SALVIAMO IL FULMINE!/2

Questa mattina alla Batusa è arrivata una foto di un cartello affisso sulla vetrina del negozio di via Mazzini. E’ scritto col pennarello nero, in pieno stile Art Attack. La mano ignota deve aver agito nella notte per lanciare un messaggio chiaro alle istituzioni: “Salviamo il Fulmine!”.

CARTELLO FULMINE

TESTO: FILIPPO MERLI

Alla Batusa è arrivata una strana fotografia. Chi l’ha inviata ha detto di averla scattata questa mattina. E’ un cartello affisso sulla vetrina del Fulmine, lo storico negozio piacentino che ha chiuso sabato scorso dopo 82 anni di attività. Dice il cartello: “Salviamo il Fulmine!”. E’ scritto in stampatello con un pennarello nero su un normale foglio di carta ed è stato attaccato al vetro con lo scotch. Un lavoro ben fatto, chi l’ha scritto – probabilmente di notte – deve aver seguito con attenzione molte puntate di Art Attack. La mano ignota ha lanciato un messaggio chiaro alle istituzioni: occorre salvaguardare a tutti i costi l’ultimo punto di riferimento degli anziani piacentini, che dopo la chiusura del Fulmine non sanno più di trovare mutandoni di lana, collant che arrivano sopra l’ombelico e camicie da notte di flanella. Il Comune e gli altri organi competenti -ci avevano scritto decine di lettori dopo il nostro primo articolo – dovrebbero darsi da fare per trovare qualche investitore disposto a rilevare il Fulmine.
La Batusa è stata la prima a dare la notizia della chiusura del negozio di via Mazzini. Sabato scorso, l’ultimo giorno del Fulmine, siamo andati a intervistare il proprietario Maurizio Lanzoni e a scattare foto ricordo di reggiseni conformati della Cagi e calze in cotone Egitto. Il Fulmine non era già più quello di una volta e i segni della cessata attività erano evidenti. C’erano spruzzini di Vetril e mensole vuote, cartelli fosforescenti che annunciavano prezzi stracciati e ultime offerte, c’erano anziani che facevano scorta di mutande Sloggi e pancere color carne. Gli anziani era disperati e domandavano a Lanzoni dove avrebbero potuto trovare quello che trovavano solo al Fulmine senza ricevere una risposta convincente. Perché il Fulmine, storia a parte, era l’unico posto dove i vecchi potevano rifare il guardaroba con la biancheria che indossavano cinquant’anni fa, senza bisogno di dover modernizzare gli armadi con maglioni troppo colorati e perizomi.
Lanzoni disse alla Batusa di aver cercato qualcuno disposto a rilevare l’attività per portare avanti la tradizione del Fulmine, ma non si è fatto avanti nessuno, a conferma del fatto che quando un negozio – o un’azienda, o la squadra di calcio – che fa parte della storia della città rischia di scomparire i piacentini se ne fottono. Per capire come mai non c’è stato alcun piacentino pronto a prendere il posto dei vecchi proprietari abbiamo chiamato l’assessore al Commercio del Comune, Katia Tarasconi, che qualche giorno fa ha spiegato alla Batusa come “a Piacenza ci sono proprietari che chiedono affitti esorbitanti e che preferiscono tenere i negozi vuoti piuttosto che abbassare i prezzi”. Per la Tarasconi è tutta colpa della crisi. “E’ una situazione molto complicata. E’ vero che il Fulmine è un negozio storico, ma ce ne sono altri altrettanto vecchi che rischiano di chiudere, in centro e fuori città”. Lanzoni ci aveva detto che, se avesse trovato un sostituto, lo avrebbe affiancato volentieri per i primi mesi per fargli da guida e per spiegargli come si vendono un paio di mutande a un anziano. “In questo lavoro – disse – bisogna essere disponibili, chiacchieroni, accomodanti”. Un vecchio ci mette ore a scegliere due pomodori al banco della verdura, figuriamoci un pigiama in un negozio. Ci vuole pazienza, calma, bisogna aver raggiunto la pace dei sensi e saper controllare il proprio karma per accogliere le lamentele degli anziani, troppo largo, troppo stretto, troppo lungo, troppo corto, questo no, questo forse, no, neanche questo. Ma in fondo il Fulmine era l’unico posto in cui vendevano reggiseni della nona misura e mutandoni da trincea modello El Alamein. Per questo – e per tanti altri motivi – non può finire così. Salviamo il Fulmine!

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