NEREO

Tortelli che si fondono coi piatti di carta, vassoi da ospedale, spiedini impossibili da digerire, birra calda e liscio violento: Nereo alla sagra di paese. 

SAGRE

TESTO: NEREO TRABACCH; FOTO: INTERNET

Ho ricevuto il segnale stagionale. Ora che gli “estatisti” del “ho voglia di caldo” sono stati accontentati, e con le mutande arrotolate e sudate tra le chiappe (con la piacevole sensazione di sentirle andare a posto da sole), si domandano quando arriveranno i primi temporali a rinfrescare, possiamo parlare di sagre, o meglio feste di paese. Infatti “sagra”, per etimo, dovrebbe essere a festeggiare qualcosa di “sacro”, una festa celebrativa popolare per ringraziare e consacrare. Tutto ciò premesso, mi va spesso a stridere con strane sagre paesane come quella dell’anatra, come quella più generica dell’estate, come la “grande sagra dello spiedino”, dove evidentemente si ringrazia per lo stecchino appuntito. C’è quella della birra, del tortello, (ma questo avendo le code potrebbe essere in effetti scambiato per un angelo caduto dal cielo). Ma usciamo dal terreno minato e restiamo sul tema della rubrica. Queste feste fanno incazzare da morire i ristoratori che con i loro enormi sacrifici e costi fissi, nel periodo estivo si vedono soffiare grandi fette di clientela, che in braghe corte e ciabatte cerca animo festoso, danze e birra calda in bicchieri di plastica. Se ve lo dico è perché ho provato. Mi sono messo in fila, e in “soli” dodici minuti, facendomi largo tra essenze come “eau d’ascell” e “colonia selvaggia per uomo da spiaggia”, ho raggiunto una cassa, dove in tre secondi leggendo un cartellone scritto a mano, ho dovuto scegliere immediatamente tutto quello che avrei voluto mangiare in serata. Opto per un classicissimo: tortello, spiedino, fetta di crostata, e per non dover fare ancora la coda, tre birre. La cifra totale era esattamente quella di una cena in un ristorante di fascia media, ma tendente all’alta.
E qui, affamato, leggermente, ma solo leggermente, innervosito, inizio la coda per il torello con la coda; dopo altri otto minuti, stringendo un vassoio da ospedale sbeccato ai bordi, arrivo da una signora più incazzata di me, che in puro stile caserma, lancia una mestolata di torelli tutta pasta dentro un sottilissimo piatto di plastica che pare fondersi per fare da formaggio. Chiedendo indicazioni, con le caviglie martoriate dalle zanzare, perché solo in quel momento mi accorgo di essere in un campo, arrivo all’ambitissimo e affollatissimo banco dei mitici “spiedi”. Gocce di sudore mi scendono lungo i fianchi e dopo dieci minuti ho il mio pugnale di carne bruciata e peperone, che mai digerirò, sul vassoio. Arso, bagnato, paonazzo, stanco, e con le mani tremanti, vedo l’oasi: il birraio. Non c’è coda, ma ci vuol ugualmente un tempo infinito perché lo spillatore ogni 10 cl di birra, butta fuori 10 cm di bagno schiuma. Finito dite voi? Posso finalmente mangiare e bere? No… Ora devo trovarmi il posto a sedere. Così giro altri cinque minuti, fin che trovo un buco su una panca lasciata bollente da un sedere sudato precedente, per mangiare del cibo gelato e birra lavica. Posso almeno farlo in serenità? No, perché al primo boccone parte il liscio, con tanto di vocalist: “Un bacio da Maria a Pia…. Un saluto alla bella signora che apre le danze con il suo abito a fiori… Forza ragazzi, che è festa… Da Marco a Giovanna: tò seimpar vurì bèi…”. E mi sono pure dimenticato di prendere la crostata… Beh, al prossimo boccone!

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2 Comments on "NEREO"

  1. È ben vero. È ben tragicamente vero. Parole sante. (comunque, a me, la festa del tortello m’è sempre stata solennemente sui coglioni)

  2. Beh, se prendi 3 birre alla volta so anch’io che spendi come al ristorante e che te le bevi calde…frequentando ormai da anni le “sagre” ho imparato alcuni segreti per poterci sopravvivere e uno di questi è proprio quello di prendere una birra alla volta perchè almeno lì fila non c’è (salvo problemi di spillatura…)

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