ce l’hai?». «Sì, ce l’ho». Sguardi che si incrociano. Scambi rapidi e furtivi. E ti ritrovi nel carrello mezzo chilo di roba purissima. Lievito di birra. Fresco. Pronto per ogni tipo di panificazione.

Era iniziato tutto come un gioco. Con un panetto da 25 grammi, un po’ di farina e la voglia di provare un’esperienza nuova. Così, bloccata in casa senza poter lavorare, avevi provato per la prima volta a fare il pane. Qualcuno ti aveva anche avvisato che era una spirale dalla quale non saresti più uscita. Ma non hai voluto dare retta a nessuno. E così, all’improvviso, passi con la massima scioltezza dal lievito di birra fresco a quello secco. Dal Mastro Fornaio al Pizzaiolo. Dal Pan degli angeli al Bertolini. Ormai conosci tutte le marche. Sai quale ha il potere lievitante migliore e quale il sapore meno persistente.

Nel giro di poche settimane ti ritrovi con Maria Rosa in crisi d’astinenza sul divano che ti chiede «facciamo una torta?». E allora giù di torte, brioche, pizze, focacce, pane, grissini. Lievitati dolci, lievitati salati. Preparazioni americane, preparazioni orientali. Non c’è più ricetta che abbia segreti. In famiglia c’è chi comincia a sviluppare allergie. O, forse, affinità ai lieviti. A qualcuno vengono delle bolle. Qualcuno aumenta di dimensione durante la notte. Il cane occupa da solo un’intera stanza.

Ma tu prosegui imperterrita. Finché un bel giorno la magia finisce. Non c’è più lievito. Diventa un prodotto introvabile. Non puoi uscire dal Comune perché c’è l’ordinanza, il decreto, la bolla pontificia, la grida. Non puoi compilare l’autocertificazione in cui barri lo stato di necessità e scrivi «devo trovare il lievito». Ti rechi quotidianamente al supermercato sotto casa, rischiando il tutto per tutto. Ma il lievito non si trova.

Provi anche con la spesa online. Il lievito c’è. Di ogni tipo. E ti guarda beffardo. Perché tanto non potrai ordinarlo, dal momento che tutte le consegne sono già state prenotate da qui a Ferragosto.

Ripieghi sull’ultimo baluardo possibile. C’è un sito che dice che il lievito, il lievito madre, lo puoi fare in casa. Torna la speranza. Inizi a definire la blogger che ti sta iniziando all’arte della coltivazione e della cura del lievito come l’angelo della panificazione. Un’eroina silenziosa e con le bolle.

Ti procuri tutto il necessario e inizi la tua avventura di madre di microrganismi. Barattoli coperti da pellicola posizionati strategicamente vicino a mele e banane. Rinfreschi da fare prima ogni 48 ore, poi ogni 24, poi ogni 12, poi ogni cinque minuti. Ti sembra di impazzire. Costruisci le tue giornate attorno alle esigenze dei tuoi piccolini. Stai già pensando a quando dovrai far seguire seguire loro le lezioni in streaming quando qualcosa va storto. Si forma una spessa crosta. E il lievito madre è morto.

Non sai più che cosa fare. Inizi a pensare al mercato nero. Cerchi gli spacciatori. Poi ti ricordi che per anni hai coltivato profonde amicizie con le commesse del supermercato sotto casa. Adesso è arrivato il momento di riscuotere. Ne avvicini una, ma restando a un metro e cinquanta di distanza. Nella mascherina bofonchi tra i denti: «Lievito?”. Lei ti guarda. Non capisce. Ripeti: «Lievito?». Ti senti come una che cerca del crack. Finalmente ti capisce. Ha un canale privilegiato. E adesso ce l’hai anche tu. Si allontana pochi secondi e torna con un panetto da mezzo chilo. Anche per oggi la panificazione è salva.

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