UN GIRO SULLA GIOSTRA

Giro di perlustrazione al luna park della discordia, tra donne in abito da sera che sputtanano lo stipendio alla corsa dei cavalli di plastica e uomini che pur di regalare un gorilla di pezza alla loro amata sparano come se non ci fosse un domani.

ippopotamo

TESTO: FILIPPO MERLI; FOTOGRAFIE: IDEM

Per sparare con la pistola a gas servono sangue freddo e i risparmi di una vita. La morosa aspetta il gorilla di pezza e per vincerlo, oltre a spendere una fortuna, dovrai abbattere una lunga fila di lattine di Coca Cola. Allora ti metti gli occhiali protettivi, allarghi le gambe, chiudi un occhio, poi l’altro, prendi la mira e non prendi il bersaglio. Cazzo. Sparare alle lattine di Coca è più difficile di quanto sembri. Anche perché spendi più o meno un euro al colpo e alla fine, quando hai esaurito il caricatore, ti accorgi di aver pagato 150 euro un gorilla di pezza che al Toys Giochi ne costa 20. Però la morosa è contenta. La vita è una cosa meravigliosa. Dovreste vedere quanti soggetti simili ci sono al luna park della discordia, nel parcheggio dello stadio. Fingono di sparare per divertimento, invece è una sfida con loro stessi. Non vogliono fallire. Non possono. Le ragazze sono lì che guardano, gli amici sono pronti a sfotterli se non pareggiano almeno il loro record, la tizia che sta dall’altra parte del bancone li prende per il culo col microfono se sbagliano un colpo e si sentono tutti gli occhi addosso. Vorrebbero ritirarsi, ma ormai ci sono dentro. Allora ricaricano e spari di nuovo per provare a loro stessi e al mondo intero che sono veri uomini. In fondo il luna park è proprio questo: una sfida. Affronti le tue paure per superarle, sai che te la fai sotto ad andare sulle montagne russe ma ci vai lo stesso per superare i tuoi limiti. Per questo non ci siamo mai andati. Prima di tutto perché ai nostri limiti ci teniamo, e poi perché pagare per farsela sotto non ci è mai sembrata una grande idea.

CI CHIAMAVANO TRINITÀ

Comunque ci sono sempre i giochi meno pericolosi. Come quello all’ingresso, accanto ai cessi chimici. E’ il gioco dell’Nba, devi semplicemente fare canestro per vincere una maglia tarocca del Milan o della Juve. Abbiamo la mano calda, potremmo metterla a occhi chiusi, ma proseguiamo perché non siamo al luna park per giocare, ma per osservare da vicino il tipico soggetto da luna park, ovvero il tamarro prepotente e il povero padre di famiglia costretto ad accompagnare il figlio sull’autoscontro. Passiamo davanti al tirassegno e la tizia ci bolla: “Ehi, vuoi provare? Dài, anche se perdi vinci comunque un premio!”. Dolcezza, a parte il fatto che alle medie ci chiamavano Trinità, ma ora non abbiamo tempo per queste sciocchezze. Dobbiamo andare a vedere che cosa succede alla corsa dei cavalli, dove destrieri di plastica si sfidano in un ippodromo di plastica telecomandati da donne di plastica in abito da sera che sputtanano lo stipendio del marito. Poi ci dirigiamo verso Magic Mountain, una specie di Gran Canyon sotto agli occhi di quelli che abitano in via Gorra. Più avanti c’è l’immancabile casa delle streghe. Ora, sapete benissimo che in ogni casa delle streghe che si rispetti ci sono quegli sbuffi d’aria compressa che ti vanno negli occhi. Il tipo che è lì con la fidanzata ride da matti e si sta divertendo un mondo. A un certo punto lei passa sotto uno di questi sbuffi e le sia alza la gonna. Ora ride la gente che assiste alla scena. Il tipo ride un po’ meno.

RUOTA PANORAMICA VISTA GRADINATA

Passiamo davanti al paninaro – 5 euro un panino, un affarone – e troviamo il cinema 5D, dove una ragazza sui trenta con le trecce legate dietro la nuca sta rompendo il giostraio perché vuole sapere se fanno vedere i dinosauri. Più avanti c’è la pesca dei cigni che ci riporta indietro nel tempo. La pesca dei cigni, infatti, è l’unico gioco che facevamo noi al luna park (tra l’altro assistiti dai genitori perché non si sa mai, è un attimo volare nella vasca). Non si vincevano criceti in fin di vita o pesci rossi che durante il tragitto per tornare a casa si suicidavano nel sacchetto di plastica, ma era comunque un passatempo divertente. “Gioia, la pesca dei cigni ce l’abbiamo a casa” dice una mamma alla figlia. Avranno un salotto molto spazioso. Il tipico esemplare del padre di famiglia da luna park si trova a pochi metri da noi. E’ tutto bagnato perché sta guidando il gommone rotondo della figlia. La moglie riprende tutto col telefonino. In effetti sono momenti da fissare. Poi c’è l’angolo dedicato ai fiori, chiamato “La Fiorista” (giustamente dietro al banco c’è un uomo con la barba). Dall’altra parte ci sono le classiche attrazioni da luna park, dal cancinculo al bruco mela fino alla casa dei fantasmi (a proposito, una volta usavano dei fantocci meccanici, oggi gli scheletri e i mostri sono esseri umani: la crisi non ha risparmiato neppure i giostrai), passando per l’autoscontro e i venditori di zucchero filato e crêpe alla Nutella. Quindi arriviamo alla ruota panoramica con vista gradinata dello stadio Garilli, che non sarà il Prater di Vienna ma è comunque un gran bel panorama. I tamarri sono un po’ dappertutto, con gli occhiali da sole con la montatura bianca e il cappellino girato sulla testa abbracciati alle loro femmine. Al luna park nel parcheggio dello stadio la vita scorre pacifica, la gente si diverte, i bambini giocano, gli adulti scattano fotografie. E quanti amori sono nati sul Kiss Express.

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