NEREO

nereo

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

E venne il venerdì. Prima di fare l’aperitivo al Bar Centrale con donne che macchiano il bicchiere dello Spritz di rossetto e finti manager che mangiano tartine col cellulare e le chiavi della macchina in bella vista sul tavolo, leggetevi questa storia di Nereo.

In tempo di crisi economica come questo, e con una famiglia da mantenere, quando si cerca un lavoro stabile e ben retribuito non si storce certo il naso. Ma, quello che mi avevano proposto, era qualcosa di molto, molto lontano da ogni genere di mestiere che avevo svolto fino a quel momento. E pure dalla mia immaginazione… Presto capirete perché. Sì, in passato avevo avuto impieghi particolari, come pulire la cacca delle tigri chiuse in gabbia, oppure fare da assistente a un ricercatore intento a trovare il metodo più rapido per stabilire il sesso dei pulcini. Ma la proposta arrivata via mail quella mattina non me la sarei mai aspettata. Avevo fatto un annuncio su di un sito che raccoglieva inserzioni di lavoro “impossibili”; mestieracci che nessuno voleva fare. Ho inserito il mio nome nella sezione valida per tutti i generi, senza preclusione di sorta. Così, come dicevo miseria ladra, ricevetti la convocazione della casa di riposo “Imagine” a pochi chilometri da casa mia. Esatto, come la canzone di Lennon.

