SALVIAMO IL FULMINE!

Dopo l’articolo della Batusa sugli anziani disperati per la chiusura dello storico negozio sono arrivate decine di e-mail di piacentini che si chiedono perché il Comune non abbia fatto nulla per aiutare il proprietario a trovare un nuovo investitore (un po’ come accadde col Piacenza Calcio). Lo abbiamo chiesto all’assessore al Commercio Katia Tarasconi.

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FOTO: LA BATUSA

Domani gli anziani andranno a caccia di mutande tra i banchi del mercato. Ormai è l’unico posto dove possono trovare i modelli di una volta, quelli con l’elastico che arriva sopra l’ombelico e l’etichetta che prude sulla schiena. Il Fulmine ha chiuso sabato scorso e i vecchi ci sono ancora sotto. Non hanno più il loro negozio di riferimento, quello che ha rifornito intere generazioni cdi reggiseni imbottiti e calze a filo Scozia. Dopo il nostro pezzo (vedere per leggere) sulla chiusura dello storico punto vendita – la prima volta che i piacentini hanno sentito parlare del Fulmine era il 1931 – ci sono arrivate decine di e-mail di lettori che si rammaricavano per un altro pezzo di storia della città che se ne andava. Non solo. I nostri fan concordano col proprietario del Fulmine, Maurizio Lanzoni, che ha detto alla Batusa di non aver avuto cenni da parte delle istituzioni e di non essere riuscito a trovare alcun negoziante disposto a portare avanti la tradizione del Fulmine. “Perché il Comune non ha fatto nulla per scongiurare la chiusura del Fulmine? Perché non ha aiutato Lanzoni ha trovare un nuovo investitore?” hanno scritto i nostri lettori. Noi abbiamo girato la domanda all’assessore al Commercio di Palazzo Mercanti, Katia Tarasconi. “Investire? E come? Il problema è che la gente non ha soldi” dice la Tarasconi alla Batusa. “Siamo tutti a conoscenza della situazione economica attuale. Gli stipendi sono sempre gli stessi, mentre aumentano le spese. In più la gente è sfiduciata, c’è una sorta di paura diffusa, nessuno spende né investe più. Il Comune cerca di incentivare i proprietari degli immobili ad abbassare il prezzo dell’affitto in modo da pagare meno Imu per consentire a un possibile investitore di entrare nel locale, ma purtroppo a Piacenza ci sono proprietari che chiedono affitti esorbitanti e che preferiscono tenere i negozi vuoti piuttosto che abbassare i prezzi”.
La storia del Fulmine ci ha fatto ripensare al Piacenza Calcio. Anche nel caso della squadra della città, come è avvenuto per il negozio di via Mazzini, nessun imprenditore rispose all’appello di Fabrizio Garilli, che aveva invitato possibili investitori a farsi avanti per rilevare la società. Ovviamente sono due cose molto diverse, ma il principio è lo stesso: quando c’è da preservare un patrimonio storico della città – come può essere la squadra di calcio o un vecchio negozio – i piacentini se ne fregano e si girano dall’altra parte. Per la Tarasconi la causa è sempre quella: crisi economica. “E’ una situazione molto complicata. Non saprei quale misure potrebbe prendere il Comune per incentivare gli investitori. E’ vero che il Fulmine è un negozio storico, ma ce ne sono altri altrettanto vecchi che rischiano di chiudere, in centro e fuori città. Io parlo spesso con gli ambulanti del mercato, e mi dicono che devono abbassare la tipologia di merce perché per i clienti anche dieci euro sono diventati problematici”. La crisi c’è, i soldi mancano, ma proviamo ci lo stesso: salviamo il Fulmine.

filippo.merli@labatusa.it

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