Mancano due giorni alla Festa della donna, il magico giorno in cui le ragazze escono tra loro e bevono un intruglio a base di spumante bicarbonato e sciroppo di zucchero accompagnato da crostini mimosa e torta mimosa. Ecco che cosa ne pensa Nereo.

TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: INTERNET

Al peggio non c’è mai fine; ma ad alcuni piace…Dopo gli anolini e i bolliti di Natale, si passa obbligatoriamente attraverso il cenone dell’ultimo dell’anno, si mette un piede nella tragicità dei tomini mezzi crudi a forma di cuore (che spesso sembra un’altra cosa) di San Valentino e prima dell’agnello sacrificale di Pasqua, si deve passare per quello che “appassionate” mi hanno definito la “danza dell’elicottero”.
“Fenicottero?” chiedo ingenuamente io.
“No, no. Elicottero…”
L’8 marzo, festa delle donne. Provo a immaginare quale sarebbe il mio menu perfetto nel caso fossi chef, e dovessi cucinare per questo Conclave. Mi sono sforzato, ma credo che questo sia il termine più esatto per definire questo genere di convivio, che sia chiaro, non giudico né tanto meno critico, (l’uomo lo fa tutto l’anno in appositi locali), ma mi fa sorridere per come da alcune protagoniste viene vissuto. Come inizio la fa da padrone il Mimosa Cocktail: un disgustoso intruglio a base di spumante bicarbonato, succo di arancia e sciroppo di zucchero. Crostini Mimosa, praticamente una fetta di patona con sopra un’acciuga e punta di asparago (in piedi). Nessuno potrebbe impedirmi di impiattare gustose mezze maniche allo zafferano con gamberetti in scatola dove si vede ancora il filo nero dell’intestino, e zucchine tagliate alla… Avevo qualche difficoltà sulla scelta del secondo, ma qui mi aiuta la Parodi, che leggo suggerire una delicatissima cima di vitello, con capperi e patate al curry, molto più adatto del castrato che avevo precedentemente preso in considerazione. Meglio, la cottura è lunga e c’è da farsi due balle così… Per il dolce non mi faccio cogliere impreparato, e gioco di acutissima fantasia: torta Mimosa. Poi però, cercherei di farmi perdonare da loro gentili signore senza le quali, noi fragili uomini, non potremmo stare.