“Si sieda, si sieda pure” mi disse il direttore della casa di riposo.
“Grazie”.
“Grazie a lei per essere venuto signor Nicola… Onestamente non ci aspettavamo che qualcuno rispondesse così velocemente”.
“Ah no? E come mai direttore?”.
Prima di rispondere l’uomo leccò il bordo di un grosso sigaro e lo accese.
“Lei sa in che cosa consiste questo lavoro? Glielo hanno già spiegato?”.”Veramente no. Ho solo ricevuto la convocazione da quel sito dove ho…”
“Ho capito, ho capito… Internet. Allora mi è chiaro del perché lei sia all’oscuro di cosa facciamo qui”.
“Cosa fate qui?” risposi incuriosito cercando di intravedere il volto paffuto attraverso la spessa nuvola di fumo.
“Ci prendiamo cura di ospiti molto particolari”.
“Io ho scritto nel curriculum che non ho conoscenze infermieristiche, ma per tutto il resto imparo in fretta”.
“Oh, non ne dubito caro Nicola. Non ne dubito. Ma qui non occorrono quel tipo di conoscenze. Qui serve avere molta pazienza”.
A quel punto ero ancora in una situazione piuttosto confusa. Se non dovevo fare flebo o costringere a ingurgitare pillole, sarei di certo stato in grado di lavare sederi, svuotare pitali e sollevare corpi mezzi morti.
“Io sono paziente… E volenteroso”.
“Bene, perché con i nostri speciali ospiti occorrono entrambe le cose”.
A quel punto feci l’unica domanda rimasta prima di parlare di soldi: “Di che genere di pazienti si tratta signor direttore?”.
Tirò una profonda e apparentemente gustosa boccata di fumo e dopo aver appoggiato le grasse mani sulla scrivania per fissarmi meglio, rispose: “Ospiti immaginari…”.
“Ah, malati immaginari, malati di mente. Gente ipocondriaca che crede di essere malata e non lo è? Ho una zia a Roma che…”.
No, no, no” mi interruppe sputando fumo azzurro. “Nulla di tutto questo. La nostra struttura ospita personaggi inventati dalla gente. Amici immaginari abbandonati da ragazzini poi cresciuti. Personaggi inventati da romanzieri per libri poi terminati. Compagni di una vita di malati di mente, poi magari guariti o morti”.
“Ah…”.
“Già, signor Nicola. Glielo avevo detto che sono ospiti speciali. Fino a oggi nessuno pensava a loro. Vagavano abbandonati come anime in pena, come fantasmi senza una casa da infestare. Dopo anni di onorato servizio, si ritrovavano senza più un amico, un padrone, qualcuno che dicesse loro cosa fare e gli imboccasse le parole. Capisco che a un primo impatto la cosa possa sembrare strana, folle, ma le assicuro che è così. Lei non ha mai avuto un amico immaginario signor Nicola?”.
Arrivati a quel punto faticavo a trovare le parole adatte. Ma l’idea di fare l’inserviente a delle persone immaginarie mi suonava, come dire, leggero.
“Sì, certo. Si chiamava Jim, come il mio Big Jim. Era poco più grande di me e mi ricordo facevamo lunghe chiacchierate sul culo della vicina di casa o sull’organizzare piani per vendicarci dei bulli della scuola”.
Un ghigno si fece strada nelle fossette lardose del direttore, che tirò fuori un quaderno dal cassetto della scrivania facendo scorrere rapidamente il dito sussurrando…
“Jim… Jim.. Jim… Eccolo! Jim Rossi, è il suo cognome vero? Nostro ospite dal 20 febbraio del 1988, che vedo sulla sua domanda di ammissione essere il giorno del suo quattordicesimo compleanno. Era forse arrivato un motorino per “grandi” quel giorno signor Nicola?”.
Ero senza fiato. E non stavo di certo sognando.
“Cazz… ehm… Accidenti, ma dice davvero? J-Jim è qui?”.
“Certo, lo potrà rivedere tra poco. Spesso i creatori di questi personaggi vengono a far loro visita. E’ grazie alle donazioni di alcuni di loro che tiriamo avanti. Pensi, l’altro giorno, Stephen King ha invitato dall’America 200.000 dollari. Abbiamo qui da noi la sua Misery, che effettivamente come potrà vedere, alla fine non è morta”.
Ero eccitato, stupefatto, incredulo.
“E poi? Poi chi avete anche?”.
“Oh, caro Nicola, c’è l’imbarazzo della scelta. Abbiamo il vecchio pescatore rincoglionito del libro di Hemingway. Tutte le settimane dobbiamo comprare un grosso pesce e farglielo pescare nella fontana che ha visto all’ingresso altrimenti da di matto. Poi, abbiamo l’agente della Cia che per sessant’anni è stato accanto al matematico John Nasch. Ora però con un nuovo farmaco è riuscito a tenerlo lontano e lo ha mandato qui. Poi, ah sì, nella 237 abbiamo un pezzo grosso: Hercule Poirot. Meno male che per lui paga l’associazione amici di Simenon, altrimenti sfamarlo sarebbe un salasso. E poi al piano inferiore abbiamo quella che chiamo la massa”.
“La massa?”
“Sì Nicola, la massa. Sono la parte più silente, quella di cui anche nella vita vera si parla poco. Sono coloro che tanti immaginano al posto della persona che credono di amare. Per una vita magari hanno tentato di calzarla come una pelle di serpente sul marito, oppure sulla moglie, ma quasi sempre per delusioni nei comportamenti, hanno dovuto desistere e prendere atto che la realtà era ben diversa. Sono quasi tutti qui… Allora, lo vuole questo lavoro? All’inizio la paga è bassa, ma se tutto andrà bene come sono certo, presto ci sarà un aumento”.
Una profonda tristezza mi aveva pervaso. Un sentimento pesante e inspiegabile. Non avevo mai pensato a quante persone popolassero davvero questo piccolo mondo e ora a quelle reali dovevo sommare tutte quelle immaginate. Non era più possibile non considerarle… E poi avrei rivisto Jim, alcuni personaggi di film e libri che amo.
“Bene direttore, le posso dire che…”,
Non riuscii a finire la frase che la porta alle mie spalle si spalancò e due uomini in tuta blu si avventarono sul direttore trascinandolo fuori dalla scrivania.
“Lasciatemi, maledetti! Lasciatemi! Sto lavorando…”.
Un uomo in un completo grigio si materializzò dietro di me e mi appoggiò la mano sulla spalla.”Stia tranquillo signor Nicola, starà bene. Mi chiamo Roberto Corso e sono il direttore di questa struttura…”.
“Il direttore? Ma allora lui…”.
“E’ uno dei nostri più astuti pazienti… Ama prendere il mio posto per prendersi gioco dei nuovi arrivati. Le chiedo scusa per questo inconveniente e la prego di accomodarsi”.
Sentivo il cuore pulsare nel petto e lo stupore poco la volta trasformasi in rabbia per essere stato preso in giro. E fu lì che trovai la forza di reagire.
“No, non mi siedo. Chi mi assicura che anche lei non sia un personaggio immaginario come quel ciccione di poco fa?”.
Il presunto direttore rise con dolcezza e dopo essersi seduto mi fece cenno con la mano di imitarlo.
“Vede Nicola, in effetti lei ha in parte ragione. Uno di noi due non è reale, ma io sì. Mi spiace, la sua bozza di personaggio per un racconto non ha soddisfatto l’autore e da oggi lei sarà nostro ospite… Ah, non si stupisca, in molti fino alla fine vivono solo in realtà immaginati da altri. Pensi ai succubi, a chi vive sotto regime, a chi non ha la forza o possibilità di ribellarsi. In fondo, essere un personaggio di fantasia a volte può essere più “umano” di quanto non lo sia per una persona reale. L’importante, come nel suo caso, è non saperlo. Ora venga, le mostro la sua camera, è vicina a quella del Piacenza Calcio”.

Share

5 Comments on "NEREO"

  1. …però l’immaginazione fa brutti scherzi…

  2. Stupenda.. molto molto piacevole e divertente.. ci si potrebbe scrivere una sceneggiatura.

  3. Letto mentre servivo in negozio. Ho messo dei pazienti in attesa pur di finirlo. Davvero notevole!

  4. Bravo davvero!! Clalp clap clap!

  5. Sei davvero bravo grazie ragazzi

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi