NEREO

Non c’è modo migliore di spendere gli ultimi risparmi a tavola. Nereo oggi vi porta al ristorante Riva di Pontedellolio, dove cucina molecolare fa rima con nucleare.

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TESTO: NEREO TRABACCHI; FOTO: ARCHIVIO TRABACCHI

E finalmente arrivo fin qui, in quello che considero il mio ristorante preferito: Riva di Pontedellolio. In cucina c’è Carla Aradelli, la quale a mio modestissimo parere è attualmente il miglior chef di Piacenza e tra i migliori d’Italia (in passato allieva e collaboratrice di Cogny). In sala il marito Maurizio Rossi, ma di lui parleremo dopo. Il ristorante è un giusto connubio fra tradizione e raffinatezza, senza troppe quisquilie che spesso spaventano gli avventori più inesperti i quali si allontanano dicendo: “Fighi, cazzarola, ci sono i fiori sul tavolo, tre bicchieri e quattro forchette: si spenderà un occhio”. Invece no, non fate i cagasotto e venite a provare dei piatti raffinati, studiati e amati con un rarissimo e giusto rapporto qualità prezzo. La mano di Carla, migliorata molto negli anni, è in grado non solo di mettere nel piatto sfide tra sapori senza esagerazioni modaiole, ma la sua fantasia e voglia di “non sgionfare”, le permetteno di cambiare il menu ogni due o tre settimane. Del marito, come già accennato, parleremo dopo. Qui, e ormai solo qui, mangio il fois gras che in base alle stagioni presenta al suo interno un tocco dello chef, come ad esempio prugne o altra frutta. Se non vi aggrada il fegato di animale torturato, vi consiglio la salamella stagionata di cinghiale con patate schiacciate e puntarelle, oppure i calamari alla griglia con crema di ceci, spinaci e carciofi fritti. Del marito vi ho detto che parliamo dopo…
Ed ecco che mi cade l’occhio su un nuovo primo: gnocchi molecolari al sedano rapa con fave di cacao e castagne. Un tipo di cucina che avevo provato solo all’estero e difficile da trovare in Italia (figuriamoci a Piacenza), là dove alla parola molecolare spesso scoppiano in crisi di isterismo e terrore collettivo, sia per la paura del costo, sia per l’assurda convinzione di “rimanere con la fame”. Ma, dato che io devo essere giudice imparziale, chiedo e ottengo, come vedete in foto, di assistere Carla nella preparazione di questa pasta con fecola di patate e farina di riso, e mi è permesso anche di portare in cucina la mia coperta di Linus che per sicurezza tengo stretta al petto, perché in paese ho sentito dire molecolare fa rima con nucleare. Quando assaggio, e provo tutto il sapore e consistenza capisco la sostanziale differenza tra il cucinare ed essere chef di questo livello. Interessanti anche i tagliolini di pasta “20tuorli” all’astice e radicchio tardivo e gli spaghetti “ma pochi etti” con baccalà, pomodoro secco e capperi di Salina sulla cui ironia del nome preferisco non soffermarmi, soprattutto perché non l’ho capita.
Per restare leggero concludo con un piatto di stagione: trippa di vitello con carciofi e patate. Consiglio anche catalana di crostacei, e il tournedos di rana pescatrice con cime di rapa e olive. E ora parliamo di colui che gestisce la sala a passi di danza vestito da tanguero. Dell’uomo la cui imperscrutabile espressione non ti permette mai di comprendere se ti sta per arrivare una sberla o un sorriso: Maurizio Rossi per gli amici Maurizio Rossi. Il sito del ristorante dice che dopo gli studi in agraria ha approfondito le sue conoscenze e la sua esperienza nel settore vitivinicolo. Bene, e questo lo si evince da una cantina giusta, equilibrata e dal fatto che spesso arriccia l’angolo destro della bocca quando vede dei bicchieri vuoti. Comunque ammetto che sa coccolare e gestire i suoi clienti, anche quando magari rompono le scatole. Terminate tranquillamente con i dessert, sapienti opere dove si gioca con il caldo e con il freddo senza correre il rischio di farsela addosso… Al prossimo boccone!

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