TUBINO OR NOT TUBINO

Il 18 maggio ci sarà un bar che non riaprirà. E’ il Tubino di via Guerra, dove i vecchi del Tubino resteranno orfani del Tubino.

TESTO: REDAZIONE FOTOGRAFIE: IDEM

I vecchi del Tubino sono vecchi. Non sono anziani. Se dai dell’anziano a un vecchio del Tubino, il vecchio del Tubino si incazza. Premessa. 

Il 18 maggio c’è un bar che non riaprirà. E’ il bar Tubino (o Sabri bar) di via Guerra, angolo via Rosselli. Dietro al bancone, dal 1983, c’erano il Piero e la signora. L’articolo, quando parli del Piero, è fondamentale. Perché per i clienti era il Piero. Per la signora, invece, il nome è secondario. Perché per i clienti era la signora. Oggi, con le serrande a mezz’asta, segno di lutto per i vecchi del Tubino, il Piero e la signora stanno perfezionando la chiusura. Alcuni tavoli sono già stati trasferiti chissà dove. Le bottiglie di liquore non ci sono più. Per il momento restano le caramelle, la macchina del caffè e il flipper dei Sopranos, un cimelio da collezione.


Ancora non sappiamo se i vecchi del Tubino sanno che il Tubino cesserà di esistere. Ce li immaginiamo soli e coi nervi a pezzi, con le mogli che prima di loro non vedono l’ora che il Tubino riapra perché li hanno tra i piedi da settimane. Avranno ammucchiato pile e pile di monete da un euro (perché il Tubino era un bar da un euro, bianchi e caffè, caffè e bianchi) pronte per essere investite in Ortrugo frizzante durante una partita a carte. Al bancone la procedura era semplice: il vecchio del Tubino partiva da casa con l’euro in mano e quando arrivava a pochi metri dall’ingresso lo lanciava sul ripiano. Il Piero versava, riponeva la bottiglia nel frigo, prendeva l’euro, diceva «bene» e lo metteva in cassa.


Dicono che il coronavirus si sia portato via un intero tavolo da quattro di vecchi del Tubino, sopravvissuti alla guerra ma non al Covid. Gli altri sono ancora in casa in attesa che riparta il Tubino. La loro giornata tipo prevedeva qualche bianco al mattino, qualche bianco al pomeriggio e qualche bianco alla sera. Una dieta bilanciata che ha permesso a molti di loro di affrontare la pandemia con i giusti anticorpi.

Al Tubino si respirava quel clima di benessere tipico del boom economico degli anni ’60. Alle pareti erano appese vecchie iconografie del Cynar e calendari marcati caffè Tubino. In televisione passavano documentari, quiz, film e naturalmente partite di calcio. Il mercoledì, quando non c’era la Champions League in chiaro, era dedicato alla serie Disaster Movie, che raccoglieva pellicole splatter con formiche giganti che ereditavano la Terra o calamità naturali che allietavano le serate degli avventori.


Quando chiude un bar è sempre una tragedia. Un dramma che può capire solo chi sa stare in un bar. Il che significa stare al proprio posto e ridere quando durante una partita del campionato del mondo di calcio femminile il pallone sta per uscire e il vecchio del Tubino sibila «secondo me lo prende», seguito da un altro vecchio del Tubino che rilancia con un «lo prende, lo prende, altroché se lo prende…». Non parlava mica del pallone.


Il Tubino apriva prima delle sette. Il Piero e la signora arrivavano insieme, poi la signora andava a casa a pranzare e il Piero restava solo, poi la signora tornava e il Piero andava a casa a pranzare, poi il Piero tornava e la signora andava a casa a cenare, poi la signora tornava e il Piero andava a casa a cenare, poi il Piero tornava e la signora andava a casa prima di tornare verso le 23,30 per chiudere il bar col Piero. Una routine scandita da 37 anni di lavoro con un paio di settimane di ferie estive e le festività da onorare.


In questi giorni il Piero e la signora, protetti dalle mascherine, stanno finendo di sbaraccare. Energumeni con le braccia tatuate caricano i frigoriferi dei gelati sui camion. All’interno del bar ci sono ancora i ritagli degli articoli dedicati al Fantacalcio, una pratica passata di generazione in generazione. Due volte all’anno, in estate e per il calciomercato invernale, i padri che vent’anni prima si ritrovavano al Tubino a formare le squadre esercitavano la stessa pratica con i figli. Il Piero e la signora raccontavano con orgoglio dell’importanza del bar di quartiere, il loro bar. Un piccolo ecosistema sociale in cui si condividevano le buone notizie e gli insulti del tempo. Un ritrovo abituale in cui i giovani del Tubino sono diventati i vecchi del Tubino.

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